Spettacoli
26 Agosto 2016
Dietro le quinte del festival: quattro chiacchiere con gli Who Cares? e gli Art4Strings

Buskers: quando il caso porta il talento dall’Austria dritto in città

di Redazione | 4 min

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Buskers_Who Caresdi Silvia Franzoni

Un manifesto viennese, nel 1983, attirò l’attenzione del musicista Peter del Bello: recitava ‘Bob Dylan in Austria’ e Peter partì subito convinto di incontrare in carne ed ossa il proprio idolo. Arrivato in uno sperduto paesello, però, si trovò davanti soltanto un gruppo di fan che si scambiavano Cd, documenti e tutto quanto avessero recuperato del bluesman statunitense: “non mi rimase che imbracciare la chitarra – ci racconta – e cominciare a cantare”. Qualche anno più tardi, proprio quando la sua stessa voce risuonava per le vie di Vienna, il chitarrista Roman Troster passò casualmente in quel luogo, lo sentì e gli propose di suonare insieme in occasione di un Festival: era il 1995 e i due pensavano avrebbero collaborato per quella sola occasione. Le cose non andarono affatto così, perché da quel giorno “nacquero gli Who Cares? – ci spiega Peter – che hanno avuto qualche cambiamento nªella formazione, ma è da vent’anni che suoniamo con lo stesso entusiasmo”.

“La nostra è una storia di fortunate coincidenze – continua – direi quasi che è l’amore per Dylan ad averci fatto trovare, e ad averci tenuto uniti”. E così, ancora una volta fortuitamente, grazie ad un passaparola, gli Who Cares? arrivano a Ferrara per la 29esima edizione del Buskers Festival. Suonano blues, folk, rock, Bob Dylan – ovviamente – ma anche Tom Wait e i Rolling Stone. E lo fanno solo per passione: “ognuno di noi ha un altro lavoro, suoniamo per il gusto di suonare, non siamo qui per guadagnare altro che quello che trasmette il pubblico”. Peter e Roman lo ripetono in italiano e in inglese: suonare a Ferrara è il “top of the rock”. La città, il suo Castello, tutto si presta a fare da cornice alle sonorità del quintetto austriaco – di cui fanno parte anche Karl Gedlicka (chitarra solista), Wilhelm Bogensperger (batteria) e Pedro Hernandez (basso) – capace di creare attorno a sé, ad ogni esibizione, un folto gruppo di spettatori i quali, disponendosi a semicerchio “creano un bellissimo muro acustico, così non c’è problema se qualche altro gruppo suona vicino a noi – spiegano – ci sono solo i nostri strumenti e il pubblico, in queste strade bellissime”. Le strade ferraresi le conoscono bene, gli Who Cares?: “Karl era molto entusiasta di venire a Ferrara, ci è stato molte volte – ci spiegano – è un grande fan del regista Antonioni”.

Art4Strings

Art4Strings

In città, invece, gli Art4Strings ci sono venuti per la prima volta proprio in occasione del Buskers Festival. Il quartetto d’archi viennese, altra band della nazione ospite della 29edizione della kermesse firmata da Stefano Bottoni, in realtà è proprio la prima volta che suona per strada: “siamo musicisti, insegniamo musica, suoniamo nei teatri, per noi è la prima esperienza di buskering”, ci dicono Johann Ratschan (viola) e Krisi-Maj Plunser (violino), “ma è bellissimo”. Il loro punto di forza sta proprio nel non aver voluto stravolgere quanto sono abituati a fare, “cambiamo solo location, dai palchi alla strada”. I quattro giovani si sono conosciuti all’Università, hanno suonato insieme in occasione di una celebrazione viennese e qui “un amico di Stefano Bottoni ci ha sentito – raccontano Katharina Henriquez (violino) e Michael Jurecka (violoncello) – e ci ha chiesto se avremmo voluto suonare a Ferrara, ed eccoci qua”.

Come nei grandi teatri, il galateo musicale impone l’abito nero, poi ci sono i leggii e gli strumenti lucidati con cura: ma il palco è fatto da ciottoli. “La grande differenza con le arene in cui siamo abituati a suonare è che qui possiamo vedere chi ci ascolta – ci confidano – ed è spettacolare: c’è una connessione diversa, è molto gratificante e stimolante, possiamo sperimentare ogni volta qualcosa di diverso”. Il loro repertorio supera i 400 titoli e spazia dalla musica classica al pop dei Coldplay, perché “crediamo che non sia giusto focalizzarsi su di un genere soltanto”. Se credete che gli Art4Strings restino legati alle pose composte dei palchi viennesi vi state sbagliando di grosso: “non eravamo abituati allo show, è vero, ma qui non ci sono solo le orecchie, lo spettacolo deve essere anche per gli occhi – continuano – il pubblico usa tutti i cinque sensi per apprezzare un’esecuzione, abbiamo imparato questo”.

A legare i quattro promettenti musicisti ai loro strumenti è un amore profondo, che resta uguale qualunque sia il palcoscenico: “la strada ci piace, ne parlavamo ieri – concludono – potremmo continuare a far buskering, e poi qui l’organizzazione è perfetta, non siamo mai lasciati soli, ci piace tanto, vogliamo già tornare”.

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