Du iu śpich frares?
3 Gennaio 2016

La Vciàda

di Maurizio Musacchi | 5 min

Carissimi appassionati di Ferrarese e leggende locali,

Era tradizione qualche tempo fa, più o meno prima, (e un po’ anche dopo a dire il vero,) della seconda Guerra Mondiale, di fare pertanto “La Vciàda”. Tale manifestazione che, probabilmente, ci copiò l’America con “Dolcetto o Scherzetto”.

Le origini della Vciàda sono scomparse nella nebbia del tempo. Si sa che nel 400 gli Estensi organizzavano, per le vie della città un corteo di maschere e giullari, che spingevano un carro contenente doni, sul quale la figura della “Vecchia” si ergeva imponente.

In una delle tante antiche tradizioni popolari ferraresi e polesane, la Vciàda costituiva un modo di “scroccare” o “andàr in còlta (raccolta)” in modo teatrale. I luoghi delle rappresentazioni, erano solitamente i porticati delle case coloniche o le stalle ove la gente si radunava nelle ore serali. La scenografia e i costumi, ve li lascio immaginare, realizzati dagli stessi “attori” con cose e abiti semplici.(Non avevano quasi di ché vestirsi per loro stessi!) I testi, tutti di autori anonimi, erano in buona parte, intercalati da “grassi” doppi sensi che suscitavano grande ilarità per la ingenua platea che vi assisteva. Oltre agli attori, che interpretavano vari personaggi :Vecchio, Vecchia, Dottore, Prete, Bambino, Arrotino, Falegname, Ladro, eccetera.

Vi erano diverse figure (suonatori o banditori) che raccoglievano le offerte, salumi, vino, generi alimentari, che poi venivano consumati dalla combriccola in grande allegria! Il periodo delle esibizioni si estendeva dall’inizio dell’anno sino al giorno di San’Antonio Abate, (detto dal popolo”al dì dal Vcióη,) ovvero del “Vecchione”.

Protettore degli animali, ma concentrandosi più che altro, il 6 Gennaio, detto“al dì dlà Vécia” ovvero della Befana. Nel dopoguerra però, cadde in disuso, forse fagocitato, come tante altre tradizioni dalla novità imperante, la “Tivù”! Alcune compagnie ferraresi cercarono di ricordarla con varie rappresentazioni. Una delle più riuscite fu quella, fortemente voluta da Antonietta Mazzanti, (attrice storica della prestigiosa Compagnia Straferrara e da Luciano Basaglia, attore e regista di parecchie esibizioni teatrali cittadine.).

La compagnia era “Briciole di Teatro” del CPS ANCeSCAO Rivana Garden di Ferrara, (che appoggiò, fondamentalmente la cosa,) ma amalgamata anche con attori de: “I Ragazìt da ‘na volta”, “Teatro Minore” e “Straferrara”.

Io ebbi la fortuna di partecipare, in qualità di attore interpretando “Al Duór e Al Cavadént”, perennemente ubriaco,(finto,) in scena! Ne propongo il testo, a seguire!

 

 

DUTÓR:

Quànta stràda la mié źént,

par la pióva név e vént.

Am truvàva int al Trentìη,

pàr curàr uη cuntadìη;

quànt cà sent na campanìna

clà sunàva da Mesìna,

la sunàva tànt fort

che la sbargàva tut ill pòrt.

Tut iη prèsia ill scàrp am zùl,

e po’ vié coj mié dù frul.

Int uη àtim a rìv a Fràra,

e chì a cómpar na sumàra,

po’, curénd cmè uη danà,

àla Rivàna a sóη rivà.

Ché śgràzia, ché flagèl

tùta la źént la pardéva al zarvèl,

par la causa d’uη mal flùs,

i la faśéva dnànz aj ùs.

Mó mì ché a jò capì al màl,

a gh’ò urdnà uη bèl bucàl

e po’, sóta ad ùη ad ùη,

a gh’ò cuśì al cùl cumè i capùη!

Mi al Dutòr Fracàsa a sóη,

che al n’à mài guarì parsòη,

mì a viéη tànt da luntàη

indóv ch’as tóca al źiél cól màη.

A jò varcà mònt, màr e cunfìη,

da Milzàna a Franculìη.

A jò fàt soquànt sìt

par magnàr dù trì caplìt,

invénz la m’è andàda gòba

a jò magnà na pgnàta ad bròda.

Adès pàr guarìr st’al ragazòl

av dìgh mì cuś’è ch’agh vòl:

agh vòl uη pràtich dal mastiér

ché l’àgh fàga uη … bèl cristiér !

INTANTO LA “VÈCIA” COMINCIA A LAMENTARTSI PER IL MAL DI DENTI.

Vcióη:

Cùsa gh’è da fiflàr, parché jét dré zigàr?

Vecia :

Se at savìsi ché turmént; a m’è gnù dulór a’η dént !

Vcióη:

Mó cus’èl srt’al putifèri,

mò quest chì

l’è uη zimitèri.

Avanti pur che int uη mumént,

a ciamarò al cavadént !

 

 

VECCHIONE :-

 

Cosa c’è da lamentarsi, perché piangi?

VECCHIA:-

Se sapessi che tormento; m’è venuto dolore ad un dente!

VECCHIONE

Ma cos’è questo putiferio, ma questo è un cimitero. Avanti pure che in un momento

Chiamerò il dentista!

 

 

ENTRA IL CAVADENTI BUTTANDO

LA BORSA CON I FERRI

MEDICO

Quanta strada la mia gente,

accompagnato da pioggia, neve e vento.

Mi trovavo nel trentino,

per curare un contadino;

quando sento un campanellino

ché suonava da Messina,

suonava tanto forte

che spaccava tutte le porte.

In gran fretta mi allaccio le scarpe,

poi via veloce coi due garretti.

In un attimo arrivo a Ferrara,

e qui compro una somara,

poi, correndo come un dannato,

alla Rivana sono arrivato.

Ché disgrazia, che flagello

Tutta la gente perdeva il cervello,

per causa d’un male intestinale,

defecavano innanzi alle porte.

Ma io che ho capito il male,

ho ordinato loro un bel boccale

e poi, sotto ad uno ad uno,

ho cucito i sederi come ai capponi!

Io il Dottor Fracassa sono,

ché non guarì mai persone,

io vengo da tanto lontano

dove si tocca il cielo con le mani.

Varcai monti, mari, confini,

da Mizzana a Francolino.

Ho sostato in diversi luoghi

per mangiare due o tre cappelletti,

invece mi andò storta

ho mangiato una pentola di brodaglia.

Ora per guarire questo ragazzo

vi dico io ciò che serve:

occorre uno pratico del mestiere

ché gli faccia un… bel clistere!

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