Sport
27 Luglio 2016
Il campione nostrano di pararowing sta per coronare il sogno di una vita

Paralimpiadi, Lunghi si racconta prima di partire per Rio

di Redazione | 3 min

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lunghiUna vecchia pubblicità recitava che una telefonata ti cambia la vita, ed è quello che è successo a Luca Lunghi che, dopo oltre vent’anni dedicati al canottaggio prima come atleta e poi come consigliere del Cus Ferrara, sta per coronare il sogno di una vita. Il sogno si chiama Rio 2016, e ormai è tutto pronto per prendere un volo transoceanico e partecipare alle paralimpiadi.

Dopo una carriera giovanile fatta di vittorie e soddisfazioni, una laurea in ingegneria con una tesi sui materiali in uso negli scafi a remi, e la decisione di smettere con il canottaggio per dedicarsi al lavoro, quattro anni fa arriva una telefonata, quella che mette in pausa la tua vita e ti dà ancora una possibilità.

Cosa ha fatto riaccendere la passione? “All’indomani di Londra 2012, il direttore tecnico della nazionale paralimpica Dario Naccari mi ha chiamato per chiedermi, senza giri di parole, di entrare nel progetto Rio de Janeiro. Ci conoscevamo da tempo, ma mai avrei creduto potesse farmi questa proposta dopo tanti anni lontano dai remi. Non mi ha garantito il posto, ma con due parole ha fatto leva sulla mia voglia di competizione, che sapeva avevo dentro e che non si spegne facilmente”.

In questi quattro anni ha dovuto faticare per riuscire a ritagliarsi uno spazio. “Ero chiaramente fuori forma per il canottaggio, anche se praticavo il triathlon. Ho ricominciato ad allenarmi come facevo da ragazzo, ma ovviamente i risultati non sono stati immediati. Nel 2013 ai mondiali ho fatto la riserva, così come nel 2014, ma sentivo che il corpo rispondeva sempre meglio e che ce l’avrei fatta. Nel 2015 ho faticato al limite fisico ma ho guadagnato un posto sul quattro con Lta Mix, l’equipaggio ha fatto il suo dovere ai mondiali in Francia e abbiamo qualificato la barca per Rio de Janeiro. Ma l’ultimo anno è stato il più massacrante”.

Non dev’essere stato facile dividersi tra lavoro e allenamenti. “Ho casa a Ferrara, ho lavorato per mesi a Torino e i raduni erano al centro Fic per il pararowing a Roma. I sacrifici sono stati fisici ma anche mentali, e mi sento di ringraziare la società per cui lavoro, Lyondelbasell, per avermi dato la possibilità di inseguire questo sogno fino alla sua realizzazione. Praticamente nei mesi di luglio e agosto mi sono dedicato solo al canottaggio, ma hanno compreso il mio entusiasmo e mi hanno sempre supportato”.

Alla fine Rio è realtà. “Nel canottaggio si qualifica la barca e non l’equipaggio, quindi ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere prima di sapere la formazione ufficiale. Nell’ultimo periodo la barca ha avuto qualche problema nella sua parte femminile (l’equipaggio è composto da due uomini e due donne), ma mi sento di dire che io e per il mio compagno Tommaso Schettino ci sentiamo titolarissimi. Sto continuando a spingere sull’acceleratore, non mollerò fino a quando non sarò in acqua in Brasile”.

Cosa è cambiato da quella telefonata? “Il mondo del pararowing, che prima di quella telefonata praticamente non conoscevo, mi ha insegnato tanto, ma la prima cosa che ho capito è il vero significato della parola “condivisione”. Non si vince da soli, e ogni risultato deve lasciare un ricordo tangibile al prossimo. Così in questi quattro anni di sacrifici mi sono dedicato alla sensibilizzazione sul tema dei diversabili e, dopo numerosi tentativi falliti, quest’ anno la sede nuova sul fiume per il Cus Ferrara Canottaggio sarà una realtà senza barriere architettoniche con la possibilità di aprire le porte dello sport del remo anche ai non normodotati. Spero che Lyondellbasell, che mi ha aiutato tanto in questi anni, possa fare l’ultimo sforzo con una collaborazione assieme al Cus Ferrara per la realizzazione di un progetto vincente per il mondo paralimpico, così come lo sforzo congiunto di Cus Ferrara e dell’amministrazione comunale permetterà di avere una nuova sede ai canottieri ferraresi”.

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