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27 Novembre 2015
A Torino oltre quaranta capolavori per dare vita a una strabiliante mostra monografica incentrata sul maestro

Monet. Dalle collezioni del Musée d’Orsay

di Redazione | 6 min

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di Maria Paola Forlani

Dopo la mostra di Degas nel 2012 e quella dedicata a Renoir nel 2013, la collaborazione tra la Città di Torino e l’asse Musée d’Orsay e gruppo Skira si rinnova con una straordinaria esposizione dedicata a Cloude Monet (1840-1926), capofila della grande stagione impressionista accanto a Manet, Renoir, Degas, Pissaro, Sisley e Cézanne.

Il Musée d’Orsay, che conserva la più importante collezione di opere di Claude Monet, ha concesso oltre quaranta capolavori per dare vita a una strabiliante mostra monografica incentrata sul maestro.

Sono presenti in mostra alcune opere di carattere eccezionale, mai presentate prima in Italia: un esempio su tutti è quello del grande frammento centrale della Colazione sull’erba, opera fondamentale nel percorso di Monet per la precoce affermazione di una nuova, audace concezione della pittura en plein air, rappresentativa di un passaggio cruciale che culminerà con l’Impressionismo.

Infatti il nome di Claude Monet è intimamente legato alle sorti dell’Impressionismo, alla sua formazione, al suo sviluppo, alle sue conclusioni: ed è questo il suo primo certificato di nobiltà artistica. Non è un caso che il movimento impressionista conclude gloriosamente le ricerche del naturalismo ottocentesco e inaugura la stagione dell’arte moderna. Ed è Monet che prima e più di ogni altro contribuisce al sorgere di questo clima artistico e di questa nuova convenzione rappresentativa: la realtà rivela un volto inedito e dapprima neanche immaginato, fresco, arioso, luminoso, i colori splendono in tutta la loro solarità, la natura trova il suo palpito vitale e vibra gioiosa nell’atmosfera mutevole e fluttuante.

“Dipingo come un uccello che canta”, disse un giorno Monet all’amico Geffroy e con queste parole di ingenuo candore egli attesta la spontaneità sorgiva del suo gesto creativo, la naturalezza della sua vocazione pittorica: eppure Monet, con quel suo canto, rivoluziona il corso della pittura moderna, crea un taglio netto tra quanto è stato dipinto prima di lui e quanto è stato dipinto dopo. Prima, anche nei pittori più prossimi all’Impressionismo, le ombre sono dipinte in toni neutri, il quadro è costituito in partiture zonate a macchia, l’atmosfera – e l’ora – è annotata con fermezza che la sospende in un attimo immobile, la luce è un fenomeno che rivela la miracolosa bellezza e la consistenza intatta della forma. Dopo, anche le ombre sono colorate, la forma è definita dal battito e dalla vibrazione della luce, è essa stessa la sostanza fisica del fenomeno luministico, il quadro è un frammento di natura che trova la sua unità nell’unità dell’atmosfera che lo pervade e questo frammento naturale viene rappresentato nella sua mobilità, quasi a rendere visivamente la provvisorietà delle apparenze che sono diverse da quello che erano un momento prima e che saranno un momento dopo.

I dipinti di Monet trascrivono direttamente l’impressione di un attimo fuggevole, provata a contatto del motivo naturale, esaltano il colore che scoppia sulla tela in una miriade di tocchi svirgolati e veloci, inneggiano alla luce che inonda la tela con la sua solarità piena e colora persino le ombre.

È un nuovo modo di vedere e di rappresentare il mondo. In natura non esistono i toni locali e le ombre non sono zone di valore neutro, ma sono zone in cui diversi colori reciprocamente si influenzano ad un diverso grado di luminosità rispetto alle parti in pieno sole: nessuno aveva analizzato con tanta sapienza e sottigliezza questo fenomeno ottico e nessuno aveva avuto il coraggio di tener conto del fatto per cui, a distanza, la vegetazione di un bosco o le case di una città divengono masse quasi indistinte nel pulviscolo dell’atmosfera.

