Cronaca
6 Ottobre 2015
Ecco cosa è successo il 9 settembre durante la violenta rapina terminata con l'abbandono del corpo dell'anziano

Omicidio Tartari, l’autentica ricostruzione del delitto

di Redazione | 5 min

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scomparso 2Oltre ad aver chiuso il cerchio sulla banda che ha rapinato, sequestrato e ucciso Pierluigi Tartari, gli inquirenti hanno ormai ricostruito gran parte delle fasi della vicenda, sebbene restino ancora diversi punti interrogativi, in particolare sulle motivazioni che hanno spinto i malviventi all’omicidio del pensionato.

La ricostruzione.

Il giorno dell’omicidio di Tartari è lo stesso del giorno in cui viene compiuta la rapina. Alle 20.30-21 circa i tre banditi parcheggiano l’Alfa 156 scura di Huber Sandor, il capo della banda, a 150 metri dall’abitazione del 73enne, in via Ricciardelli ad Aguscello. Scavalcano la recinzione e trovano tutto immerso nel buio, a parte la luce di alcuni faretti esterni, che rompono per poter agire col favore delle tenebre. Vengono però “disturbati” da Tartari, che in quel momento rientra a casa da Copparo, parcheggia la sua Opel Corsa fuori dal garage ed entra nella sua abitazione senza però chiudere bene la porta. L’uomo porta con sé una pizza, che ripone in cucina nel frigo, mettendosi poi al lavabo per le faccende di casa. Lo scroscio dell’acqua gli impedisce di sentire che nel frattempo i tre criminali sono penetrati in casa. Si volta e se li trova che sono ormai di fronte. Huber a quel punto scaglia una manata in pieno petto al pensionato, che sbatte contro il muro e rovina a terra. Una volta a terra è sempre Huber a infierire su di lui con un tubo in plastica, colpendolo più volte anche alle gambe (e probabilmente anche alla testa vista la presenza del sangue trovato sul pavimento). Gli viene chiesto di consegnare tutto ciò che ha e l’anziano risponde di non avere niente (è la frase sentita e riferita agli inquirenti dalla badante della vicina, madre di uno dei rapinatori). Tartari infine consegna bancomat e carta di credito ai suoi aguzzini, fornendo il pin del primo documento. Huber lascia Patrik Ruszo e Constantin Fiti con Tartari e si reca alla filiale Carife di via Comacchio, dove viene effettuato il primo prelievo con il bancomat del pensionato di 250 euro. Sono le 21.37. Huber fa ritorno nella casa di Tartari. Non si spiega perché poi i rapinatori si siano accaniti contro Tartari. Forse perché il pin della carta di credito, necessario per prelievi allo sportello automatico, è diverso da quello del bancomat e Tartari non lo aveva fornito. O forse a qualcuno dei banditi è “scappata la mano”, allo stesso Huber o a Fiti durante l’assenza del capo, quest’ultimo già conosciuto dalle forze dell’ordine come personaggio violento.

Fattostà che i tre legano e imbavagliano Tartari, già moribondo, e lo caricano sui sedili posteriori della Opel attorno alle 23.30, non prima di aver rubato i fucili dall’abitazine del fratello di Tartari, al piano superiore, dove sono andati a colpo sicuro prelevandoli da sotto il letto (particolare curioso è che nella casa di Pierluigi Tartari c’è una piccola cassaforte nascosta dietro un calendario che non risulta forzata e che nascondeva qualche prezioso). A guidare la Opel del pensionato è Patrik (Fiti non ha la patente), mentre Huber li segue sulla sua Alfa 156. Hanno già deciso di abbandonarlo nel casolare di Fondo Reno in cui è stato ritrovato cadavere. I tre rapinatori devono aver pensato che se non fosse stato ritrovato il corpo, in caso di cattura, sarebbero stati incriminati per la sola rapina. Nei pressi del casolare le due auto vengono notate da qualcuno, che dopo il ritrovamento del corpo di Tartari fornisce indicazioni alla polizia relativamente alla presenza della Opel e dell’Alfa quella sera, mentre la targa dell’Alfa finisce nelle mani degli inquirenti nei giorni successivi la scomparsa di Tartari, fornita da testimoni che ne avevano notato il passaggio ad Aguscello prima del 9 settembre, nel corso di sopralluoghi compiuti dalla banda che avevano destato sospetti. Quando abbandonano il corpo di Tartari, probabilmente ancora vivo ma moribondo, Patrik rimane nell’auto mentre Huber e Fiti lo trascinano nel casolare all’interno di un boschetto. Qui restano circa dieci minuti, durante i quali si fumano anche una sigaretta. Non si sa se all’interno del casolare all’anziano sia stato dato il colpo di grazia, per evitare che in caso di immediato ritrovamento l’anziano potesse riconoscere i suoi rapinatori. Un particolare, quest’ultimo, che forse nemmeno l’autopsia potrà rivelare.

Huber Sandor

Huber Sandor

In seguito i tre effettuano altri prelievi con bancomat e acquisti con la carta di credito di Tartari. Il primo all’1.40 all’Unicredit di via Padova e nei giorni successivi in vari centri commerciali, compreso un negozio sportivo al centro commerciale “Le Mura” dove, secondo la versione di Fiti, che continua a professarsi innocente, gli sarebbe stato regalato un paio di scarpe nuove da persone da lui appena conosciute. Gli inquirenti tuttavia pensano di avere prove schiaccianti del fatto che tutti i componenti della banda hanno usato la carta di credito di Tartari, esibendo ogni volta anche la carta d’identità dell’anziano. Il giorno successivo l’abbandono del corpo del 73enne, poi, Patrik Ruszo ha impartito alcune lezioni di guida a Fiti con la Opel di Tartari, ma hanno sbattuto e forato, lasciando l’auto attorno alle 21 nel luogo del suo ritrovamento, nei pressi del cimitero di Mizzana.

Constantin Fiti e Patrik Ruszo

Constantin Fiti e Patrik Ruszo

I tre nei giorni successivi si ritrovavano in un bar del Darsena City, dove a volte si recava anche la madre di Patrik con il suo compagno. La badante, dopo l’omicidio, li ha incontrati alcune volte, ma pare non sapesse nulla di quanto accaduto.

fiti al bar

Fiti mentre legge i giornali al bar

Gli inquirenti sono sulle tracce di Fiti, al quale arrivano tramite il padre della sua ex compagna e dalle immagini catturate dalle telecamere di sorveglianza del centro commerciale (Fiti è una vecchia conoscenza della polizia e dalle immagini viene riconosciuto), e lo tengono d’occhio. Ma Fiti legge spesso i giornali e manifesta l’intenzione di fuggirsene in Romania. E’ a quel punto che, per evitarne la fuga, la squadra mobile fa scattare il fermo. Fiti, inoltre, era stato segnalato assieme a Huber nei sotterranei dell’ospedale di Cona a marzo, dove sono stati ‘pizzicati’ a dormire e allontanati. I due si conoscevano bene.

IMG_20150926_105711Più difficoltosa l’identificazione di Patrik Ruszo: il 19enne non è mai stato segnalato in precedenza e gli inquirenti riescono a capire che potrebbe trattarsi di uno dei componenti della banda anche attraverso le immagini di Facebook. Di lui a un certo punto si erano perse le tracce, ma è stato grazie alla Polfer di Padova che il suo tentativo di fuga è fallito.

Infine la cattura di Huber, il capo della banda, fuggito il 20 settembre e rintracciato il 3 ottobre in Slovacchia in un paesino ai confini con l’Ungheria dopo serrate indagini.

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