Economia e Lavoro
1 Dicembre 2015
Il presidente dell’Abi: "Conosco bene la vicenda, tutto era già pronto a luglio e pareva cosa fatta"

Patuelli: “Disastro Carife causato da burocrazia europea”

di Redazione | 3 min

4287e48f-968a-4a4b-b325-14c446b48566di Marcello Celeghini

Cento. “La burocrazia europea, senza esporsi direttamente, ha messo a repentaglio il salvataggio di Carife impedendo, di fatto, l’ingresso del Fondo Interbancario e costringendo, in questo modo, il Governo ad emanare il doloroso decreto d’emergenza che conosciamo”. È questa la presa di posizione del presidente dell’Abi , Antonio Patuelli, ospite ieri sera alla tavola rotonda, dal titolo ‘Banche e imprese: insieme per la ripresa’, organizzata da Cassa di Risparmio di Cento insieme al Rotary Club e al Lions Club di Cento nella splendida cornice del salone d’onore di Corso Guercino. Oltre al presidente dei bancari italiani, hanno partecipato alla conferenza, moderata dal vicedirettore di QN Massimo Gagliardi, il presidente di CariCento Carlo Alberto Roncarati e il presidente di Unindustria Bologna Alberto Vacchi.

Tutti i partecipanti alle inevitabili domande dei giornalisti sulla vicenda Carife sono apparsi comprensibilmente evasivi e cauti nelle risposte. Solo Patuelli ha segnalato una colpa ‘europea’ nelle modalità di salvataggio della banca ferrarese. “Conosco bene la vicenda di Carife perché ho l’abitudine di leggere sempre i quotidiani di Ferrara- rivela il presidente dell’Abi-. Tutto era già pronto a luglio, quando anche l’assemblea dei soci aveva approvato l’ingresso del Fondo, e pareva cosa fatta. Da quel momento la burocrazia bancaria europea ha fatto pesante ostruzionismo, senza però mettere nulla di scritto ben sapendo che tutto sarebbe stato impugnabile, e facendo perdere mesi di tempo sapendo che dal primo gennaio scattava la normativa europea del bail-in, frutto dell’unione bancaria introdotta a novembre 2014. Questa forte opposizione europea ad un salvataggio che peraltro sarebbe stato effettuato con capitali non pubblici, è avvenuta dopo anni di continui aiuti pubblici legalizzati per salvare banche in Germania e Gran Bretagna”.

Ben diverso è il discorso in merito alla Cassa di Risparmio di Cento, banca, a detta di tutti partecipanti, solida, attenta alle imprese e ben radicata al territorio. “Il forte legame che Caricento ha con la propria comunità- spiega il presidente di CariCento Carlo Alberto Roncarati- è condizione fondamentale perché essa possa restare competitiva in un mercato sempre più concorrenziale, anche grazie a indicatori di patrimonializzazione in grado di realizzare investimenti a supporto dello sviluppo dei territori in cui opera. Nonostante le difficoltà, gli istituti di credito costituiscono un supporto imprescindibile all’economia, ma mai come oggi sono costretti ad essere più robusti e capitalizzati in virtù della stringente normativa in atto. CariCento affronterà anche questa sfida a testa alta puntando a radicarsi ancor di più nel territori dove è presente”. Per Antonio Patuelli, Cento è sinonimo di buona attività bancaria. “Ho un legame particolare con Cento poiché era la città del mio maestro Giovanni Malagodi, grande politico e bancario. CariCento è un punto di riferimento per la propria solidità economica ed intellettuale”.

Non solo banche, ma anche imprese, si diceva. Dal primo gennaio 2017 le associazioni degli industriali di Bologna, Ferrara e Modena sperimenteranno la fusione in un’unica grande associazione, Confindustria Emilia, che sarà seconda in Italia solo ad Assolombarda (Milano + Monza) con le sue 3200 imprese e oltre 18 milioni di euro di gettito contributivo. “Bologna, Ferrara e Modena insieme creeranno sinergie tra imprese in una delle aree con la maggiore crescita del paese- sottolinea il presidente di Unindustria Bologna Alberto Vacchi-. Il processo di fusione non porterà un risparmio importante a livello di gestione, ma porterà grandi vantaggi al sistema manifatturiero che è il cardine dell’economia industriale di queste tre città. Da parte dei tre territori c’è una grande voglia, anche degli stessi imprenditori, di mettere a fattor comune le conoscenze e l’alta innovazione raggiunta dalle nostre industrie. Nel grande contenitore di Confindustria Emilia una porta resterà aperta anche per Reggio Emilia, che, dopo un iniziale interessamento, ha deciso di rimanerne fuori”.

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