Politica
5 Dicembre 2009
Del documento si è tornati a parlare all’inizio della nuova legislatura

Che fine ha fatto il Piano strategico di Ferrara?

di Redazione | 3 min

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A Bologna, dove l’elaborazione è ai blocchi di partenza, la discussione sul Piano strategico è aperta. A Ferrara in questo caso ci si è mossi in anticipo rispetto ai “cugini”: l’amministrazione comunale ne aveva promesso la nascita entro la scorsa legislatura, eppure del documento che potrebbe fare da guida nel periglioso viaggio verso la città del 2020 non risulta traccia.

E dire che l’allora vicesindaco Rita Tagliati, competente a nome della giunta con apposita delega, aveva salutato l’evento con entusiasmo: “Dal 16 giugno 2006 – così recitava un comunicato diffuso dall’ufficio stampa di Palazzo Municipale – Ferrara fa parte della “rete delle città strategiche” (ReCS), cioè dell’associazione italiane fra le amministrazioni che si dotano di un piano strategico. Il comitato direttivo ha accolto la candidatura del nostro Comune, supportata dagli atti di giunta finora assunti nella direzione di avviare le attività relative”. La vicesindaco definiva inoltre il piano come “uno strumento pianificatorio di medio-lungo periodo, proposto e adottato per delineare percorsi di sviluppo dei territori, validi anche oltre il termine di mandato degli amministratori proponenti”.

I primi spunti per la stesura del documento erano in saccoccia già dal 26 ottobre 2005 grazie ad un seminario organizzato dal Soroptimist. Gli stucchi da favola del Ridotto del Teatro, la bella platea composta da imprenditori, amministratori, donne di successo. Stesso luogo e uditorio non troppo diverso, il 7 novembre 2007, per il concerto di Bruno Persico: altra iniziativa di promozione del Piano strategico della città. Le note di Chopin si alternano alla presentazione del libro scritto dal fratello del pianista, l’economista Gaetano Persico, dal titolo “Ferrara. Le città, come gli scienziati, gli artisti e i poeti non possono morire”. Si vola alto, altissimo. A metà strada tra Pindaro e Icaro.In quei giorni della morte ancor prima di nascere del Piano strategico non si parla affatto, anzi il completamento del documento è uno dei progetti di mandato (il numero 28) di Gaetano Sateriale.

Il 22 novembre 2007 Sipro consegna a sindaco e vicesindaco un primo quadro conoscitivo; l’inizio del confronto con le parti sociali ed economiche è fissato entro la fine dell’anno; si presume realistico l’obiettivo di stendere il piano entro la primavera 2008. D’altronde le risorse sono in campo: 50mila euro dal bilancio 2006 più 30mila da quello successivo. In tempi di “casse vuote” in Comune, uno stanziamento non da poco. Ecco invece arrivare la doccia fredda: il monitoraggio del 30 giugno 2008 recita laconico che “la giunta comunale non ha ancora espresso la volontà di procedere al completamento del Piano strategico”. Retromarcia. Forse troppo preso, Palazzo Municipale, nelle stesse settimane dallo sforzo di ultimare il “gemello” Piano strutturale comunale, ossia l’ex piano regolatore che, con più attenzione alla prosa che alla poesia, disegna il futuro urbanistico della città a suon di terreni e volumi edificabili. Malinconico “the end”: nemmeno un cenno sull’opera incompiuta del vicesindaco Tagliati nelle duecento pagine del volume sui progetti di fine mandato della giunta. Una dimenticanza, per così dire, “strategica”.

Del documento si è tornati a parlare, per via di una relazione del direttore generale Roberto Finardi, all’inizio della nuova legislatura, nel contesto di un seminario tenuto al Country Club di Fossadalbero alla presenza di tutti gli assessori. Che sia la volta buona?

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