Attualità
31 Maggio 2016
In un recente passato un provvedimento simile subì pesanti censure di legittimità

Ordinanza a rischio Garante

di Daniele Oppo | 5 min

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indexUn’ordinanza “contingibile e urgente” giustificata in nome dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana per dare un po’ di fiato alla zona Gad e decoro al centro storico ma che rischia pesanti censure di legittimità.

Parliamo dell’ordinanza del sindaco – annunciata la settimana scorsa in conferenza stampa ma ancora non resa ufficiale – che impone limiti all’apertura degli esercizi commerciali sia nella zona Gad (dove tali limiti sono molto severi), sia all’interno del perimetro delle mura, e vieta il consumo di alcolici sulla pubblica via dopo la mezzanotte. Un provvedimento che ha scatenato le ire e la preoccupazione di molti operatori del centro storico, ora attesi dall’assessore al Commercio Roberto Serra per vedere se sarà possibile modificare qualcosa.

Non è un provvedimento nuovo a Ferrara: i limiti agli orari di apertura vennero proposti per la Gad lo scorso anno, quella volta con una delibera del Consiglio comunale, e già in quell’occasione subì una pesante censura da parte dell’Agcm, l’Autorità garante per la concorrenza.

Il motivo è che con il decreto “Salva Italia” del Governo Monti, gli orari di apertura per le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande sono stati liberalizzati. In altre parole, significa che non possono più essere imposti, perché – come il presidente dell’Agcm Giovanni Pitruzzella spiegava proprio al Comune –  “al pari del prezzo e delle caratteristiche del servizio, l’orario di apertura dei negozi costituisce una delle dimensioni rispetto alle quali può realizzarsi una concorrenza effettiva tra esercenti. Le restrizioni alla libertà degli operatori economici in materia di orari e di giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali ostacolano pertanto il normale dispiegarsi delle dinamiche competitive, riducendo la possibilità degli operatori attivi di differenziare il servizio adattandolo alle caratteristiche della domanda e sono suscettibili di peggiorare le condizioni di offerta e la libertà di scelta per i consumatori, senza peraltro avere una valida giustificazione in termini di efficienza dal punto di vista degli operatori, né tanto meno di particolari interessi pubblici”.

Il garante ha già detto che non si può fare perché viola la libertà di iniziativa economica, ma il suo parere – a cui l’Amministrazione si deve adeguare pena la possibilità di subire un ricorso al Consiglio di Stato –  sembra non aver insegnato molto. “La Delibera del Comune di Ferrara in esame – scriveva Pitruzzella – solleva criticità di natura concorrenziale nella misura in cui, in contrasto con le disposizioni dell’articolo 31 del D.L. 2011 (il decreto “Salva Italia”, ndr), sottrae all’autonomia dell’esercente la piena determinazione dell’orario di funzionamento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, fissando autoritativamente gli orari di chiusura serale o notturna”.

E a poco vale la motivazione usata dal Consiglio per giustificare la delibera: “Tali disposizioni, come risulta dalla delibera, appaiono preordinate ad assicurare “il mantenimento di buone condizioni di vivibilità delle aree residenziali”. In proposito, si osserva che la tutela degli ulteriori interessi costituzionalmente rilevanti, quali ad esempio la salute e la quiete pubblica non giustifica il mantenimento di limitazioni non strettamente necessarie al libero dispiegarsi dell’iniziativa economica, ma va assicurata applicando la specifica normativa vigente posta a presidio di tali interessi”. Un’affermazione che trova supporto anche nella giurisprudenza della Corte Costituzionale con la sentenza 229 del 19 dicembre 2012 – richiamata dal Garante – in cui si afferma che “La liberalizzazione dell’orario degli esercizi commerciali così come delle giornate di apertura, tuttavia, non determina alcuna deroga rispetto agli obblighi e alle prescrizioni cui tali esercizi sono tenuti in base alla legislazione posta a tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti quali l’ambiente, l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la salute e la quiete pubblica”.

Insomma per tutelare la quiete e l’incolumità pubblica ci sono già vincoli legislativi preordinati e altri strumenti a disposizione (come i controlli di polizia), nel 2015 come nell’estate 2016, senza la necessità di imporre ulteriori limiti alle attività economiche, peraltro con discriminazioni sia per tipo di attività (strane: i bar in centro possono rimanere aperti secondo i propri orari, artigiani che non vendono alcol sono costretti alla chiusura all’1) che di tipo territoriale.

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Ma i dubbi – al di là delle libertà economiche – per il provvedimento del 2016 non finiscono qui. L’ordinanza del sindaco è di quelle che si chiamano “contingibili e urgenti”, previste dall’articolo 54 del Testo unico Enti Locali, ammesse, dice la legge, “nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”. Sono una specie di ultimo baluardo: quando non si può fare altro con i mezzi ordinari, il sindaco può, a determinate condizioni, usare il suo potere nella forma più ampia possibile per eliminare un pericolo incombente per i suoi cittadini. Il suo presupposto è che ci sia la necessità di provvedere con immediatezza a situazioni eccezionali di pericolo effettivo e non prevedibili, in presenza di una grave minaccia all’incolumità pubblica e/o alla sicurezza urbana.

I dubbi sorgono allora quando l’ordinanza non solo viene annunciata con giorni di anticipo rispetto alla sua pubblicazione ufficiale, ma anche e soprattutto, quando – almeno per quanto riguarda la parte che tocca le attività entro le mura – è soggetta a incontri con gli operatori commerciali per poter essere meglio definita e programmata: se così è, dov’è l’urgenza, dov’è il pericolo effettivo, dov’è l’eccezionalità e, soprattutto, dov’è l’imprevedibilità? Ancora, il fatto, preannunciato da Serra, che ci saranno deroghe in occasioni di eventi pubblici fa sfumare ancora di più la reale presenza dei requisiti per emanare l’ordinanza: se le aperture oltre un certo orario di tutte (Gad) o alcune (centro storico) attività costituiscono un grave pericolo nei giorni ‘normali’, per quali motivi non dovrebbero costituire un pericolo anche nei giorni in cui ci sono gli eventi?

Se questi sono i presupposti, non sarà improbabile per il Comune dover fronteggiare un ricorso davanti al Tribunale amministrativo.

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