25 Maggio 2015
L’appuntamento conclusivo del Festival è dedicato alla economia della condivisione

Altroconsumo saluta parlando di sharing economy

di Redazione | 4 min

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Il ritorno del bel tempo, questa domenica, ha segnato il ripristino degli eventi della terza edizione del Festival Altroconsumo nei luoghi del programma, ed è così che sotto il cielo azzurro di questo pomeriggio piazza Municipale si è riempita per l’evento che conclude la rassegna. Sul palco, davanti ad un pubblico via via più gremito, va in scena la sharing economy.

A preludio del dibattito che ne sarebbe seguito, è dato a Simone Chiesa e Anna Luciani, couchsurfers, il compito di definire una delle declinazioni della sharing economy, il couchsurfing appunto, ovvero una “piattaforma dove la moneta di scambio – illustrano – non è il denaro ma la gentilezza”. La tecnica del “navigare sul divano” (questa la traduzione letterale) oltre ad abbattere i costi di viaggio e a minimizzare i preconcetti, muta i turisti in viaggiatori, ovvero “in persone curiose e aperte – spiegano – che hanno grande fiducia nell’umanità”.

Facciamo un passo indietro: cosa si intende per sharing economy? Per Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio e moderatore del dibattito, si tratta di una “fotografia per capire i cambiamenti della società, una soluzione alla nuova domanda che la vecchia risposta non sa più soddisfare”. La si potrebbe considerare come fine dei vecchi corpi intermedi che sotto il grimaldello del “binomio internet-crisi”, evidenzia il presidente della Fondazione Altroconsumo Paolo Martinello, potrebbe esplodere in un vero e proprio cambiamento dell’economia: “Non stiamo parlando – continua Martinello – di nulla di marginale, è qualcosa di molto più profondo, un cambiamento che avviene attraverso i virtuosi comportamenti umani di consumatori non antimercato, ma critici e intelligenti”.

La sharing economy è, concretamente, l’insieme di pratiche di condivisione: si condividono ad esempio passaggi in auto, cene e alloggi grazie ad internet, basando tutto sulla fiducia. Ma si può anche condividere il latte, come si propone Blud, il primo progetto europeo che “lavora il latte delle mamme volontarie e lo distribuisce – spiega Stefano Palmieri (Cfo Granarolo) – agli ospedali per sfamare bambini nati prematuri”.

“Abbiamo messo in rete e reso esponenziale qualcosa che già facevamo in tempi migliori” commenta Gian Luca Ranno (co-fondatore di Gnammo), e l’Italia, nonostante qualche solito anno di ritardo rispetto alle esperienze americane, conosce una espansione maggiore alle aspettative. Anzi, una ricerca (Nielsen, 2013, ndr) riporta “che noi italiani siamo proprio predisposti – spiega Marta Mainieri (Collaboriamo.org) – alla condivisione”.

L’avvento di una metodologia economica che coniuga “risparmi notevoli – interviene Andrea Saviane, country manager Italia Blablacar – aspetti social e fiducia tra le persone” è avversato da chi teme si possano incrinare preesistenti equilibri di mercato, una previsione ritenuta però errata perché “la sharing economy è in realtà – continua – evoluzione di azioni antiche, che trovano nel web uno strumento abilitante”. Di fronte ad essa, la politica resta immobile, quando non crea “seri problemi”: è recente la pubblicazione (nelle pagine de Il Foglio, ndr) della richiesta di una interpellanza parlamentare per stroncare Cocontest, la “Uber degli architetti”, una start-up italiana accusata di “proletarizzare gli architetti”.

Il buco normativo in cui annaspa la sharing economy dovrebbe invece riempirsi di “informazione e comprensione”, ma anche di “regole, quelle che mancano nel Jobs Act – critica Martinello – troppo legato alla vecchia idea di lavoro, ma la tutela del consumatore non passa per la tutela dell’esistente né delle categorie che erogano il servizio”. Non si creda poi che l’economia collaborativa sia “oltre” la legge – “tutto è tracciato, non si tratta affatto di lavoro nero” precisa Ranno – o sia ancorata a scopi volontaristici: si parla sempre più spesso di colossi da miliardi di euro (Uber, ad esempio) e di continue evoluzioni, come quella che porterà BlaBlaCar ad essere assoggettato ad una commissione perché “abbiamo bisogno – spiega Saviane – di un modello di business per sopravvivere”.

“Non potevamo concludere se non parlando di sharing economy” chiosa Martinello, spaccando il minuto: alle 18.15 i microfoni si spengono e da dietro il palco uno stormo di palloncini rossi si alza al cielo. Altroconsumo finisce così, ma è solo un arrivederci.

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