La Colazione sull’erba, che Monet realizza a venticinque anni, segna senza dubbio una tappa fondamentale nelle ricerche impressioniste; essa impegna l’autore a lungo e lo costringe ad eseguire una serie di studi “en plein air” per non tradire, nelle dimensioni del grande formato, l’emozione e l’ispirazione iniziali. La scena del quadro si svolge nella foresta di Fontainebleau, dove Monet era solito recarsi a dipingere insieme agli amici Manet, Renoir e Sisley. Il quadro, per l’originalità e la straordinaria sensazione di vitalità che sembra emanare, ha successo e risonanza prima ancora di essere completato. La tela che Monet voleva presentare al Salon del 1866 in realtà non venne terminata, fu data ad un creditore e recuperata solo nel 1884. In questa fase il quadro che era molto rovinato, Monet lo tagliò in tre parti facendo montare su telaio la parte centrale che ora si trova in mostra a Torino.

Attorno a questa straordinaria opera,cui si lega anche il bellissimo ritratto a figura intera di Madame Louise Joachim Gaudibert, sono stati selezionati due prestigiosi nuclei di dipinti che documentano i luoghi che accolsero le fasi decisive della ricerca di Monet, da un lato gli studi dei riflessi della luce sull’acqua ad Argenteuil, dall’altro quelli legati al soggiorno di Vétheuil, che riprendono nello studio della resa luminosa della neve il precoce motivo de La Gazza, anch’essa esposta.

La mostra documenta, proprio a partire da opere capitali come la Colazione sull’erba, momenti decisivi del percorso di Monet sino al 1886, anno in cui l’artista realizza l’emblematica figura intrisa di luce dello ‘Studio di figure en plein air’: donna con parasole girata verso destra, affiancando a essa capolavori come il dipinto Rue Montorgueil a Parigi. Festa del 30 giugno 1878.

In quest’opera l’artista compone, in un ritmo di festa e di gran movimento i tre colori fondamentali, il giallo, il blu e il rosso (valorizzati questi ultimi dal bianco che li divide) con pennellate dense di colore, veri colpi di luce. Lo sfondo è costituito da una strada affollata da una moltitudine festante, resa con rapidi colpi di pennello che sembrano agitarla e delineata dalla quiete dei palazzi dai toni gialli, che si aprono sullo specchio azzurro del cielo. È la luce, ancora la luce, a dar vita al dipinto, con una tale intensità che tutto sembra semplice: i colori sono luce colorata che vibra attraverso l’aria. E in questa vibrazione le cose sembrano perdere il loro tono locale. Allora Monet ricorre alla divisione dei toni, a una serie di pennellate di colori puri, di quei colori che, composti e miscelati, darebbero il tono locale. Sarà l’occhio a creare la fusione.

Segue La Ville a Bordighera (1884) che restituisce gli sfolgoranti colori che Monet registra nel suo primo soggiorno nella Riviera Ligure.

A evocare la ricchezza dell’ultima parte della produzione dell’artista sono altre presenze d’eccezione, note al grande pubblico; le due straordinarie versioni della La cattedrale di Rouen. ‘ Il portale con tempo grigio (Armonia grigia)’ e La cattedrale di Rouen. ‘Il portale e la torre Saint-Romain in pieno sole’: qui il gioco di scelte cromatiche quasi antitetiche rimanda alla messa a punto di serie e ripetizioni che egli compone tra gli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, mentre in Londra, il Parlamento, effetto di sole nella nebbia, l’architettura monumentale del parlamento inglese è ormai pressoché dissolta nella luce.

La mostra consente dunque di mettere a fuoco alcuni tratti decisivi della complessa evoluzione del percorso artistico di Monet, evidenziando la varietà e qualità della sua tecnica pittorica, concentrando lo sguardo su temi e innovative soluzioni che ne fanno uno dei padri indiscussi dell’arte moderna.

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