Attualità
27 Giugno 2016
Agli Emergency Days si è analizzato il fenomeno con Yvan Sagnet, autore del libro ‘Ghetto Italia’

Caporalato e schiavitù da Nardò a Ferrara

di Redazione | 3 min

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emergency days caporalatodi Mattia Vallieri

Un giro dell’Italia per affrontare la questione dei diritti del lavoro e il caporalato. Un tour che parte dalla raccolta dei pomodori in provincia di Lecce arrivando ai vigneti di Asti passando per la situazione del mercato del lavoro ferrarese. È questo quello che propone l’ultima giornata degli Emergency Days nell’incontro pubblico ‘Caporalato e forme di schiavitù in Italia’.

“Sono partito nel 2011 da Torino per andare a Nardò in Puglia per raccogliere i pomodori e permettermi di pagarmi gli studi”, racconta Yvan Sagnet, autore del libro ‘Ghetto Italia’, che ricorda l’incubo di quel periodo: “Rimasi scioccato al mio arrivo, c’erano 5 bagni a disposizione per 800 persone, le tende non erano sufficienti per tutti e lavoravamo circa 12-14 ore al giorno per uno stipendio lordo pari a 20/25 euro giornaliero a cui eravamo obbligati a togliere il mangiare, il bere e il trasporto che dovevamo pagare al caporale”. Lo sfruttamento e le cattive condizioni igienico-sanitarie dei ghetti in cui erano costretti a vivere hanno fatto scattare una rivolta rimasta celebre e andata a buon fine: “Abbiamo deciso di ribellarci a una situazione di cui tutti erano a conoscenza – afferma l’autore di ‘Ghetto Italia’ -, abbiamo ricevuto minacce di morte e per fortuna la cittadinanza ci ha sostenuto”.

Il dibattito si allarga poi al tema del reato di caporalato di cui si sta discutendo in Parlamento e Sagnet chiede a gran voce di “allargare tale reato anche agli imprenditori, analizzando la questione come un fenomeno strutturale e un modello di fare impresa in Italia”. A dargli manforte è Antonello Mangano di terrelibere.org: “Se continuiamo a parlare solo di caporalato e non di filiera rimangono invisibili le imprese che commettono reato e inoltre va garantita la trasparenza sui prodotti agricoli per capire chi lavora in modo etico”.

“Lo stato italiano fa parte di questo sistema a causa della legge Bossi-Fini, del Trattato di Dublino, dell’introduzione dei voucher in agricoltura e gli hotspot peggioreranno le cose”, conclude Mangano.

Si passa poi alla storia di Riccardo Coletti, giornalista de ‘La Stampa’ minacciato di morte e querelato per la sua indagine nei vigneti di Canelli in cui “migranti bulgari e moldavi venivano presi dal proprio paese con pullman organizzati e portati a lavorare in Piemonte in condizioni disumane a stipendi bassissimi (dai 3 a 4,5 euro all’ora); queste sono situazioni in cui le cooperative riuscivano a fare diventare grigio il lavoro nero”.

“A Ferrara in un territorio debole per intraprendenza riusciamo comunque a distinguerci”, dichiara Riccardo Grazi della Cgil Ferrara nel suo intervento, ricordando “la ricerca da noi svolta nel 2011 per comprendere in maniera scientifica il lavoro irregolare nella nostra provincia in cui abbiamo riscontrato fenomeni di sfruttamento, ma anche para schiavismo con orari di lavoro lunghissimi, pagato poco, minacce e violenze, questo soprattutto nelle campagne tra il portuense e l’argentano”.

“Il caporalato si basa sull’assenza dello Stato – accusa Sagnet – ed è una battaglia che si può vincere solo con la cultura, la prevenzione e creando un altro tipo di consumo diverso da quello della grande distribuzione, perché il problema oggi è il nostro modello di sviluppo”.

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