Politica
19 Settembre 2015
I manifestanti (e Sel) replicano alle durissime parole del Pd dopo la protesta contro Stefania Giannini

“Le contestazioni al ministro voce di una democrazia violata”

di Daniele Oppo | 6 min

WP_20150917_21_58_08_ProÈ una lunga lista di sigle quella che spiega le ragioni della protesta, mostra rammarico per il mancato confronto con il ministro Stefania Giannini, ma rivendica le grida e le contestazioni come “la voce dolorosa di una democrazia violata da mesi di non ascolto e mancato dialogo“.

La nota è firmata da Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal, Gilda-Unmas, Rete degli Studenti, Unione degli Studenti, Anpi provinciale, Comitato a sostegno della Lip (Legge di Iniziativa Popolare per una Buona Scuola per la Repubblica), Mce Ferrara e Proteo FareSapere Ferrara. Insomma, dalle organizzazioni che hanno dato vita alla contestazione, definite – per rimanere alle frasi più soft – “fasciste” da molti esponenti del Pd.

“I sindacati, i movimenti, le associazioni, che hanno indetto insieme tutte le manifestazioni pubbliche contro la riforma della scuola – si legge nella nota – hanno partecipato all’incontro con il ministro Giannini organizzato all’interno della festa dell’Unità del Partito Democratico dal tema “la Scuola in festa”, con l’intenzione di poter intervenire per rappresentare le criticità della legge 107, la cosiddetta Buona Scuola. Questo, nostro malgrado, non è stato possibile. E stato detto che la democrazia era venuta meno, ma noi chiediamo: È democratico da parte del governo aver violato la sovranità popolare procedendo d’imperio attraverso una proposta di legge blindata, ponendo il voto di fiducia ed utilizzando lo strumento delle deleghe in bianco? È democratico impedire il dibattito e il libero confronto su una legge da cui dipenderà il futuro del Paese come è avvenuto nell’ultimo anno? È democratico ignorare le richieste di ascolto di chi nella scuola opera e vive quotidianamente? È democratico strutturare la scuola in modo conflittuale e competitivo creando così istituti di serie A e serie B? è democratico aver eluso le richieste di dialogo e concertazione provenienti dalle Organizzazioni Sindacali e aver ignorato il più grande sciopero della storia della scuola come quello del 5 maggio 2015?”.

Su ciò che è successo in piazzetta San Nicolò interviene in prima persona – con un post sul suo blog- anche uno dei protagonisti della protesta: l’insegnante e referente ferrarese per la Lip Mauro Presini: “Ciascuno di noi – scrive Presini – oltre a mostrare inizialmente cartelli con slogan contro la cosiddetta “Buona scuola”, era pronto a chiedere di intervenire nel merito confidando che in una simile occasione almeno questo sarebbe stato concesso. Ma dopo mesi di non ascolto e dopo una “riforma” della scuola imposta con la negazione del dialogo, anche nella serata ferrarese col ministro e con la responsabile scuola del PD, abbiamo assistito alla scelta di non far intervenire le persone della platea che affollavano la piazzetta. Infatti, nel tentativo di calmare gli animi di chi ha dato il benvenuto al ministro invitandola a dare le dimissioni e a vergognarsi, il segretario regionale del PD Paolo Calvano ha proposto prima un incontro con una delegazione dei manifestanti alla fine del discorso del ministro, poi, visto l’insuccesso dell’idea, ha chiesto a uno dei precari di farsi portavoce e di dialogare con la Giannini. Ciò naturalmente ha surriscaldato gli animi di qualcuno proprio perché la nostra intenzione era quella di intervenire in diversi, davanti alla platea e non dopo, a parte, separati, ancora una volta senza poter essere ascoltati“.

Presini parla anche delle reazioni molto avverse da parte di alcuni esponenti del Pd: “Quello che risponderei a chi, facendo di tutta l’erba un fascio, ci ha apostrofato come “fascisti” (e ancor prima come “squadristi“) è di riflettere un po’ di più sui termini che si usano perché c’è il rischio, come scriveva Stefano Benni, di finir con l’assomigliare alle parole che si dicono”.

