Attualità
3 Agosto 2016
Incontro in Gad con Daniele Lugli e Leonardo Fiorentini: "In Italia siamo molto indietro"

“Formare le forze dell’ordine alla nonviolenza”

di Redazione | 3 min

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Da sinistra: Daniele Lugli e Leonardo Fiorentini

Da sinistra: Daniele Lugli e Leonardo Fiorentini

di Federica Pezzoli

Come approcciare il tema della nonviolenza rispetto al quotidiano esercizio del proprio dovere da parte delle forze dell’ordine? Quale può essere il contributo della nonviolenza nella formazione e nell’azione di chi, per legge, ha il monopolio dell’uso della forza per la difesa dei cittadini e il mantenimento dell’ordine pubblico? Un tema senza facili soluzioni quello affrontato da Leonardo Fiorentini, consigliere comunale di Sinistra Italiana, e Daniele Lugli, presidente emerito del Movimento Nonviolento, che martedì sera hanno presentato “Nonviolenza e Forze dell’Ordine” – l’ultimo numero della rivista Azione Nonviolenta – in una delle zone più difficili della città: il quartiere Gad.

Lugli ha più volte richiamato i temi della responsabilità e della delicatezza della funzione delle forze dell’ordine nella nostra società: “Chi per legge ha il monopolio della forza nei confronti dei cittadini ha un compito estremamente delicato”. Per questo i componenti delle forze di polizia “dovrebbero essere scelti e selezionati secondo determinati criteri e dovrebbero avere una formazione specifica”. Purtroppo però in Italia “siamo molto indietro su questi temi”, come scrive su “Nonviolenza e Forze dell’Ordine” lo stesso direttore della scuola Allievi di Polizia di Peschiera del Garda Giampaolo Trevisi. “Spesso le persone che entrano in polizia vengono da un’esperienza militare”, continua Lugli, ma di fronte non hanno più nemici da combattere, bensì cittadini oppure persone che sono “colpevoli di reati che qualcun altro dovrà giudicare”. Ecco un altro nodo fondamentale: “L’appropriatezza dell’intervento” e proprio qui la nonviolenza può dare il proprio contributo perché “riporta l’attenzione sui mezzi utilizzati rispetto al fine che si persegue”, spiega Daniele Lugli e cita l’esperienza di formazione alla non violenza e alla gestione dei conflitti di Andrea Cozzo docente di “Teoria e pratica della nonviolenza” presso l’Università di Palermo con alcuni corpi delle forze dell’ordine in Sicilia e non solo. “Chi ha la responsabilità di intervenire sugli altri cittadini per mantenere l’ordine pubblico, ha bisogno, necessità e diritto di essere formato” per capire come agire nei diversi contesti, il problema è che la formazione degli agenti costa, conclude Lugli: un aspetto più volte evidenziato anche dal Silp e da altre sigle sindacali dei lavoratori di polizia.

Infine, secondo il presidente emerito del Movimento Nonviolento, ci sarebbe bisogno di “un cambiamento nel rapporto delle forze dell’ordine con le persone e delle persone con le forze dell’ordine”. Lugli, infatti, non ha risparmiato critiche a chi pensa che scendere per le strade a manifestare significhi provocare i poliziotti e compiere atti vandalici: “noi non crediamo che le manifestazioni si facciano incendiando le auto o danneggiando vetrine e bancomat; manifestare significa esprimere e rendere manifesta la propria opinione”. Entrambi, cittadini e componenti delle forze dell’ordine, dovrebbero “addestrarsi alla nonviolenza”.

Non poteva mancare una riflessione su “l’ennesimo rinvio dell’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento”, come ha sottolineato il consigliere Fiorentini: molte forze politiche lo considerano “un attacco alle forze dell’ordine, secondo me facendo torto alle forze dell’ordine stesse”. Per Daniele Lugli “sembra assurdo che proprio nel nostro paese non sia ancora stato riconosciuto questo reato, che viene sancito già nella Costituzione”, che all’articolo 13 e all’articolo 27 recita rispettivamente: “E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” e “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.

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