Anche a Ferrara, come nel resto del mondo, non mancano le reazioni alla Brexit. I primi a rendere pubbliche le proprie dichiarazioni, al momento, sono il capogruppo leghista in Regione Alan Fabbri, Mauro Malaguti (FdI) e il segretario provinciale del Pd Luigi Vitellio. Oltre al ministro ferrarese Dario Franceschini.
Per Alan Fabbri la Brexit sarebbe “l’inizio di un’epoca nuova” e auspica che anche gli italiani possano iniziare una battaglia per ottenere l’uscita dall’Europa. Nello stesso tempo per Fabbri la Brexit sarebbe anche “la smentita di Renzi e del Pd che – con la riforma costituzionale – vorrebbero, per l’ennesima volta, tappare la bocca agli italiani, non consentendo loro di potersi esprimere sui trattati internazionali, come il Ttip, che è un attacco e una minaccia alle nostre produzioni. Mai più schiavi di un’Europa nemica della nostra agricoltura, della nostra pesca, della nostra imprenditoria d’eccellenza. La Brexit è l’alba di una nuova stagione. La strada è tracciata, l’uscita da questa Europa non sarà più un dogma, ma una via democraticamente praticabile”.
La vede diversamente Luigi Vitellio, secondo cui la Brexit è l’occasione per ripensare all’Europa: “Il primo risultato di questo referendum – scrive su Facebook – è una svalutazione importante del potere d’acquisto della sterlina che colpisce le fasce più deboli della popolazione inglese. Il voto certifica la visione sull’Europa, vista come problema e non come soluzione delle diseguaglianze. Non è più rimandabile un ragionamento vero su lavoro, sviluppo ed immigrazione. L’Europa deve tornare ad essere un grande sogno di pace e uguaglianza, più politica e meno finanza”.
Sulla stessa lunghezza d’onda sembra essere il pensiero del ministro Dario Franceschini, che esprime la propria opinione con un tweet: “Dentro ogni dramma c’è una opportunità. Dopo #Brexit i leaders europei cambino passo e ci portino a una integrazione europea vera, coraggiosa”.
Mauro Malaguti parte dalla considerazione che “anche questa volta la Germania non ce l’ha fatta, non ci è riuscita con i carri armati di Hitler e nemmeno con l’alta finanza della Merkel, perché gli inglesi sono un osso duro, non rinunciano alla loro libertà, non bastano minacce di invasione o di recessione per convincerli, non servono i generosi contributi erogati alla piccola Grecia”. “E ora – aggiunge Malaguti – vedremo se davvero l’economia inglese sprofonderà, intanto comincerà con il risparmiare i 13 miliardi di sterline che annualmente doveva versare alle casse europee. E noi, dopo anni di ‘lacrime e sangue’ che dovevano risollevare la nostra economia, siamo passati dai 1770 miliardi di debito pubblico del 2011 ai 2230 di oggi, e ci troviamo soli ad affrontare un fenomeno senza precedenti come l’attuale immigrazione – a parte le ‘mancette’ europee alle cooperative di accoglienza – quando proprio l’immigrazione è una delle principali motivazioni di uscita dell’Inghilterra. Magari, se fosse stata un’altra Europa, un’Europa dei popoli e non delle banche, solidale nei grandi temi comuni da affrontare, rispettosa delle diversità e peculiarità delle sue nazioni, gli inglesi non ne sarebbero usciti. Perché, per ora, il grande sogno europeo si è dimostrato un incubo, dove aumentano le disuguaglianze tra i paesi del nord e quelli del sud, dove sordi burocrati e grandi finanzieri senza patria stanno facendo la fortuna di pochi a danno dei tanti”.
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