Portomaggiore
1 Giugno 2016
La Giunta aderisce alla rete Ready contro le discriminazioni e l'associazione "Valori in Comune" mostra preoccupazione "per il futuro sociale, culturale ed educativo" del paese

Lo spettro ‘gender’ si aggira per Portomaggiore

di Daniele Oppo | 4 min

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restroom-983390_640Portomaggiore. “Preoccupati circa il futuro sociale, culturale ed educativo del nostro territorio”. Così scrivono i membri dell’associazione “Valori in Comune” di Portomaggiore in una nota stampa firmata dall’ex consigliere comunale Alex Baricordi (nella prima versione dell’articolo era dato come consigliere ancora attivo, si trattava di un errore, ndr), Guido Bellettini, Giuseppe Formigoni, Alessio Mingozzi, Riccardo Liri e Giacomo Zibordi.

Ma cosa li preoccupa? La delibera 41 del 17 maggio con la quale il sindaco Nicola Minarelli e la giunta “hanno aderito ad una rete antidiscriminazione sull’identità di genere, meglio conosciuto come ‘gender'”.

Eccolo lo spauracchio, il gender, ovvero – parola dei firmatari – “le moderne teorie sull’identità di genere” che “mirano a destrutturare il concetto di maschio/femmina sostituendolo con un concetto di ‘fluidità’. In pratica – spiegano – viene affermato che il genere non è legato al sesso naturale delle persone bensì alle sensazioni, al contesto ambientale, ai desideri e all’emotività passeggera. Un concetto di difficile comprensione ma che si è già instaurato in alcune scuole e centri educativi in Italia, in particolare a Trieste dove in alcuni asili i bimbi venivano travestiti da bimbe e viceversa, scatenando la giusta preoccupazione dei genitori per l’educazione dei propri figli. Altri episodi si sono verificati in altre scuole di ogni ordine e grado”.

“Per chiarezza – aggiungono i firmatari – tutto questo non è attinente all’orientamento sessuale e, noi per primi, rifiutiamo nel modo più assoluto qualsiasi violazione della dignità umana e degli orientamenti che ne derivano. La questione delle teorie dell’identità di genere è ben altra cosa. La decisione presa da Minarelli e dalla sua Giunta, nel più completo silenzio e nella disinformazione più totale, richiede un urgente chiarimento circa gli intendimenti reali e le azioni concrete che vogliono attuare con tale delibera, potenzialmente pericolosa per il futuro dei nostri bambini e del tessuto socio-culturale portuense. Le imminenti elezioni amministrative possono essere un’occasione per fare chiarezza rispetto ai programmi di ogni candidato, in particolare le diverse posizioni su queste discutibili teorie sull’identità di genere”.

Peccato che in questa spiegazione ci sia qualcosa di distorto. La prima è che il ‘gender’ o la teoria del gender non mira affatto a destrutturare di per sé i concetti di maschio e femmina e non è nient’altro un modo (propagandistico) per indicare gli “studi di genere”, ovvero le ricerche in campo psicologico e sociologico che cercano di spiegare come si compone l’individuo, approfondendo il rapporto tra sesso biologico (che non è mai messo in discussione), orientamento sessuale e l’identità di genere (che è la percezione di sé che le persone hanno in merito al proprio genere). Studi ‘moderni’ che risalgono a un periodo a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, grazie ai primi contributi di Alfred Kinsey. Studi che non danno indicazioni ma che mirano a spiegare – per osservazione più che per voli teorici – come l’identità di genere propria di ciascun individuo possa essere disgiunta dal suo sesso biologico e dal suo orientamento sessuale. Studi in cui l’unica complessità presente è quella che caratterizza l’essere umano e con la quale le società moderne dovrebbero farei i conti.

Il secondo elemento distorto – ripreso a suo tempo da esponenti politici e alcuni quotidiani, senza alcuna verifica – riportato dall’associazione è la storia dei bambini travestiti da bimbe e viceversa negli asili di Trieste. È, per dirla in poche parole, una bufala sbugiardata già più di un anno fa. Gli unici ‘travestimenti’ erano inclusi in un gioco in cui le bambine venivano vestite con abiti che rappresentavano una categoria di lavoratori generalmente al ‘maschile’ (pompiere, pilota d’aereo) e viceversa, non per indurli a considerare il proprio sesso “fluido”, ma per insegnare loro che ognuno può fare il lavoro che gli pare, a prescindere dai cliché (le famose ‘pari opportunità’). Il tutto con l’autorizzazione scritta da parte dei genitori.

E, a prescindere da questi ragionamenti, le catastrofiche preoccupazioni dell’associazione “Valori in Comune” appaiono quantomeno esagerate solamente leggendo l’atto della Giunta e la Carta d’intenti della rete Ready. L’adesione alla Rete nazionale delle Pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere ha semplicemente l’obiettivo di “diffondere culture e politiche delle differenze e a sviluppare azioni di contrasto alle discriminazioni nei confronti di persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender”. Insomma, riconoscere l’esistenza delle differenze e combattere le discriminazioni basate su di esse. La società portuense sopravviverà.

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