Cronaca
1 Luglio 2015
Il critico d'arte ferrarese aveva accusato il rivale Tommassoni di circonvenzione di incapace sull'erede di De Dominicis

Vittorio Sgarbi, ennesima condanna per diffamazione

di Ruggero Veronese | 3 min

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sgarbi 2Colpevole di diffamazione e condannato a 20mila euro di multa e a versare un lauto risarcimento (20mila euro di provvisionale più la parte da liquidare in sede civile) nei confronti del proprio ‘rivale’, l’avvocato ed esperto d’arte Italo Tomassoni. Sono bastati meno di dieci minuti al giudice Testoni, una volta ascoltate arringhe e requisitorie delle parti in causa, per formulare la sentenza di condanna nei confronti di Vittorio Sgarbi, assente anche durante l’ultima udienza del processo che lo vedeva imputato a Ferrara. Un processo nato da una lunga e complessa ‘querelle’ che vede il noto politico e intellettuale di Ro Ferrarese e Tommassoni tuttora contrapposti, alla guida di due diverse collezioni che si occupano della catalogazione e della autenticazione delle opere dell’artista Gino De Dominicis.

Opere per quali, secondo Sgarbi, il ‘rivale’ non avrebbe alcuna autorità in materia: anzi, di De Dominicis sarebbe addirittura “nota la predisposizione dilettantesca e la pretesa di un’autorità – citando le stesse dichiarazioni del critico ferrarese – nel riconoscere l’autenticità delle opere di De Dominicis”, un’autorità che “non gli viene né da studi né da specifiche competenze (Tomassoni ha curato alla 48ª Biennale di Venezia una retrospettiva proprio sull’autore in questione ed è tra i promotori e fondatori del Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, di cui è direttore artistico, ndr), e che è esercitata attraverso il vero e proprio plagio (o circonvenzione di incapace) dell’unica incompetente ed inesperta erede di De Dominicis, che gli lascia evidentemente, carta bianca”. Parole pesanti come macigni che non solo mettono in dubbio le competenze professionali di Tomassoni (che pur essendo avvocato di formazione è anche noto a livello nazionale per i propri studi su De Dominicis, al quale era anche legato da un rapporto di amicizia), ma che lo dipingono anche come l’artefice di una vera e propria circonvenzione di incapace sull’erede dell’artista. Dichiarazioni apparse sul quotidiano online Notix.it il 9 novembre 2012, dopo il sequestro della procura di Perugia di diverse presunte opere di De Domincis, proprio per via di un esposto giunto dall’erede dell’artista, la figlia Paola. Opere certificate e catalogate dallo stesso Sgarbi, attraverso la Fondazione Gino De Dominicis da lui presieduta.

Italo Tommassoni in tribunale con il proprio legale David Brunelli

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La rabbiosa ‘controffensiva’ di Sgarbi è affidata al comunicato stampa apparso su Notix, dove il sequestro delle opere viene definito un “atto arbitrario” che  determinerebbe “una ingiusta mortificazione dell’impegno di esperti disinteressati che non hanno mai fatto una perizia o venduto un’opera di De Dominicis, e del convinto impegno del collezionista, pesantemente umiliato”. Infine, conclude Sgarbi, “lo Stato non può compiere errori di tale leggerezza, violando la proprietà privata e chiamando false opere autentiche sulla base del delirio di un esperto, non privo di interessi, fatti passare per ideali e per difesa del diritto d’autore”.

I legali di Sgarbi, Giampaolo Cicconi e Paolo Rossi, hanno tentato di chiedere l’assoluzione dalla richiesta di condanna del pm Di Benedetto, basandosi sulle parole dell’unico testimone della difesa ascoltato in aula: l’addetto stampa del critico d’arte. Che, nel corso del processo, si è di fatto assunto la colpa dell’accaduto parlando di un ‘malinteso’ con Sgarbi, del quale avrebbe raccolto alcune dichiarazioni al telefono immaginando che fossero destinate a un comunicato, come di prassi accadeva. E che il vero pensiero del critico sarebbe apparso solo qualche settimana dopo, il 24 novembre, in un editoriale dai toni ben più morbidi (ma comunque assai critici) apparso su Il Giornale.

Una ricostruzione inverosimile secondo la procura e l’avvocato di parte civile David Brunelli, che hanno sottolineato come un editoriale su un’altra testata – a prescindere dal suo contenuto poco ‘diplomatico’ – non possa valere come rettifica a una precedente diffamazione, evidenziando inoltre le tempistiche tutt’altro che rapide (10 giorni) con cui Sgarbi avrebbe risposto alla e-mail con cui Tommassoni chiedeva spiegazioni sull’accaduto.

Si tratta della sesta condanna per diffamazione per Sgarbi, che in un’altra occasione, dopo essere incorso in una sentenza sfavorevole in primo grado e appello, ha potuto beneficiare della prescrizione durante il ricorso in Cassazione.

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