Lettere al Direttore
30 Novembre 2015

Clima, non c’è più tempo

di Redazione | 5 min

Non c’è più tempo di fronte ai cambiamenti climatici e al consumo di risorse naturali che l’uomo con le sue attività ha inasprito. Siamo già abbondantemente in ritardo e la politica ancora fa orecchie da mercante o sta a guardare quanto deve finanziare un paese povero o un paese ricco, senza contare che i paesi ricchi sono i maggiori produttori di emissioni e che le conseguenze si riversano di più sui poveri. Il clima deve portare a sanare le sperequazioni che questo sistema ha prodotto. Non ci sono scuse.

Il clima pretende, inesorabilmente, e non ci saranno sconti per nessuno, misure di mitigazione (riduzione degli agenti inquinanti) e misure di adattamento ai cambiamenti climatici. Misure che attraversano la vita di tutti, dalle città alle campagne, dalle aree antropizzate ai deserti. Misure che passano da nuovi paradigmi di consumo, di vita. Ma anche da una pianificazione che metta in sicurezza gli ambienti e gli uomini.

Dobbiamo lavorare tutti nella stessa direzione per un cambiamento senza precedenti. Per salvarci. Una sfida per le società nel 21° secolo, destinata a incidere profondamente sulla vita delle persone, sui sistemi economici, sociali, istituzionali e sugli ecosistemi in ogni parte del mondo.

Ad oggi i risultati ottenuti dai negoziati sono stati deludenti. Cosa aspettarci da COP21, all’insegna tra l’altro del terrorismo? Mettersi d’accordo sull’ambiente e sul clima può diventare un modello solidale anche per il resto delle politiche mondiali, compresa la pace. E’ questo sistema che ha generato l’emergenza ambientale e la guerra.

Alla COP21 di Parigi circa 150 nazioni, tra le quali tutte quelle economicamente più sviluppate che producono l’88% delle emissioni globali, hanno presentato all’UNFCCC i loro piani nazionali (Intended Nationally Determined Contributions, INDCs).

Al centro la responsabilità politica per il clima. Che non significa che ognuno fa per il proprio orticello, ma che serve una visione globale. Poi ognuno è chiamato a fare la sua parte, ma anche quella degli altri, là dove le possibilità degli altri sono esigue. Perché in gioco c’è la vita del Pianeta e le ripercussioni di politiche miopi ricadranno su tutti.

La comunità scientifica chiede tempestività. La comunità internazionale è dunque chiamata ad agire subito, prima che la CO2 in atmosfera renda troppo veloci e incontrollabili le dinamiche e le conseguenze del riscaldamento. È chiamata a trovare le forme per un’azione condivisa ai diversi livelli istituzionali, espressione di una consapevole corresponsabilità: occorrono accordi efficaci e ambiziosi, che propongano impegni concreti per i diversi soggetti.

In occasione del World Habitat Day, Eurostat ha diffuso i dati aggiornati sugli insediamenti in Europa: 359 milioni di Europei, il 72 per cento, vive in aree urbane, ben oltre il 51% del dato medio mondiale. Il 59% abita nelle regioni metropolitane, dove si produce il 67% del PIL d’Europa. Siamo di gran lunga il continente più inurbato del pianeta.

Nella lotta ai cambiamenti climatici importanti sono le decisioni degli Stati, ma altrettanto importanti sono le azioni da mettere in atto a livello locale. Pensare globalmente, agire localmente. Per sottolineare che nessun livello è escluso, sia nelle politiche di contenimento delle emissioni, sia in quelle di adattamento per rendere resiliente il pianeta.

Il territorio mondiale è esposto a un pesante degrado, rafforzato dal riscaldamento in corso. Il Centro-Nord aggredito da un’alterazione dei regimi idrogeologici dalle conseguenze spesso molto gravi per persone e cose (il 70% del territorio è considerato a rischio). In diverse aree del sud del mondo si registra invece una vera e propria tendenza alla desertificazione, che mette a rischio interi ecosistemi provocando gli esodi migratori da clima, attesi sempre più impattanti.

Parlando dell’Italia, per esempio, l’agricoltura rappresenta un vero punto di eccellenza purtroppo messo a rischio dalla crescita prevista delle temperature minime e massime e dall’aumento in frequenza e intensità degli eventi meteorologici estremi – pur con una riduzione complessiva delle precipitazioni che rischiano di ridurre la produttività di molte colture. In tale prospettiva si stima, ad esempio, un calo medio del 10% delle rese cerealicole, che al Sud potrebbe anche superare il 20%; sono prevedibili anche significativi spostamenti delle fasce

climatiche e delle relative colture.

L’ONU ha approvato i Sustainable Development Goals, i 17 obiettivi per lo sviluppo del pianeta dal 2015 al 2030 dove l’obiettivo 13 prevede : “Prendere iniziative urgenti per affrontare il cambiamento climatico e i suoi impatti”.

Nel 2016 la Strategia per lo Sviluppo Sostenibile del Mediterraneo sostituirà quella sottoscritta nel 2005 dagli stati membri della Convenzione di Barcellona.

Nel primo semestre 2016, durante la presidenza di turno dell’Olanda, il Consiglio Europeo adotterà l’Agenda Urbana dell’Unione Europea, un documento innovativo che comprende le strette relazioni tra sviluppo urbano e cambiamenti climatici.

Ad ottobre 2016 si svolgerà a Quito, Ecuador la conferenza ONU Habitat III, dove dovranno essere definite le linee guida per lo sviluppo delle aree urbane.

Questi eventi segneranno il percorso degli Stati, delle città per i prossimi decenni. La strada, a parole, c’è già.

Serve un coordinamento mondiale tra governi, società civile, comunità scientifica, portatori di interesse, per il clima e lo sviluppo sostenibile.

Quindi politiche che coinvolgano il mondo intero, in una prospettiva di conoscenza scientifica condivisa e cooperazione; incentivare l’economia circolare, l’internet delle cose, il risparmio energetico e di risorse naturali, compreso il suolo; allocare correttamente le risorse economiche da dedicare alle misure di adattamento e mitigazione; opere strutturali ed investimenti in strumenti che permettano una nuova economia e la transizione delle città verso un paradigma smart; promuovere la consapevolezza e la conoscenza nonché coordinare la formazione di tutti i soggetti coinvolti nell’adattamento ai cambiamenti climatici – politici, amministratori, tecnici, stakeholder, cittadini.

Da Galletti ci aspettiamo che faccia sentire alta e forte la voce dell’etica, dei valori laici e del bene per l’umanità.

Differenziare gli impegni e la finanza, per sottrarsi alla responsabilità, è perdente.

Rossella Zadro, Italia Unica

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