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20 Luglio 2015

Animali spettacolari, uomini meno

di Gianni Fantoni | 3 min

Il fiorire di animalisti, giustamente, ha via via ridotto il numero degli animali presenti negli show televisivi. Sopravvive qualche cane, qua e là, giusto perché il miglior amico dell’uomo mostra sincero divertimento nel collaborare col suo padrone per favorirne il fatturato, ma il resto del mondo zoologico resta sempre più confinato nei documentari specializzati, fuori dagli studi. Fino a non molto tempo fa, però, era diverso.

Durante l’edizione di Sabato al Circo a cui ho partecipato, che andava in onda su Canale 5 al sabato sera nell’inverno del 1991, ho lavorato gomito a gomito con qualche bestiolina desueta.

Ricordo un pomeriggio che arrivai per fare le prove un po’ in anticipo rispetto ai miei colleghi e, attraversando la deserta pista del circo, incrociai sul mio cammino una foca, che, senza nessuno che la dirigesse, se ne andava a spasso in direzione opposta. Una volta vidi, in mezzo al parcheggio dei mezzi pesanti, correre via il collo di una giraffa che se ne andava al galoppo, inseguita subito dopo da un manipolo di inservienti sbraitanti in una lingua ignota in queste longitudini. E che dire di quel domatore che, tenendo in braccio un meraviglioso cucciolo di tigre, incensava le caratteristiche della razza a noi astanti, descrivendola come superiore a quella degli altri felini, fiera, intelligente, obbediente, e soprattutto fedele e non traditrice? Il cucciolo tentò di divincolarsi e il domatore mostrò incurante la mano destra, a cui mancavano tre dita. Gelati dalla vista, gentilmente chiedemmo: «Cosa è successo?» «La tigre!», rispose lui, sempre fieramente. Non chiedemmo altro.

In verità mi capitò anche di vedere l’immagine poco allegra del ricovero degli elefanti per la notte. Tenuti sotto una tensostruttura, legati con una catena ad un piede, ondeggiavano continuamente tra di loro, in un silenzio triste. Certo, ho visto anche l’amore grande degli uomini che lavoravano con loro, ma il pensiero che questi pachidermi dovessero essere lasciati nei luoghi d’origine e che fossero frutto d’una cultura dell’esotico ormai del secolo precedente non mi ha più abbandonato. A rincarare la dose ci pensò l’elefante più grande di tutti. Per ritardi nella registrazione, dovemmo fare la parata finale della puntata ben oltre la mezzanotte. Stefano Nones, figlio di Moira Orfei, seduto sul collo di questo enorme bestione che sembrava alto quanto una palazzina, veniva continuamente fatto scivolare per terra dalla bestia con piccole (per lui) scrollate di capo, proprio quando dovevamo registrare. Lo fece per tre quattro volte di seguito, per dispetto e nervosismo, arricchendo lo show dietro le quinte con diversi violenti colpi di proboscide dati a terra. Un episodio a pochi metri da me che ricordo con un certo terrore. A quell’ora l’elefante di solito già dormiva, aveva ragione lui. L’avrebbe avuta anche se avesse avuto torto.

Mi raccontavano di un tizio, sul finire degli anni ’80, che andava in giro a proporsi come ospite in tv sostenendo di avere un’anatra in grado di contare. La teneva in braccio, e ogni volta che le si chiedeva un risultato di un’operazione matematica questa rispondeva con uno starnazzare per ogni unità. Prodigio naturale? Quasi: s’è scoperto che succedeva perché il proprietario infilava il suo pollice nel pertugio dell’anatra provocandone la reazione ogni volta, povera bestia. Credo che lei si augurasse risultati che andassero al massimo dall’1 al 3…

Decisamente altri tempi. Andati, per fortuna.

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