Cronaca
2 Agosto 2015
Nel 35° anniversario dell'attentato il racconto del decano del giornalismo ferrarese Gian Pietro Testa

Strage di Bologna: “Politica e terrorismo andavano a braccetto”

di Redazione | 3 min
Gian Pietro Testa

Gian Pietro Testa

Era il 2 agosto del 1980 e quel giorno non lo scorderà mai. Gian Pietro Testa, decano del giornalismo ferrarese, era appena tornato dalle vacanze quando, allora inviato speciale de L’Unità, gli comunicarono di portarsi alla stazione di Bologna, dove era appena avvenuta una strage. Della strage di Bologna Gian Pietro Testa si occupò anche negli anni successivi, seguendone le vicende giudiziarie, i depistaggi, la conclusione e i tanti interrogativi ancora aperti. Una ferita ancora da rimarginare quella del più grave atto terroristico del dopoguerra, che causò 85 morti e 200 feriti, e che oggi, a distanza di 35 anni, non manca di sollevare  polemiche. Oggi, nell’anniversario della strage, si tornerà a fare silenzio nella piazza della stazione di Bologna, ma Testa questa volta non ci sarà.

“Non ci vado più – spiega Gian Pietro Testa – un po’ perché convalescente, ma soprattutto perché non mi va di sentire le stesse cose ogni volta sulle richieste di far luce e verità sui fatti. La verità è già scritta e sta tutta nei documenti prodotti dai magistrati. Ci si è lavorato per anni ed è tutto lì, solo che nessuno sembra abbia voglia di realizzare quanto è stato messo nero su bianco. La politica si è sempre fatta attraverso il terrorismo”.

All’epoca vennero individuati gli esecutori materiali dell’atto terroristico (militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari), ma sui mandanti non venne mai fatta luce. Anche quest’anno, alla vigilia della cerimonia a Bologna, non sono mancate le polemiche tra l’associazione dei familiari delle vittime, di cui è presidente il deputato Pd Paolo Bolognesi, e il governo, al quale lo stesso Bolognesi ha chiesto di rispettare gli impegni sulla desecretazione degli atti, i risarcimenti e l’approvazione della legge che introduce il reato di depistaggio.

“Depistaggi ce ne sono stati eccome – racconta Testa – basti dire che il sottoscritto venne rinviato a giudizio per calunnia nei confronti della magistratura bolognese, perché scrissi che i magistrati venivano presi per il naso dai servizi segreti. Guarda caso dopo un anno circa proprio un carabiniere dei servizi segreti venne condannato per aver messo le mani nelle indagini al fine di condurle dove avrebbero voluto loro. Ma i magistrati, molti dei quali rimossi perché davano fastidio, hanno comunque tutto. I mandanti? I servizi segreti, appunto, assieme alla destra. Si voleva trasformare l’Italia in un Paese di destra”.

Gian Pietro Testa ricorda ancora molto bene il giorno della strage. “Sono stato uno dei primi ad arrivare sul posto. E in quel momento tragico, mentre mi aggiravo tra il fumo, le macerie e i morti, ho avuto paura anche per me stesso pensando che qualcuno avrebbe potuto dire che ero stato io. A parte questo, nella mia vita da piazza Fontana in poi ho seguito tanti ‘misteri’ italiani e, ripeto, in questo strano Paese la politica e il terrorismo sono sempre andati a braccetto”.

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