Cronaca
29 Maggio 2015
Nel calcolo non compresi i comuni più colpiti, quelli dell'Alto ferrarese, di competenza della diocesi di Bologna

Ricostruzione, alla Curia servono 21 milioni per 22 progetti

di Ruggero Veronese | 3 min

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unnamed (12)La Curia fa il punto della situazione sul restauro di chiese e luoghi di culto, dopo il drammatico sisma che nel maggio 2012 ha messo in ginocchio l’Emilia Romagna. Un restauro che in questi ultimi tre anni ha già visto la riapertura di 11 chiese e che si svilupperà attraverso la presentazione di altri 22 progetti alla Regione, che finanzierà interamente i lavori al patrimonio della Curia di Ferrara – equiparato in fase di ricostruzione agli enti pubblici – ma solo per quanto riguarda il recupero dei danni direttamente connessi all’evento sismico, stimati dalla Diocesi attorno ai 21,5 milioni di euro.

Questi alcuni dei punti principali nel resoconto di Don Stefano Zanella – che ricopre in questo caso il doppio ruolo di sacerdote e ingegnere – e dell’architetto Carla Di Francesco della Regione, che hanno sottolineato in particolare “l’ottima collaborazione” instauratasi in questi anni tra Chiesa ed ente pubblico. “Abbiamo fatto tanto – afferma Zanella -, creando relazioni tra le nostre istituzioni; cosa fondamentale perchè a volte si trovano enti arroccati sui propri ambiti. Ma il terremoto per certi versi ha fatto venir fuori la parte migliore delle persone, e devo ringraziare i tanti esponenti degli enti pubblici che hanno utilizzato anche il loro tempo personale impegnandosi per il territorio. Questa collaborazione non è affatto scontata, ma quando si incontrano istituzioni con cui si crea un dialogo allora le cose si riescono a risolvere per il meglio”.

Va aggiunto che la diocesi estense non i comuni che hanno subito i danni più ingenti causati dal terremoto come i paesi dell’Alto ferrarese, come Mirabello, Vigarano, Poggio, Sant’Agostino e Cento. Per queste zone infatti è competente la diocesi di Bologna.

Ad oggi sono stati presentati 19 progetti su 22, che la Regione dovrà valutare e approvare interamente o dopo aver proceduto a correzioni. Rimangono ancora fuori tre dei progetti più importanti, quelli per la cattedrale di Ferrara, il Palazzo Vescovile e la chiesa di San Biagio a Bondeno, che verranno inoltrati alla Regione entro fine giugno, prima che si possa procedere all’assegnazione degli appalti.

I lavori, chiarisce la Di Francesco, porteranno le strutture della curia a una condizione sicuramente più solida rispetto al pre-terremoto: “Un conto è riparare gli edifici, un conto è migliorarli e dar loro la forza di resistere eventualmente ad altri terremoti. Il miglioramento della struttura è compreso nel Codice dei Beni Culturali sotto al termine ‘restauro’ e non possiamo pensare che un edificio sia composto solo dalla sua struttura o dalle sue superfici: si restaura il complesso”.

Un miglioramento necessario soprattutto perchè anche prima del maggio 2012 diverse strutture necessitavano di interventi più o meno urgenti che negli anni sono mancati: “Il vero punto critico in alcuni casi – afferma l’architetto – è la mancanza di cura e manutenzione, con strutture già fragili per via del materiale lapideo di bassa qualità, di cattive connessioni tra le strutture o di opere di muratura senza gli opportuni rinforzi. Occorre anche cambiare mentalità: i monumenti devono essere controllati periodicamente, ogni cinque anni, e stilare un manuale della manutenzione post-restauro. In alcuni casi i crolli si sono verificati per via di cattive connessioni, in punti dove nel riprendere un tetto non si era pensato a un cordolo che tenesse unita la copertura”.

E di fronte a queste considerazioni sorge spontanea una domanda: non si rischia in questo modo che i fondi per la ricostruzione finiscano per pagare lavori che la curia avrebbe dovuto eseguire a sue spese negli anni passati? La Di Francesco è categorica: “Se ci sono situazioni di cattiva manutenzione la Regione non rimborsa quel genere di danni: occorre un nesso di causalità con il sisma. Diverso è il caso in cui ci sia una fragilità intrinseca dell’edificio dovuta alla sua costruzione originaria, come nel caso di problemi nelle fondamenta che prima dell’arrivo del terremoto non potevano essere previsti”.

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