Fabrizio Veronese e Guglielmo Bellan, le due vittime dell’incidente
Si è aperto ieri mattina nel tribunale di Ferrara il processo per l’omicidio colposo di Fabrizio Veronese e Guglielmo Bellan, i due tecnici che persero la vita il 22 febbraio del 2013 nel drammatico incidente nella chiusa di Valle Lepri, nei pressi di San Giovanni di Ostellato. Veronese e Bellan furono travolti e sommersi da un’ondata d’acqua, dopo il cedimento di una paratia, e morirono affogati mentre erano impegnati nelle opere di manutenzione della struttura.
Una tragedia che vede ora alla sbarra per omicidio colposo cinque persone tra responsabili amministrativi della chiusa e datori di lavoro dei due tecnici, i cui familiari si sono costituti parti civili chiedendo il sequestro cautelativo dei beni degli imputati in vista di eventuali futuri risarcimenti. Veronese e Bellan stavano lavorando all’interno della chiusa quando avvenne il tragico incidente: i due operai avevano prosciugato la zona dove effettuare la manutenzione quando all’improvviso la pressione dell’acqua provocò il cedimento di una paratia. L’ondata che si riversò nella chiusa travolse i tecnici, che furono spinti all’interno di un cunicolo dove morirono affogati. Una ricostruzione dei fatti confermata anche dalle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso che documentavano il tutto.
A essere rinviati a giudizio sono quindi i tre tecnici Aipo Ettore Alberani (delegato alla gestione dell’Idrovia ferrarese e responsabile unico del procedimento per la manutenzione), Bruno Droghetti (progettista e direttore dei lavori di manutenzione) e Vittorino Malagò (coordinatore della sicurezza), oltre che l’amministratrice della General Montaggi Industriali (Gmi, dove lavoravano Veronese e Bellan) Maria Antonietta Strazzullo e il direttore tecnico del cantiere per la Gmi Federico Tito. Per Strazzullo e Tita la procura ipotizza il mancato rispetto delle condizioni di sicurezza, sia per quanto riguarda la formazione professionale che per l’equipaggiamento fornito ai due tecnici che si sarebbero potuti salvare se muniti di salvagente. Contestato anche il livello di preparazione al lavoro specifico, visto che si sarebbe dovuta valutare l’instabilità della paratia che causò l’incidente e agire di conseguenza. Per Alberani, Droghetti e Malagò le accuse riguardano gli aspetti relativi alla realizzazione della chiusa che, da quanto emerso dalle indagini, sarebbe differente e secondo i consulenti della procura “peggiorativa” rispetto al progetto originale.
Proprio la consulenza della procura è stata oggetto di una eccezione sulla sua utilizzabilità da parte degli avvocati delle difese, secondo i quali si sarebbe protratta oltre i tempi consentiti per legge, ma la richiesta è stata respinta dal giudice Franco Attinà. Il magistrato dovrà ora valutare anche la richiesta di sequestro dei beni degli imputati, che secondo le difese mancherebbe dei presupposti necessari in quanto a garanzia dei risarcimenti ci sarebbero già le assicurazioni stipulate da Regione e Aipo. Il processo entrerà nel vivo a partire da fine maggio, con l’inizio del dibattimento in cui verranno ascoltati i testimoni della procura.
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