Politica
19 Novembre 2015
Sottoscritto l'accordo col governo saharawi per aiuti umanitari e progetti formativi. Tagliani: "La cultura è l'antidoto all'estremismo"

“Il nostro popolo è il contrario del terrorismo”

di Ruggero Veronese | 3 min

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Il ministro Mohamed Lamin Mohamed Deddi

Il ministro Mohamed Lamin Mohamed Deddi

“Noi facciamo il contrario di quello che fanno i terroristi: vogliamo collaborare per una maggior conoscenza e collaborazione tra popoli. Questo è il progetto portato avanti dal nostro popolo”. A parlare è Mohamed Lamin Mohamed Deddi, ministro alla salute pubblica della Repubblica Araba Saharawi Democratica, che ieri pomeriggio ha sottoscritto l’accordo con i Comuni di Ferrara e Albinea e l’università di Ferrara. Un accordo che porta avanti i progetti di cooperazione e aiuto umanitario da parte del Comune estense alla popolazione saharawi, che dal 1976 porta avanti la propria battaglia per l’indipendenza dal Marocco nei territori del Sahara occidentale.

Una battaglia che, ci tiene a precisare il ministro, ha come uniche ‘armi’ quelle dell’istruzione e della collaborazione tra popoli. E non per nulla Mohamed Deddi esordisce proprio esprimendo la “contrarietà e condanna del nostro popolo di fronte agli attentati terroristici di Parigi”, aggiungendo che “il nostro desiderio è che la legalità internazionale venga ripristinata nel Sahara occidentale”, dove “il mio popolo vive da quarant’anni diviso da un muro lungo 2.700 km: una parte nei campi per i rifugiati in Algeria, l’altra sotto l’occupazione del Marocco, dove i diritti umani vengono violati quotidianamente”. E le forme di resistenza della popolazione dell’ex Sahara Spagnolo passano soprattutto attraverso la cooperazione internazionale, sia mediante aiuti umanitari, sia con programmi di istruzione che possano garantire alla popolazione le capacità e le competenze necessarie ad amministrare uno stato autonomo. È proprio su questi due fronti che si inserisce l’accordo sottoscritto a Ferrara, che prevede sia l’invio di farmaci destinati ai campi profughi in Algeria, sia l’inserimento temporaneo di farmacisti sharawi nelle farmacie comunali ferraresi, da cui torneranno con un bagaglio di conoscenze e competenze che prima non sarebbe stato accessibile.

042522e6-2e1f-4b04-bdb1-d09f8f2ce645Un progetto formativo che per Hamud Andal-La Jatari, rettore dell’università di Tifariti, rappresenta un sogno che si avvera: “La nostra è la prima università sharawi, nata nel 2012 in condizioni molto difficili e dove oggi abbiamo un centro universitario, le facoltà di famracia, di pedagogia, di amministrazione informatica e di giornalismo. L’anno prossimo vorremmo inaugurare quella di diritto, grazie anche al supporto di docenti europei e americani. Questo dà l’idea di quanto sia importante per il nostro popolo l’educazione: vogliamo formare una generazione che potrà liberare la nostra terra e costruire il nostro Stato. Siamo un popolo che desidera la pace e di poter tornare nella nostra terra”. Una lotta che passa quindi per l’istruzione e per le generazioni future: concetti che, a una settimana dai drammatici attentati di Parigi, rappresentano una vera boccata di ossigeno.

A sottoscrivere l’accordo insieme alla delegazione saharawi sono il sindaco Tiziano Tagliani, gli assessori di Ferrara e Albarea Annalisa Felletti e Mirella Rossi, il pro rettore di Unife Giuseppe Spidalieri, accompagnati dal presidente della Associazione Italiana Celiachia (coinvolta nel progetto visto l’elevato numero di celiaci tra gli saharawi) e i rappresentanti dell’associazione OltreConfine di Ferrara. “Credo sia evidente a tutti – afferma Tagliani – come sottoscrivere un protocollo di collaborazione tra due città dell’Emilia Romagna e il popolo saharawi abbia un significato diverso rispetto a quanto  che pensavamo qualche settimana fa: significa non aver perso la speranza di creare dei ponti con quella parte del mondo che non può essere giudicata unicamente dagli atti di violenza che si sono verificati. La cultura è ancora oggi l’elemento più lontano da ogni fanatismo, e il fatto che la gente si metta al servizio della cultura rappresenta un vaccino o un antidoto alle derive estremiste”.

 

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