Eventi e cultura
29 Luglio 2016
Scomparso a 95 anni il mandolino storico dell'orchestra Gino Neri

È morto Corrado Celada, dal lager si salvò con la musica

di Redazione | 3 min

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Corrado Celada (foto di Franco Sandri)

Corrado Celada (foto di Franco Sandri)

È scomparso ieri all’età di 95 anni il maestro Corrado Celada, figura di riferimento per la musica, il dialetto, la storia ferrarese e la cultura locale a tutto tondo.

Celada è stato un importante musicista, grande pedagogo – intere generazioni di ragazzi si son formate musicalmente con lui – etnomusicologo, ricercatore instancabile di antichi canti popolari e colti da metà Ottocento in avanti, poeta e scrittore in lingua dialettale ferrarese – cui era legatissimo – e italiana.

Chi gli era vicino lo ricorda come un uomo di raffinata e infinita cultura. Ma Celada, pur avendo compiuto da pochi mesi i 95 anni, non è mai stato e non si è mai sentito “vecchio”.

Il maestro aveva un senso dell’umorismo innato e le mille vicende non tutte felici della sua vita ne son solo state umile corollario. Era anche dotato di elegante ironia, ma sempre affettuosa e, soprattutto, di autoironia: amava ‘citarsi addosso’, pur con una certa dose di esibizionismo, ‘giusta’ per gli ‘animali da palcoscenico’ come lui.

Per oltre 50 anni è stato uno dei mandolini solisti della “Gino Neri”, l’orchestra a plettro ultra centenaria ferrarese che, insieme con la prestigiosa corale “Vittore Veneziani”, aveva visto i suoi momenti più fulgidi ed internazionali ai tempi in cui il senatore Mario Roffi gestì le redini di entrambe le istituzioni.

Il suo strumento d’elezione era un preziosissimo ed antico mandolino Mozzani. In quei decenni la Gino Neri fu sui palcoscenici di tutto il mondo, dalla Russia al Canada, a tutte le capitali europee, mietendo notevoli successi e riconoscimenti.

E di questo Celada andava fierissimo: dopo aver visto il mondo da un lager nazista – vi era stato prigioniero, ma, come narrò nella sua autobiografia, La mia vita col mandolino, la musica l’aveva… salvato, letteralmente – e da giovane migrante di lusso – era stato in Argentina, con l’amatissima moglie scomparsa parecchi anni fa, una terra dilaniata ma anche ricca di fascino che lui mai dimenticò ed in cui aveva suonato in orchestre di grande successo e recitato in film internazionali – il ritornare a ‘casa’, a metà anni Cinquanta con un bagaglio di tal fatta, il ricominciare ‘tutto da capo’, non aveva potuto che rafforzare il suo carattere e la sua mai venuta meno voglia di vivere.

E già avanti negli anni volle dare alle stampe due libri, uno di poesie e canzoni in lingua dialettale ferrarese, Con il ssévul e il bugànzz, poi musicate e registrate in cd e la sua già citata autobiografia, La mia vita col mandolino.

Il ricordo del maestro si lega anche ad un’altra gloria teatrale estense, la compagnia dialettale Straferrara che quest’anno compirà il suo 85° compleanno: per i 75 anni, al Teatro Comunale di Ferrara fu portato in scena un vecchio cavallo di battaglia, riadattato per l’occasione dal compianto Beppe Faggioli, Don Zzésar. Le musiche di scena furono allora scritte dal maestro Celada che, per l’occasione, aveva ricercato pezzi inediti e mai suonati, un vero evento nell’evento.

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