Eventi e cultura
5 Ottobre 2015
Dialogo tra lo scrittore e il fumettista nell'ultimo evento del Festival di Internazionale

Il genocidio in Kurdistan visto da Sofri e Zerocalcare

di Redazione | 3 min

(foto di Alessandro Castaldi)

di Francesco Altavilla

“Forse il primo incontro conclusivo del festival in cui non ci sono gli interpreti”. Quello tra Michele Rech, in arte Zerocalcare e Adriano Sofri, moderato da Marino Sinibaldi è stato l’ultimo atto della tre giorni che ha portato “giornalisti da tutto il mondo” a Ferrara, tenutosi, come da tradizione al teatro Comunale nel pomeriggio di domenica.

La discussione, cui hanno fatto da cornice le contestazioni fuori dal Teatro di alcuni attivisti di Fratelli d’Italia, ha preso le mosse dalle “passioni e le ossessioni di due ospiti, che convergono verso un preciso punto delle carte geografiche”. Il punto è il Kurdistan siriano, la regione del Rojava per essere precisi.

È Adriano Sofri ad ammetterlo per primo: “Dichiaro di essere ossessionato dalla situazione del vicino oriente, da quello che succede, come sono stato ossessionato da quanto succedeva nella ex Jugoslavia, in Bosnia, precisamente a Sarajevo”, un massacro a senso unico ha detto Sofri, “che la comunità internazionale lascia correre, salvo poi a posteriori definirlo ‘genocidio’ di cui tutti noi siamo a conoscenza oggi”.

Svanito l’imbarazzo per essere seduto di fianco a “una delle capocce più lucide del paese” ha ammesso di essere “un po’ monotematico rispetto alle mie passioni” ultimamente. Passioni che hanno portato il fumettista proprio nel Rojava, un’esperienza da cui è nato il reportage “Kobane Calling”, pubblicato da Internazionale. Un’esperienza di cui Zerocalcare ha voluto ricordare soprattutto “l’altra faccia: l’esperienza dei curdi, quello che stanno costruendo, oltre alla resistenza militare, ma anche gli aspetti sociali ed economici”. L’amarezza per “il silenzio dei media mainstream” si mescola, secondo “Calcà” con “l’entusiasmo per la scoperta di qualcosa di nuovo e di diverso” fatta a pochi chilometri dal fronte della resistenza allo Stato Islamico.

Dall’indignazione la discussione si è spostata verso il senso della militanza, “semplice quando è chiaro chi è il nemico” secondo Sofri, “ma molto più difficoltoso quando le fazioni si fanno più sfumate”. Il rischio, per chi decida di recarsi nel vicino oriente, ha fatto presente Sofri, “e che deve essere preparato, perché il rischio peggiore non è essere uccisi, ma essere catturati dal Daesh”. La forza delle immagini, come la foto di Aylan “che non ha nulla a che fare con il giornalismo” ha fatto presente Sofri”, è enorme secondo Zerocalcare che ha detto di porsi il problema di “far qualcosa che serva con i miei disegni”.

Ultime battute riservate all’evoluzione dell’informazione, dai giornali ai social network. Adriano Sofri si è detto “contrario all’ordine dei giornalisti” e affezionato alla carta stampata tanto da usare Facebook “solo per caricare i miei articoli, lasciando liberi tutti i commenti anche quelli in cui vengo definito ‘orribile assassino’”. Il fumettista di Rebibbia ha notato che “al giorno d’oggi su Internet e sui social c’è poco spazio per l’approfondimento”.

Conclusione, con domande dal pubblico, che portano la discussione sul caso di Erri De Luca, definito da Sofri “una sciocchezza grottesca” fatta da chi lo ha accusato e da Zerocalcare “un’aberrazione nell’aberrazione”, riferendosi ai “militanti No Tav imputati per danno all’immagine dello Stato, e condannati a risarcimenti milionari, mentre chi è stato imputato per Mafia Capitale questo rischio non lo corre nemmeno”.

In chiusura del Festival il sindaco Tiziano Tagliani ha ringraziato Internazionale, lasciando l’ultimo pensiero a Medici Senza Frontiere dopo il bombardamento dell’ospedale di Kunduz da parte della Nato.

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