Politica
18 Maggio 2015
L'ex presidente smentisce il Comune su imposte di registro e riorganizzazione. "Tagliani ha sempre approvato"

Asp. Gnudi: “Ecco le cause del buco da 1,4 milioni”

di Marco Zavagli | 4 min
Gnudi con Tagliani durante un'assemblea Asp

Gnudi con Tagliani durante un’assemblea Asp

“ll bilancio dell’Asp? Non lo approva mica il cda. Lo approva ogni anno l’assemblea dei soci. E il Comune di Ferrara è socio con il 98% delle quote”. Vuole mettere i classici puntini sulle “i” Sergio Gnudi, presidente Asp fino all’anno scorso, quando si è dovuto far da parte per cedere il posto a Paola Boldrini, poi finita in parlamento. Il ciclone che negli ultimi giorni ha investito l’Azienda servizi alla persona di Ferrara rischia di travolgere “tutto quello che di buono, anzi di eccellente dal punto di vista organizzativo, è stato fatto in questi anni”. Anni in cui c’era lui alla guida del consiglio di amministrazione di Via Ripagrande.

E lui, pur pacatamente, non ci sta. Non ci sta a leggere sui giornali che il buco da 1,4 milioni deriva dalla passata gestione. Non ci sta a sentirsi dire che serve un efficientamento della parte tecnico-amministrativa aziendale, rimasta quasi immobile negli anni a giudizio di chi gli è succeduto. E non ci sta a leggere cifre che, a parer suo, non corrispondono per nulla alla realtà.

L’ultimo riferimento è alla spiegazione data da Tagliani in conferenza stampa sul mancato passaggio di proprietà dell’immobile di via Ripagrande da Comune a Asp che permetterebbe un risparmio sui costi di concessione. “Comporterebbe una spesa di 600mila euro per l’Asp per pagare l’imposta di registro” ha spiegato il sindaco.

“Una spesa di 600mila euro?” sgrana gli occhi Gnudi. E non ha torto, visto che in passato aveva rivolto un interpello alla Regione, prontamente girato all’Agenzia delle Entrate, sull’applicazione dell’imposta di registro per gli immobili di questo tipo. La risposta è arrivata il 27 febbraio 2013. Il costo è di 168 euro di imposta. Neppure lontanamente equiparabile ai 600mila di cui sopra.

A chi credere? All’amministrazione comunale o all’Agenzia delle entrate e alla Regione? “Io in passato ho verificato gli atti e sentito i vari consulenti. C’è una posizione della Regione (protocollata il 18 marzo 2013 e inviata per conoscenza a tutti i sindaci emiliano-romagnoli, ndr) che dispone una imposta fissa di bollo di 168 euro ad atto. Non capisco dove Tagliani abbia potuto estrapolare quei 600mila. Sono pronto a discuterne con lui ed altri in un confronto pubblico. Lo faccio per tutelare i dipendenti dell’Asp e il loro lavoro di eccellenza che hanno fatto in questi cinque anni”.

‘Sbugiardato’ il primo punto, Gnudi arriva all’altro passaggio cruciale della conferenza di Tagliani. La riorganizzazione. L’ex presidente mostra un opuscolo uscito nel maggio 2012, pubblicato dal Comune, dal titolo “La riorganizzazione del servizio sociale di asp”: “abbiamo ridotto del 24% i dipendenti nel settore amministrativo per aumentare gli operativi (operatori, educatori, assistenti sociali) e ora mi dicono che questa parte non è cambiata?”.

Quanto alla vexata quaestio del bilancio, anche qui non mancano le sorprese. “Nel 2008 ho presentato un progetto per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2012”. L’obiettivo non venne conseguito, “ma nel 2011 l’anno è finito con un attivo di 16mila euro. Nel 2012 invece registrammo un passivo di 128mila euro a fronte di un ulteriore riduzione dei trasferimenti da parte del Comune all’Asp di 300mila euro”.

Noccioline di questi tempi. Ma vediamo la cronologia dei consuntivi di via Ripagrande anno per anno. Nel 2008 si chiude con 41mila euro di passivo. Nel 2009 con – 117mila (grazie alla vendita dell’ex ostello). Il 2010 segna una perdita di 383mila, “ma per prima volta non vengono utilizzati correttivi, cioè vendita di cespiti patrimoniali”, specifica Gnudi). Il 2011, abbiamo detto, vede un attivo di 18mila (“grazie al contenimento dei costi di trasporto e a un nuovo regolamento pasti”). Il 2012 con un passivo 128mila. Si arriva all’annus horribilis 2013 con un buco di 930mila euro.

“La parte eccedente rispetto all’anno precedente – illustra l’ex presidente – deriva dai 650mila euro spesi per l’assistenza ai minori esplosa con l’avvento della crisi. Lo avevamo previsto e, soprattutto, fatto notare ai soci”.

In sede di presentazione del budget 2014 infatti il cda (il cui presidente si era anche calato del 40% lo stipendio) avverte i soci: “questo bilancio è stilato in base alla prospettiva di far entrare nel Fondo per la non autosufficienza della Regione una voce relativa all’assistenza minori, fino ad oggi non previsto”. In sostanza il Fondo avrebbe dovuto aggiungere la copertura dei minori e passare da 1,9 a 3 milioni di euro. “L’avvertimento era rivolto ai soci – chiarisce Gnudi -: il problema dell’assistenza ai minori, che ci costa 140 euro al giorno per ogni presa in carico, andava affrontato a livello regionale. Quindi, o il Comune di Ferrara si impegnava a bussare in via Aldo Moro oppure come cda avremmo presentato un altro bilancio che avrebbe tenuto conto delle minori entrate e di conseguenza un taglio dei servizi. Il Comune di Ferrara, assicurandoci di riuscire nella ‘missione’ bolognese, approvò quel bilancio“. Rispetto a quel bilancio vennero invece a mancare 1,1 milioni dei 3 preventivati. “Ecco spiegato il buco”.

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