Quintali e quintali di pesci morti per asfissia, rimasti senz’acqua a causa di un intoppo nella catena della burocrazia. Per giorni gli abitanti di Boara hanno assistito increduli e impotenti a una mattanza che si poteva evitare.
Tutto nasce dalla necessità di lavori di manutenzione lunga il tratto di via Copparo che attraversa la frazione di Boara. Per rifare il terrapieno e il manto stradale in alcuni punti, il Consorzio di bonifica ha prosciugato il relativo tratto di canale. Man mano che l’acqua andava scemando, già una decina di giorni fa erano visibili cumuli di pesci di varie dimensioni che si ammassavano per trovare rifugio nelle pozze più profonde.
Le prime segnalazioni agli enti competenti arrivano da un privato cittadino il 2 ottobre. A corredo della e-mail allega le foto di quanto sta assistendo da casa sua: “il pesce come potete notare inizia a morire. Diventa pertanto non solo un problema di etica, ma anche un problema igienico sanitario”. Infatti le fognature autorizzate delle abitazioni e delle attività della zona scaricano nel canale, rimasto prosciugato, “senza che via sia un minimo di scorrimento di acqua”.
Interviene l’Arci Pesca, che inizia a rastrellare parte della fauna ittica sopravvissuta. Le carcasse dei pesci morti però vengono abbandonate ai margini del canale, all’aperto.
Cosa è successo nella catena di responsabilità amministrativa? Una volta programmati i lavori di scavo del Consorzio di Bonifica, finanziati in parte dalla Provincia, sarebbe dovuta partire la comunicazione dello svuotamento del canale per far attivare la Provincia, E invece “ne siamo venuti a conoscenza solo venerdì scorso – afferma Stefano Lovo, responsabile Settore Pesca dell’amministrazione provinciale -; non appena ci è arrivata la segnalazione abbiamo allertato l’Università (che deve verificare il tipo di moria: da inquinamento, da basso livello idrico o sanitaria, ndr) e l’Arci Pesca che si è attivata per i recuperi”.
Recuperi non facili, specialmente in un condotto tubato, che ha reso necessario l’utilizzo di una batana. “Dopo trenta minuti dalla segnalazione, riprende Lovo -, i tecnici di Unife hanno verificato la carenza d’acqua. Abbiamo avvisato il Consorzio, che ci ha risposto che non era possibile reimmettere acqua nell’alveo fino alla fine dei lavori. A quel punto non è rimasto che attivare i volontari dell’Arci Pesca per salvare il salvabile. Solo nella giornata di mercoledì hanno salvato più di due quintali di pesce”. Ma molti altri pesci, diversi quintali, sono morti. E altri continuano a morire. “Non si riesce – ammette Lovo – a recuperare i pesci più piccoli con i retini”.
Era possibile evitare tutto questo? “Forse si poteva salvare qualche pesce in più. Il mio ufficio ha agito appena è stato avvertito. È mancato un minimo di informazione”.
Proprio per arginare le morie di fauna ittica è stata sottoscritta lo scorso 30 settembre una convenzione tra Provincia, Comune, Università, Arpa, Ausl e Consorzio di Bonifica. Non è bastato. “Spero che di questa situazione – ci scrive il cittadino che ha segnalato per primo quanto stava accadendo – vengano a conoscenza più cittadini possibile, perché nel 2015 non mi sembra una cosa più accettabile”.
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