Spettacoli
22 Ottobre 2016
La stagione del Teatro Comunale di Ferrara inizia all’insegna del musical la Compagnia della Rancia in programma fino al 23 ottobre

Non sempre la vita è un Cabaret

di Redazione | 4 min

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(foto di Giulia Marangoni)

di Federica Pezzoli

La storia la conosciamo tutti, o quasi: siamo nella Berlino degli anni Trenta, i nazisti stanno preparando la loro ascesa, il giovane romanziere americano Cliff Bradshaw arriva in città in cerca di un’ispirazione per scrivere, o meglio di “qualcosa da scrivere”. L’unico divertimento alla portata delle sue tasche è il Kit Kat Club, dove incontra la giovane Sally Bowles, che sta tentando di diventare una stella, anzi “un pianeta”, e intanto passa le giornate a smaltire le sbronze prese sul lavoro.

È la terza volta – le precedenti sono del 1992 e del 2007 – che il regista Saverio Marconi si cimenta con il musical del 1966 di Joe Masteroff, John Kander e Fred Ebb, a sua volta ispirato alla raccolta di racconti “Addio a Berlino” dello scrittore Christopher Isherwood, reso celebre dal film del 1972 di Bob Fosse, interpretato in maniera iconica da Liza Minnelli e Joel Grey. Per farlo ha scelto la collaudata squadra della Compagnia della Rancia, che aveva già raggiunto un notevole riscontro di critica e di pubblico con due stagioni di Frankenstein Junior.

Totalmente indovinata la scelta di Marconi di staccarsi completamente dalla celeberrima pellicola, in modo da allontanare ogni possibile – e ingombrante – paragone. A partire dalla protagonista: niente caschetto nero e trucco da bambola, niente tigre mascherata da agnello, la Sally Bowles voluta dal regista è buffa, infantile, insicura, fragile e usa la trasgressione come maschera per tentare di scandalizzare e nascondere così la sua fragilità. Sally è in balia delle circostanze, come del resto tutti i personaggi della storia, per nulla consapevole di quello che sta succedendo fuori: “La politica? Ma che c’entra con noi?”. Forse per questo spicca ancora di più l’atmosfera del Kit Kat come luogo di perdizione: la mancanza di valori e di moralità della Germania sul baratro del Nazismo, qui diventa lascivia, e se nel film si gioca sull’allusione e sull’ambiguità, qui tutto è molto più esplicito.

Efficace anche la scenografia a quattro mani di Marconi e Gabriele Moreschi, coadiuvata dalle luci di Valerio Tiberi, con la vita quotidiana dei personaggi nella pensione di Fraulein Schneider divisa da quella del club con un semplice telo bianco, l’insegna “Cabaret” che cade tristemente di lato e la macchina scenica volutamente a vista, che mostra e non nasconde ciò che solitamente non si vorrebbe far vedere: nel club infatti cade ogni pudore, ogni ipocrisia piccolo-borghese, e la società rivela la propria decadenza.

Grandissima prova, vocale e attoriale, dei due protagonisti: Sally-Giulia Ottonello, direttamente dalla seconda edizione di Amici, e Giampiero Ingrassia, maestro di cerimonie all’incrocio fra il Corvo e il Jocker. Giulia, oltre a una voce dalle innumerevoli sfumature e tonalità, sfoggia una forte presenza scenica e una notevole ironia, dando vita a una Sally capace di guadagnarsi il favore del pubblico. Ingrassia dimostra una volta di più la sua bravura e supera se stesso, con un look dark, un ghigno quasi da brividi: è il vero mattatore dello spettacolo, insinuandosi tra le storie dei personaggi in modo persuasivo e accattivante. Tutto intorno i numeri musicali, spumeggianti e malinconici allo stesso tempo, riescono persino nel compito di far dimenticare l’inevitabile decisione di tradurre i testi di memorabili canzoni in italiano, da “Money” a “Life is a cabaret” a “Mein herr” a “Maybe this time”.

Il Cabaret di Marconi scuote il pubblico del Teatro Comunale di Ferrara con un finale secco ed evocativo allo stesso tempo: “I nazisti non si possono più ignorare, improvvisamente sono i miei vicini, i miei amici”. E “Il domani appartiene a me” diviene il sinistro slogan di un’epoca in cui si è “vivi ma soli”, in cui ognuno pensa a se stesso, in cui ciò che importa è prevalere sugli altri, prendersi quel domani, non importa come. È la Berlino degli anni Trenta o è il nostro presente?

Insomma, l’invito del Maestro di Cerimonie dando il benvenuto al pubblico ferrarese è stato “Lasciate fuori i vostri problemi. La vita è triste, dimenticatela, lasciate fuori la vita”. La vita però, come rivela il finale, non può essere lasciata fuori per sempre.

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