Cronaca
5 Ottobre 2015
Alla Festa della legalità e della responsabilità Enzo Ciconte e Pierpaolo Romani fanno il punto sulle mafie in regione

Amministratori sotto tiro, l’altra faccia della casta

di Redazione | 4 min

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amministratori sapigni legalitàdi Federica Pezzoli

Quest’anno il premio “Cittadinanza responsabile”, assegnato dal Consiglio Comunale nell’ambito della Festa della legalità e della responsabilità, “esce dai confini della nostra provincia e della nostra regione e viene conferito al magistrato Antonino di Matteo”. Ad annunciarlo è stata l’assessora Chiara Sapigni questa mattina nella Sala del Consiglio comunale, aprendo il primo incontro di questa sesta edizione della Festa della Legalità e della responsabilità, dopo l’anteprima “Come insegnare la mafia” nel corso di Unifestival.

La motivazione è “il lavoro di risveglio delle coscienze” che di Matteo porta avanti anche al di fuori della sua attività di magistrato della Procura della Repubblica di Palermo, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, “contro la mafia del voltarsi dall’altra parte”, “la sua figura rappresenta per tutti noi un invito all’impegno civile”, conclude Sapigni.

Ospiti della mattinata, dal titolo “Amministratori per la legalità”, sono stati Enzo Ciconte, scrittore, docente universitario e consulente della commissione parlamentare antimafia, e Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale dell’associazione Avviso Pubblico – Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie.

Per Ciconte la presenza della criminalità organizzata in Emilia Romagna non è una novità dell’inchiesta Aemilia: “Il primo tentativo di fare una ricognizione” è stato fatto anni fa proprio da lui su sollecitazione della Regione, “che voleva capire cosa stesse succedendo”, e il risultato è stato il volume “Mafia, camorra e ‘ndrangheta in Emilia Romagna” del 1998.

Lo studioso ne è sicuro: “Non c’era allora e non c’è nemmeno oggi un controllo del territorio emiliano romagnolo” da parte delle tre mafie storiche, però in questi anni alcune cose sono cambiate: c’è stata una “trasformazione di alcuni segmenti dell’imprenditoria” e, a livello locale come nazionale, c’è stato “un cambiamento della politica”. Venti anni fa “gli imprenditori comparivano negli atti giudiziari come vittime delle richieste estorsive da parte dei mafiosi, oggi nell’inchiesta Aemilia gli imprenditori fanno affari con la ‘ndrangheta e a volte sono loro a chiedere i suoi servizi”, come accade per esempio nell’edilizia “per avere tranquillità sui cantieri”, afferma Ciconte. Per quanto riguarda il mondo della politica, “fino a pochi anni fa non c’erano rapporti”, ma nel frattempo “è cambiato il meccanismo di selezione”, che ha sempre meno a che fare con la storia di una persona dentro un partito o un’amministrazione: “Non hanno più retroterra politico e soprattutto hanno bisogno di voti” perché “il refrain è “bisogna vincere”, per far cosa è un aspetto secondario”. Ciconte conclude però che fare di tutta l’erba un fascio e mettere tutti sullo stesso piano “sarebbe un errore clamoroso”. La terza novità sono i giornalisti emiliani “che per aver fatto il proprio mestiere sono stati minacciati”: è un segnale “che le mafie si vogliono radicare anche qui e per farlo hanno bisogno di una stampa che si faccia i fatti suoi”.

E’ proprio qui il ‘problema’ delle mafie nella nostra regione, secondo Ciconte: i cittadini e gli amministratori non sono abituati a farsi i fatti propri. E questo è dimostrato anche dal fatto che “i paletti messi dalla Regione hanno funzionato e non hanno permesso infiltrazioni” negli appalti post-sisma, se non marginalmente. “Nonostante l’operazione Aemilia e nonostante i problemi ci siano, qui in Emilia Romagna avete le forze e la volontà per superarli”.

Puntare i riflettori su chi fa bene il proprio mestiere di amministratore o funzionario pubblico e per questo viene minacciato è una delle attività di Avviso pubblico, associazione che riunisce enti locali, nata nel 1996 proprio per iniziativa di un giovane sindaco di Savignano sul Panaro in provincia di Modena. Dal 2010 Avviso Pubblico redige ogni anno “Amministratori sotto tiro”, un rapporto che censisce gli episodi di minacce e intimidazioni. E domenica mattina Romani ha dato qualche anticipazione sul Rapporto del 2014. “L’80-85% degli episodi avviene ancora al Sud, dove si registrano anche incendi di case, auto e persino delle sale dei consigli comunale o degli uffici tecnici e delle anagrafi; nel centro-nord registriamo sì un aumento, ma con una modalità diversa: sono soprattutto lettere intimidatorie, spesso accompagnate da proiettili”. Nel 2013 l’associazione aveva censito 351 atti intimidatori, “praticamente uno al giorno” sottolinea Romani, di cui 10 in Emilia Romagna. “Quest’anno vi anticipo che saranno di più” a livello nazionale, mentre nella nostra regione si osserva il trend inverso: diminuiscono da dieci a sette (tre a Bologna, uno a Modena, uno a Finale Emilia, due a Rimini). Romani sottolinea anche che purtroppo questi documenti restituiscono per loro natura solo un’immagine parziale del fenomeno: contengono infatti solo i fatti che vengono “raccontati dalla stampa” o denunciati alle forze dell’ordine.

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