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22 Giugno 2016
Firenze la vuole ricordare con una preziosa mostra a cura di Michèle K. Spike nella Casa Buonarroti aperta fino al 10 ottobre

Matilda di Canossa, la donna che mutò il corso della storia

di Redazione | 5 min

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Non si è ancora dileguato l’eco delle celebrazioni avvenute l’anno scorso per la ricorrenza del nono centenario della morte di Matilda di Canossa,  che Firenze la vuole ricordare ancora con una preziosa mostra, a cura di Michèle K. Spike, nella Casa Buonarroti, aperta fino al 10 ottobre  (Catalogo CENTRO DI).

Talvolta figure che hanno avuto una determinante influenza sulle vicende umane svaniscono nelle nebbie della storia. La memoria non concede favori nello scorrere dei secoli. Né un essere umano che compie grandi azioni è facilmente ricordato ‘se donna’ in un epoca di imperante egemonia maschile.

Fra tante iniziative nell’ambito del nono centenario, questa mostra “Matilda di Canossa (1046-1115). La donna che mutò il corso della storia,  è però l’unico evento espositivo; e ha un suo significato il suo svolgersi a Firenze, città molto cara a Matilda, che vi abitò dagli otto ai ventidue anni, facendovi tra l’altro costruire nel 1078 la “cerchia antica” delle mura di dantesca memoria. Per queste sue benemerenze fiorentine continua a essere suggestiva, anche se accettata solo da parte critica, l’ipotesi che la Matelda della Divina Commedia sia proprio la Contessa, cioè un personaggio realmente esistito come le altre guide del Poeta, da Virgilio a Beatrice. Una preziosa copia trecentesca e l’edizione ottocentesca illustrata da Dorè del poema, presenti in mostra e aperta alla pagina giusta, si riferisce appunto a questa identificazione.

La mostra si propone di illustrare, in quattro sale tematiche, le straordinarie scelte e azioni compiute da Matilda di Canossa (1046-1115) nel corso della sua lunga vita. Si può pensare che nei nove secoli trascorsi dalla sua morte tutto sia stato scritto e detto sulla tumultuosa vita della contessa e sui suoi trionfi tuttavia, le ulteriori ricerche archivistiche condotte soprattutto nel campo della giurisprudenza hanno messo in luce nuovi aspetti che sono presentati in questa mostra fiorentina.

La fama della Granduchessa è legata alla storica umiliazione di Canossa avvenuta nel gennaio 1077, quando un disperato Enrico IV trascorse tre giorni di attesa, in ginocchio e a piedi nudi sulla neve, sotto la rocca di Canossa nell’Appennino reggiano. La lotta per le investiture, in cui papa Gregorio VII e Matilda si opposero all’imperatore germanico, costituisce una pietra miliare nella storia del popolo italiano. In antagonismo con il sovrano, nell’intento di sottrargli fonti di reddito, Matilda trasferì ai cittadini di Firenze, Pisa e Mantova il godimento delle tasse imposte dalla nobiltà feudale sull’uso delle strade, fiumi e pascoli. Enrico rispose esonerando i lucchesi, pisani e mantovani da quegli stessi obblighi feudali e, in aggiunta, riservò alla propria autorità imperiale la facoltà esclusiva di dirimere ogni controversia entro le mura delle loro città. Da parte sua, la contessa creò nei domini canossiani, di qua e di là dell’Appennino, una commissione permanente di giuristi formati nella logica del diritto romano giustinianeo, il quale, unico in ciò, riconosceva alle figlie femmine diritti di proprietà eguali ai figli maschi.

Mediante manoscritti miniati, documenti coevi all’epoca di Matilda e spettacolari fotografie di paesaggio, la mostra ripercorre l’itinerario che, attraverso bellicosi decenni, fino alla vittoria ultima della  Grancontessa, portò  i tre protagonisti di questo periodo storico in cima alla rocca di Canossa.

La fama di Matilda dovette contagiare anche Michelangelo: lo dimostra l’incipit della Vita di Michelangelo Buonarroti di Ascanio Condivi, presente in  mostra nella sua edizione originale del 1553: “Michelangelo Buonarroti, pittore e scultore singulare, ebbe l’origin sua da’ conti da Canossa, nobile e illustre famiglia del territorio di Reggio sì per virtù propria e antichità,  si per aver fatto parentado col sangue imperiale… donde ne nacque la contessa Matilda, donna di rara et singular prudenza et religione”. Questa discendenza è senza dubbio una leggenda familiare, alla quale Michelangelo volle sempre prestar fede, convincendo non pochi tra i suoi contemporanei, tra i quali non a caso Alessandro Canossa, che in una celebre lettera all’artista dell’ottobre 1520 poteva definirlo fin dall’indirizzo “parente honorando”.

La maggior parte di ciò che sappiamo su Matilda lo abbiamo appreso da lei stessa. Matilda raccontò la storia della sua vita e quella dei suoi antenati a Donizone, abate benedettino del monastero di Canossa tra il 1111 e il 1115. La Vita Mathildis, il manoscritto originale di Donizione, fu composto in versi. L’opera, attualmente conservata alla Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. Lat. 4922, è una preziosa fonte di consultazione per quanto riguarda la vita e il tempo della contessa.

Matilda leggeva e scriveva in latino, mentre parlava la versione medioevale del tedesco, italiano e francese. Aveva una vasta biblioteca in cui figuravano Vangeli miniati, le Lettere di san Paolo, sermoni e saggi oggi conservati negli Archivi di Stato di Mantova e Modena, presso il Museo Benedettino di Nonantola e la Morgan Library di New York.

Da alcuni ritratti dell’epoca sappiamo anche quali fossero le sembianze di Matilda.

 In tutte le sue effigi la contessa ha un aspetto intelligente, sicuro di sé e amabile.

Le più famose immagini coeve di Matilda sono presenti nel manoscritto di Donizone. In entrambi i ritratti della contessa – quello riprodotto a lato del frontespizio, e quello della scena con Enrico IV e l’abate di Cluny, Matilda è regalmente seduta in trono. La miniatura del frontespizio la ritrae fregiata degli attributi tipici della magnificenza e del rango: indossa una corona conica d’oro e la snella figura è avvolta da una veste blu e da un sontuoso manto rosso, adorno di gemme. Ai lati del trono sono poste, in piedi, due piccole figure, simboliche della duplice natura di Matilda: a destra il monaco Donizone, rappresentato nel gesto di porgere rispettosamente il proprio manoscritto; a sinistra un capitano matildico con la spada e lo sguardo vigile, forse Arduino della Palude. Fiera sia della propria cultura sia delle proprie battaglie, la contessa scelse di essere ricordata nel ruolo di colei che governa.

A Canossa, Matilda creò un’officina di artigiani, scribi e miniatori: lo testimoniano in mostra alcuni pregevoli esempi, tra i quali quattro Croci astili, una delle quali in oro, e tempestata di cristalli e gemme e le Orationes sive meditationes di Anselmo d’Aosta, contenenti il ritratto della Contessa che è l’immagine portante della mostra.

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