Cronaca
7 Ottobre 2015
La legge regionale 20/2000 ha bisogno di cambiamenti. Per aiutare la rielaborazione va il libro "Fare la città"

La programmazione territoriale è da rifare

di Elisa Fornasini | 3 min

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OLYMPUS DIGITAL CAMERALa legge regionale 20/2000 non è più così innovativa, anzi, “è da rifare perché in questi quindici anni è cambiato il mondo”. Queste le parole del libro “Fare la città. L’esperienza di Ferrara nell’attuazione della L.R. 20/2000: riflessioni per l’urbanistica futura”, edito da Bononia University Press e presentato lunedì pomeriggio alla libreria Ibs. Dietro al tavolo i curatori del volume, Antonella Faggiani e Federico Gualandi, ne hanno parlato con l’assessore comunale Roberta Fusari, l’assessore regionale Patrizio Bianchi, il docente all’università Iuav di Venezia Francesco Gastaldi, l’urbanista Roberto Zancan e il dirigente Anci Emilia-Romagna Antonio Gioiellieri. Davanti al tavolo gli addetti ai lavori “a cui il libro è dedicato” come anticipa Dalia Bighinati, direttrice del tg di Telestense e moderatrice del dibattito.

In realtà il libro, inserito nella collana Anci, è stato pensato per la classe dirigente che nel 2016 dovrà elaborare un nuovo piano di programmazione territoriale. L’assessore regionale Raffaele Donini ha detto che basterà un anno per fare la legge. Ma sembra un’impresa quasi impossibile visti i tempi geologici dell’attuazione della legge 20/2000 della Regione Emilia-Romagna “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio”. Il volume vuole essere appunto un lungo ‘racconto ragionato’ di un’impresa durata 15 anni, tanto è lungo il lasso di tempo che il Comune di Ferrara ha impiegato per elaborare, adottare e approvare i tre strumenti urbanistici introdotti da questa legge: Piano Strutturale Comunale (Psc), Regolamento Urbanistico Edilizio (Rue), Piano Operativo Comunale (Poc).

Tre sigle che ‘spaventano’ gli stessi amministratori, urbanisti e tecnici del settore che chiedono un cambio di paradigma così come è cambiato il ruolo della programmazione negli ultimi 15 anni. Il primo cambiamento richiesto è l’attuazione di un linguaggio univoco per i 248 Comuni dell’Emilia Romagna. “Si parla tanto di semplificazione della burocrazia ma per ora è solo uno slogan – critica Fusari – perché non è possibile impiegare così tanti anni per preparare un piano a causa della difficoltà del linguaggio. Spero nella riscrittura della nuova legge: i tecnicismi ci devono essere ma serve un linguaggio comprensibile”. “Esiste una delibera regionale per unificare le diverse sigle” rivela Gioiellieri secondo cui si tratta di “un lavoro difficile ma indispensabile”. In questa direzione va anche il libro di Anci, “che spero possa essere un contributo effettivo per mettere ordine concettuale tra le parole e per chiarire la direzione di marcia”.

“Veniamo da un progetto per l’espansione ma dovremmo mettere pesantemente le mani sulla rigenerazione dei consolidati urbani in periferia” prosegue il dirigente Anci che detta così le linee guida del futuro per l’elaborazione del nuovo documento strategico e della successiva legge. Un lavoro che non parte da zero “ma che fa tesoro dell’esperienza innovativa fin qui condotta”. Nonostante i demeriti, infatti, la legge 20/2000 è stata preziosa per creare una collaborazione tra programmazione territoriale e crescita economica. “A distanza di 15 anni, gli strumenti pensati per costruire questo nesso tra tendenze espansionistiche, consumo di territorio e politiche di riqualificazione si sono esauriti – ribadisce Gioiellieri -. L’indiscutibile cambio di contesto ci chiede un cambio di paradigma: dobbiamo dotarci di una pianificazione territoriale che abbia una visione strategica e una diversa articolazione di strumenti”.

La nuova legge regionale non sarà quindi limitata alle aree urbane. “La programmazione del territorio va al di la dei siti strettamente urbani – conferma Bianchi – e la sfida della giunta sarà quella di immaginare una programmazione urbana calata in una programmazione territoriale più ampia: il ragionamento non sarà limitato alle aree urbane ma anche agli assi del fiume, della costa e della montagna. L’errore è stato aver chiamato città metropolitana qualcosa che città metropolitana non è – dichiara l’assessore regionale -perché siamo costretti a intervenire in fenomeni che cedono alla nostra capacità di programmazione. Ci servono livelli di programmazione più alti per intervenire su degli ambiti che sono più ampi”. Il futuro è tutto da ricostruire. Anzi, da rigenerare.

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