Paolo Zamboni
Una ‘ricerca-bomba’ appena pubblicata sul prestigioso Journal of Vascular Surgery aggiunge un tassello fondamentale circa il ruolo che il flusso giugulare ha su ventricolo e perfusione cerebrali, e di conseguenza sulla neurodegenerazione.
La pubblicazione – intitolata “Fixing the jugular flow reduce ventricle volume and improves brain perfusion” (“Il ripristino del flusso giugulare riduce il volume del ventricolo e migliora la perfusione cerebrale”) – è firmata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Ferrara, tra cui Paolo Zamboni (Centro malattie vascolari), Francesco Mascolo (Chirurgia vascolare) e Corrado Cittanti (Cardiolologia nucleare e Innovazione tecnologia-Dipartimento Diagnostica per immagini), accanto al neurologo Fabrizio Salvi dell’Ospedale Bellaria di Bologna.
Lo studio, in doppio cieco, ha riguardato 41 pazienti con Ccsvi (insufficienza venosa cronica cerebrospinale, la patologia scoperta e descritta quasi dieci anni fa da Zamboni) e Sclerosi Multipla (Sm) a vari stadi (recidivante remittente, Rr, e secondaria progressiva, Sp). Le malformazioni delle giugulari, caratteristiche della Ccsvi, determinano un ristagno di liquido spinale nei ventricoli cerebrali, potenzialmente legato alla neurodegenerazione. La ricerca analizza l’effetto sui pazienti del ripristino del corretto flusso sanguigno nelle giugulari malformate.
Dei 41 pazienti analizzati, 27 hanno subìto trapianto di materiale vascolare autologo per restituire l’originale funzionalità alle vene. Quattordici pazienti hanno costituito il gruppo di controllo.
Dallo studio risulta che il cambiamento perfusivo nel cervello risulta più evidente nei pazienti nei quali la malattia neurodegenerativa (Sm) è stata diagnosticata ai primi stadi: infatti il miglioramento del flusso giugulare e la conseguente diminuzione del volume del ventricolo è molto più evidente nel gruppo Rr mentre non è significativo nel gruppo Sp.
La ricerca medica indipendente va avanti. Gli orizzonti aperti dalla scoperta della Ccsvi continuano ad ampliarsi: le speranze per i malati non solo di sclerosi multipla, ma anche di altre patologie neurodegenerative, sono sempre più concrete.
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