Eventi e cultura
5 Luglio 2015
La figlia del cantautore e madre di due gemelle: "Le persone con un minimo di cervello e umanità non discriminano"

Francesca Vecchioni, da “figlia” a gay e mamma

di Elisa Fornasini | 4 min

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OLYMPUS DIGITAL CAMERA“T’innamorerai senza pensare” scriveva Roberto Vecchioni nel 1975. La canzone “Figlia”, dedicata alla sua primogenita, si è rivelata una profezia che si è avverata nel corso della vita di Francesca, raccontata nel suo libro che si intitola appunto come la frase che il cantautore le ha dedicato alla nascita. L’opera, che rappresenta una sorta di diario privato di una donna che ama le donne, è stata presentata venerdì sera sotto il porticato della libreria Ibs per il terzo appuntamento di “Drink a book”, notturni letterari a tematica gay, lesbica e transessuale organizzati da Circomassimo Ferrara, Arcigay e Arcilesbica.

È un pubblico attento, anche se se ne sono visti di più rispettosi, quello che segue la chiacchierata informale tra Massimiliano De Giovanni, presidente di Arcigay Ferrara, e Francesca Vecchioni, già ospite a Ferrara tre anni fa per il festival Tag, sempre dedicato alla cultura Lgbt. L’incontro si apre con una domanda classica quanto impegnativa: è più facile fare coming out avendo un cognome impegnativo e amatissimo? “È una questione complessa” replica la neoscrittrice che ha scelto Mondadori Electa per la pubblicazione del suo libro d’esordio.

“Quando hai genitori famosi – spiega la figlia del noto cantautore – hai la percezione di non essere guardato per quello che sei ma per il cognome che porti; io ho 40 anni e per tanti anni ho coltivato la cultura di evitare di apparire. Una battaglia interiore non tanto per la paura dell’omosessualità, che la mia famiglia ha accettato di buon grado, quanto perché è un modo di essere dei miei genitori e dei miei tre fratelli. In questo caso, però, ho trovato ‘utile’ sfruttare il mio cognome per arrivare a quante più persone possibili”.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAE il messaggio contenuto nel volume, che affronta i passaggi principali della vita di ognuno (dall’infanzia all’età adulta passando per i primi innamoramenti dell’adolescenza e arrivando all’essere genitori), arriva forte e chiaro. Ad essere potenti e trasparenti sono le parole stesse di Francesca: “Essere omosessuali è solo una delle nostre caratteristiche, uno degli aspetti che ci contraddistingue, ma è solo un aspetto su mille. Io mi sento omosessuale ma esserlo non identifica me stessa ma solo il mio oggetto del desiderio, è l’unica cosa che ci differenzia”. Dopo una breve lezione sulla differenza tra identità biologica, orientamento sessuale e affettivo, e identità di genere (partita dalla frase provocatoria “anche un transessuale può essere omosessuale”), l’incontro ha virato sui temi che animano la battaglia per i diritti civili.

“Vogliamo diritti non perché sono capricci ma perché sono diritti naturali – spiega Vecchioni -. Non riesco a capire come le persone con un minimo di cervello e umanità non siano incazzate nere a essere privilegiate solo perché, in quanto etero, hanno diritti acquisiti dalla nascita mentre per noi è tutta una battaglia. Non riesco a concepire come questa società non si renda conto che discriminare la rovina ed è un insulto che Stato, istituzioni e persone non capiscano per cosa lottiamo. Questo mondo lo miglioriamo davvero se ci mettiamo nei panni degli altri: la maggioranza deve scendere in campo per aiutare quelli che sono meno. Non siamo all’epoca dell’apartheid ma le stesse dinamiche si ripetono in tutte le intolleranze della storia: se sei diverso sei oggetto di odio e di rabbia”. Una lunga e profonda riflessione sulle discriminazioni perpetrate ai danni di gay e lesbiche che non poteva non toccare due dei temi fondamentali: matrimonio e genitorialità.

Il desiderio di maternità di Francesca non ha conciso con il desiderio di matrimonio “perché è talmente umiliante pensare di dover andare all’estero per sposarsi che mi deprimeva solo l’idea”. Ma all’estero ci è andata per avere dei figli: grazie alla fecondazione eterologa effettuata in Olanda è diventata madre, insieme alla sua allora compagna Alessandra Brogno, di Nina e Cloe. Due gemelle che hanno quattro anni e due mamme. Sorge allora spontanea una domanda: per crescere bene un bambino ci vogliono una mamma e un papà? Un quesito posto anche nel “Manuale di sopravvivenza per eterosessuali”, una piccola guida contenuta alla fine del libro che riporta 7 domande ‘classiche’ sull’omosessualità e le relative 7 risposte di Vecchioni.

Solo a questa domanda non si è sentita di rispondere lei e ha lasciato parlare l’Ordine nazionale degli psicologici: “I risultati delle ricerche dimostrano che la genitorialità prescinde dalla sessualità perché l’orientamento sessuale dei genitori non ha conseguenze negative sulla crescita dei figli. Non c’è una relazione tra l’orientamento sessuale dei genitori e qualsiasi tipo di misura dell’adattamento emotivo, psicosociale e comportamentale del bambino: ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare che i genitori forniscono loro, indipendentemente dal fatto che essi siano conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso”.

Ricerche sostenute da medici, psicologi e psichiatri, e che vengono divulgate anche dall’associazione Diversity, a cui andrà devoluto tutto il ricavato della vendita del libro. “Le principali attività di Diversity – spiega Vecchioni, fondatrice dell’associazione – sono la divulgazione e la formazione per abbattere il pregiudizio e la discriminazione legati al concetto di diversità e al mondo lgbt, lo stesso scopo per cui ho deciso di scrivere questo libro autobiografico”. E anche qui suo padre è stato preveggente: “Figlia, non voglio che tu sia felice, ma sempre ‘contro’, finché ti lasciano la voce”.

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