C’è anche il contributo dell’Università e dell’Infn di Ferrara nella scoperta della nuova famiglia di particelle “esotiche” effettuata nell’esperimento LHCb del Large Hadron Collider, il super-acceleratore di particelle al Cern di Ginevra.
Una scoperta che va ancora più in là nella conoscenza della struttura più intima della materia, rivoluzionata nel 1964 con la teorizzazione di Murray Gell-Mann sulle particelle “pesanti” – come protoni e neutroni – composte da tre componenti fondamentali: i quarks.
Gell-Mann fu insignito per questo lavoro del Premio Nobel per la fisica nel 1969. Ma il modello a quark prevede anche l’esistenza di altri stati aggregati di quark, come il pentaquark (osservato per la prima volta l’anno scorso sempre da LHCb) e di tetraquarks, composti cioè da quattro di questi costituenti fondamentali. Fino ad ora, nonostante una ricerca serrata durata mezzo secolo e condotta da molti esperimenti in tutto il mondo, non era mai stata portata nessuna prova conclusiva dell’esistenza di queste particelle cosiddette “esotiche”, proproo per la loro struttura peculiare.
La collaborazione LHCb ha pubblicato di recente sul sito open access arXiv.org lo studio che descrive questi importanti risultati (http://arxiv.org/abs/1606.07895).
L’osservazione di queste particelle è molto difficile e avviene tramite la rivelazione dei loro “prodotti di decadimento”, ossia di particelle quali i mesoni J/y, f, e K che vivono sufficientemente a lungo da essere “visti” dal rivelatore di LHCb.
La difficoltà principale consiste nel distinguere i decadimenti provenienti da queste particelle esotiche rispetto ad altri decadimenti simili che sono di molti ordini di grandezza più numerosi.
Il classico “ago in un pagliaio”. Questa difficile selezione è possibile grazie all’elevato numero di collisioni fornite da LHC, alla elevatissima precisione dell’apparato sperimentale di LHCb e ad un efficiente sistema di selezione rapida (sia elettronico che via software), che permette di scartare in tempo reale la maggior parte degli eventi di fondo, facilitando quindi la successiva analisi dei dati.
Alla collaborazione LHCb partecipano attivamente i fisici dell’Università di Ferrara: Roberto Calabrese, Eleonora Luppi, Luca Tomassetti, Massimiliano Fiorini, Luciano Pappalardo e dell’Infn: Wander Baldini, Concezio Bozzi, Stefania Vecchi. Completano il gruppo tecnologi, tecnici, giovani dottorandi e assegnisti, che lavorando con passione in un ambiente internazionale hanno aumentato il proprio bagaglio di esperienza e conoscenza facendosi apprezzare per le loro qualità.
Il gruppo di Ferrara è fortemente coinvolto in numerose e importanti attività all’interno della collaborazione LHCb, riguardanti sia la gestione della attuale presa dati (che finirà a fine 2018) che le attività di miglioramento e ottimizzazione previste per la futura presa dati ad alta luminosità, che inizierà nel 2020.
In particolare, il gruppo di Ferrara ha un ruolo importante nella gestione del rivelatore dei Muoni, nella realizzazione del nuovo sistema di rivelazione di luce Cherenkov, nello sviluppo di algoritmi di selezione e analisi dati, e nella gestione e sviluppo di sistemi di calcolo e gestione dell’enorme quantità di dati.
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