Economia e Lavoro
23 Novembre 2015
Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi anticiperanno 3,6 miliardi al nuovo Fondo di Risoluzione, che entrerà in possesso degli istituti in sofferenza

Carife, approvato il decreto salva-banche

di Ruggero Veronese | 3 min

OLYMPUS DIGITAL CAMERAL’attesa è finita: dopo il fallimento dei primi due piani di salvataggio, rigettati dalla Bce, il governo ha approvato il decreto legge che formalizza il definitivo salvataggio di Carife, Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e CariChieti. L’annuncio compare attorno alle 19:15 direttamente sul sito del Governo, dove si spiega che “il provvedimento consente di dare continuità all’attività creditizia – e ai rapporti di lavoro – tutelando pienamente i correntisti”. Sventato quindi il rischio bai-in, ovvero la partecipazione di azionisti, correntisti e obbligazionisti all’oneroso salvataggio: a finanziare l’enorme esborso di denaro – che si dovrebbe aggirare attorno ai 3,6 miliardi di euro – saranno nella fase iniziale i tre gruppi Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi.

L’intervento diretto delle banche sane è infatti l’unica strada percorribile, considerata la distanza tra l’obiettivo del governo italiano (non far pesare i salvataggi su correntisti e azionisti) e le condizioni poste dalla Banca Centrale Europea, che vieta la partecipazione di capitali pubblici per il salvataggio degli istituti creditizi. Il decreto approvato questa sera prevede quindi l’istituzione di un Fondo di Risoluzione che verrà finanziato con rate annuali (da 500 miliioni complessivi) dall’intero sistema bancario italiano, la cui prima operazione sarà proprio il salvataggio – con cui entrerà in possesso – delle quattro banche ‘malate’, che formalmente saranno considerate nuovi istituti di credito.

Naturalmente il Fondo di Risoluzione non viene alla luce con 3,6 miliardi di euro “in tasca”: tutto il capitale verrà anticipato al nuovo ente dai tre gruppi Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi, con due distinte linee di credito a normali tassi di mercato. La prima sarà a breve termine, e verrà ripianata entro fine anno, quando le altre banche italiane sane pagheranno quattro rate (quella del 2015 più l’anticipo del prossimo triennio) al neonato Fondo di Risoluzione, per un totale di circa due miliardi di euro. La seconda, più a lungo termine, verrà saldata quando i quattro istituti salvati dal naufragio saranno rivalorizzati e venduti sul mercato, ma in questo caso le tempistiche restano necessariamente un’incognita.

Quello che può consolare clienti e azionisti Carife è che domani mattina la banca della città aprirà gli sportelli e proseguirà la propria attività finalmente sollevata dall’incubo della catastrofe finanziaria: i soldi dei correntisti sono al sicuro e i soci potranno sperare in una ripresa del valore delle loro azioni. Certo è che la storia di Carife è arrivata a una svolta: il totale delle azioni in mano ai ferraresi non supererà il 5% del totale e la proprietà dell’istituto sarà in mano al sistema bancario italiano, che nel proprio interesse cercherà di venderlo alle migliori condizioni possibili. Difficile pensare – salvo massicci investimenti locali – che la banca potrà ancora rappresentare il territorio ferrarese come ha fatto negli ultimi decenni.

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