Alessandra Tuffanelli, coordinatrice provinciale di Sel, contesta le parole di reazione espresse dal Pd, soprattutto l’appellativo di “fascisti” affibbiato ai manifestanti (l’intervento integrale è nelle lettere al direttore): “Posso immaginare che sia stata una situazione difficile, ma anche prevedibile per gli organizzatori, visto che succede abbastanza spesso – osserva Tuffanelli -. Ma, la cosa che mi ha colpito sono i toni utilizzati nelle aspre critiche lette nelle pagine Facebook di autorevoli esponenti del Pd locale, impegnati nell’amministrazione comunale e nella gestione del partito. Toni e termini, usati nei confronti di chi ha protestato, che lasciano sconcertati. La frustrazione e, perché no, l’arrabbiatura provate di fronte ad una protesta, possono trovare comprensione. Ma, come diceva Nanni Moretti nel 1989, le parole sono importanti: “fascista” è un termine pesante che riporta a tristi momenti del nostro passato. Prima di utilizzarlo bisognerebbe pensarci bene, soprattutto quando si riveste un ruolo pubblico e per primi si ha la responsabilità di rappresentare anche un dovere educativo della politica che dovrebbe essere improntata alla capacità di mediazione del conflitto e, nel caso di uso, a mio parere, improprio, di termini come “fascisti”, al rispetto di quanti, donne e uomini, qualche decina di anni fa, il fascismo lo hanno vissuto sulla loro pelle e hanno lottato e dato la vita per liberarne il nostro paese. Che sia accaduta di riflesso nell’incontrollato fervore del momento – prosegue la coordinatrice di Sel – che possa essere dovuta ad un improvviso vuoto storico-lessicale collettivo di alcuni esponenti politici locali, o ancora che sia stato un malriuscito tentativo di screditare e delegittimare una protesta, forse troppo animata e per alcuni troppo poco civile, ma indubbiamente legittima, poco importa. Mi auguro di leggere quanto prima, magari su quelle stesse pagine di Facebook, una pronta ed efficace rettifica da parte delle persone che hanno utilizzato toni e termini ingiustificabili”.

Per Elisa Corridoni, segretaria del circolo Prc Rosa Luxemburg, non permettere a qualcuno di parlare non è giusto e  “il mondo sarebbe meraviglioso se tutti si fosse disponibili all’ascolto ed al confronto, se si provasse a capire le altrui ragioni”. “Però, sì questa volta c’è un però grande come una casa – sottolinea -: i signori e le signore che non hanno parlato sono coloro che parlano sempre, l’unica voce che trova spazio sui media e sono coloro che hanno sempre rifiutato il dialogo ad ogni livello e nelle varie occasioni. Sono coloro che hanno ignorato la Lip, promossa da chi la scuola la vive ma hanno pensato giusto dare credito ai 62mila questionari online compilati sulla c.d. “buona scuola”. Sono coloro che hanno liquidato le proteste di insegnanti e studenti con uno sprezzante “non capiscono”. Sono anche coloro che hanno proceduto alla riforma tramite Decreto Legge (atto del Governo) e poi voto di fiducia oltretutto su una legge composta da un solo articolo e da 9 deleghe in bianco al Governo. Insomma, hanno riformato la scuola privando il Parlamento del suo naturale compito di discussione e mediazione. Invocare oggi il dialogo ha del ridicolo, visto che siamo a riforma approvata – continua Corridoni -. Esistono i tempi per le discussioni e le mediazioni e i tempi per la contestazione, e la contestazione, che questi “signori” lo vogliano o meno, è l’unico strumento nelle mani di chi non detiene il potere e si vede sopraffare con scelte che vengono prese sulle proprie teste e ignorandone le volontà”.

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