Cronaca
4 Settembre 2015
Nasce il progetto di Comune e associazioni per trasformare l'assistenzialismo passivo in vera integrazione

I migranti si mettono in gioco per la pulizia della città

di Ruggero Veronese | 3 min

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Vigilia di Natale finita a pugni tra due fratelli

Era la vigilia di Natale dello scorso anno. Per le feste si ritrovano assieme, con le rispettive famiglie, due fratelli tra i quali, per questioni legate all'eredità paterna, negli ultimi tempi non corre buon sangue. Il più giovane dei due, classe 1976, abita nella casa di Pieve di Cento ereditata come proprietà indivisa

unnamed (9)La strada da percorrere è sempre quella: trasformare un modello di assistenzialismo ‘passivo’ in uno strumento di vera integrazione culturale e formazione professionale. Ovvero – mettendo da parte ogni tecnicismo – insegnare ai profughi e ai richiedenti asilo che, mettendosi in gioco e aiutando la comunità, saranno sempre ben accetti sul territorio ferrarese. E allo stesso tempo dimostrare alla popolazione locale, sempre più in tentata dalle facili generalizzazioni, che non necessariamente l’immigrazione implica degrado o criminalità. Anzi: se indirizzata con intelligenza, può servire proprio a contrastare questi fenomeni.

È questa la filosofia da cui nasce il nuovo progetto messo in piedi dal Comune di Ferrara assieme all’associazione di volontariato Anolf, alla comunità di accoglienza La Casona e a Ferrara Mia, con il supporto di Hera. In luglio infatti alcuni richiedenti asilo dei programmi Mare Nostrum e Sprar si sono proposti come volontari per poter ‘ricambiare il favore’ verso la città che li ospita e gli enti e le associazioni coinvolte hanno colto al volo l’occasione: nel giro di un paio di mesi sei ragazzi (un senegalese, due afghani e tre pakistani) hanno frequentato un corso di formazione come operatori ecologici e dalla settimana scorsa girano per la zona Gad spazzando strade e vialetti e raccogliendo pattume e immondizia. Una prova sul campo molto importante, visto che l’obiettivo dichiarato di operatori e amministrazione comunale è quello di coinvolgere più migranti possibile nel progetto. “In questo momento siamo ancora in una fase di sperimentazione – dichiara l’assessore ai lavori pubblici Aldo Modonesi -, che può essere vista come una sorta di ‘stress test’ prima di una diffusione su scala più ampia”.

unnamed (11)Ragionamenti che per il momento non toccano Jabbar, Hayat e Lassana, i tre ragazzi impegnati nella pulizia del parco in piazzale Giordano Bruno. Timidi e un po’ imbarazzati, preferiscono concentrarsi sulle proprie mansioni piuttosto che parlare davanti alle telecamere. Meglio prenderli da parte con più tranquillità e farsi raccontare, come nel caso di Lassana, delle loro speranze di trovare un lavoro in Italia e di come il volontariato sia importante per mettere il naso fuori dalla comunità e prendere confidenza con la realtà ferrarese. “Qual è il mio obiettivo? Qua mi piace e la gente ci tratta bene – risponde mischiando inglese e francese -. Voglio trovare un lavoro, ma se non riesco andrò via dall’Italia. L’importante è lavorare”.

Una speranza a cui purtroppo, al momento, nessuno può dare risposta: durante i sei mesi di iter in cui i migranti sono classificati come ‘richiedenti asilo’, nessuno di loro può sottoscrivere un contratto di lavoro. E il rischio è che, al termine dei piani di accoglienza, centinaia di persone escano dall’impasse burocratico senza nel frattempo aver maturato alcuna esperienza, senza aver allacciato contatti professionali e a volte già troppo abituati a ricevere assistenza senza corrispondere nulla in cambio. E in questo contesto, mettersi alla prova come volontari è l’unica strada percorribile per cominciare un percorso di integrazione. Ne è consapevole il 27enne coordinatore della Casona Andrea Fergnani, che vive – nel vero senso della parola – assieme agli ospiti della comunità. “Questo progetto è un punto di incontro tra la società civile e i migranti – afferma Fergnani -, che sono molto grati di potervi prendere parte e di poter uscire allo scoperto, fronteggiando una realtà diversa da quella della comunità”.

unnamed (10)“Per noi – afferma la responsabile di Anolf Bruna Barberis – la missione è la lotta a tutte le forme di xenofobia. Riteniamo che la tua casa sia dove vivi, quindi anche questi ragazzi devono anche poter contribuire a lavorare per la comunità. È un progetto che ci è subito piaciuto tantissimo perché si va oltre all’assistenzialismo puro: c’è un coinvolgimento vero, che speriamo di riuscire ad ampliare il più possibile”.

 

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