Egregio Signor Direttore,
meraviglia lo stupore che emerge dalle colonne dei giornali per il silenzio di quasi trentamila cittadini ferraresi che hanno visto svanire (in qualche caso) gran parte del proprio risparmio famigliare, a seguito dell’Assemblea dei soci CARIFE del 30 u.s., come deciso dai Commissari, dopo un periodo di Amministrazione Straordinaria della Banca, stabilito nei silenziosi ed ovattati uffici della Banca d’Italia a Roma. Si spera solo che la prudenza nelle valutazioni delle poste di bilancio non sia stata eccessiva da parte dei Commissari, o, meglio, che sia stata tale per cui poter sperare in un positivo miglioramento della situazione patrimoniale nel breve/medio periodo.
Ma che cosa potevano fare i ferraresi, titolari di azioni della Banca della loro città, di fronte a decisioni già prese, quando il maggiore azionista, la Fondazione CARIFE, ha visto la propria partecipazione qualificata scendere, obtorto collo, da quasi il sessanta per cento del capitale della propria controllata ad un misero tre per cento in modo quasi altrettanto silenzioso?
Nel mio piccolo, non potendo far nulla per difendere il valore delle mie centocinquanta azioni, e non avendo la possibilità di partecipare all’Assemblea a causa di precedenti impegni, ho delegato un’Associazione presente in Assemblea, con il mandato a fare presente il mio stupore (e, ritengo, anche quello di tanti altri soci) in quanto la Banca d’Italia ha autorizzato un aumento del capitale della CARIFE nel 2011, ben sapendo che tali denari sarebbero stati abbondantemente “bruciati” dalla situazione patrimoniale che l’Istituto di emissione conosceva perfettamente già da un paio d’anni prima; quindi, l’Istituto Centrale sapeva perfettamente che le cinquanta azioni, da me sottoscritte per l’aumento del capitale sociale, sarebbero stati soldi che, dalla mia disponibilità, sarebbero finiti nell’immenso braciere così “organizzato”.
Stupisce altresì la meraviglia dei parlamentari e Ministri ferraresi, o, meglio, la loro dichiarata “non conoscenza” della situazione della banca cittadina, quasi che questi onorevoli abbiano vissuto su Marte, negli ultimi dieci/quindici anni.
L’unico che mi pare abbia detto una qualche verità sulle pagine locali, anche se parte in causa nel peggioramento della situazione patrimoniale della Banca, mi pare sia stato l’Ing. Mascellani; la debacle della Banca cittadina ha preso abbrivio da finanziamenti consistenti e sproporzionati ad una grossa cooperativa argentana di costruzioni, poi fallita, durante un periodo ben preciso, quando nel CdA della CARIFE sedeva un qualche potente del mondo cooperativo. La valanga pare essere partita di là; gli investimenti spropositati ad immobiliaristi milanesi, l’acquisizione di altre partecipazioni bancarie e quant’altro non sono altro che l’effetto di accrescimento della valanga, causati dalla necessità di coprire, prima, col tentativo di ripianare, poi, le perdite partite di là e che, anziché diminuire, continuavano ad incrementare, senza che si potessero conoscerne le entità.
Naturalmente queste mie valutazioni sono empiriche e basate unicamente sul buon senso, non avendo conoscenza diretta e precisa delle vicende, benché abbia lavorato per una società del Gruppo CARIFE per qualche anno, fino al 2004.
Sta di fatto che, come ferrarese, mi sento defraudato non tanto per la perdita economica che ha subito il mio risparmio famigliare, quanto perché credevo di aver fatto un “salto di qualità”, nel 1995, con il passaggio nel Gruppo CARIFE, e mi sentivo orgoglioso di operare, anche se indirettamente, per la Banca della mia città.
Spiace che persone che posso ben considerare ex colleghi (anche se non ho avuto il piacere di conoscerle personalmente) abbiano perso la vita per queste “strane” e, per loro, terribili, vicende; a loro rivolgo un commosso ricordo con la mia vicinanza al dolore delle rispettive famiglie.
Ringrazio per la gentile attenzione e colgo l’occasione per inviare cordiali saluti.
Lucio Maccapani
Pensionato Sifer SpA