Cronaca
18 Maggio 2015
Dijana Pavlovic: “I campi inventati dalle istituzioni italiane. È una comunità segregata”

Rom, la verità dietro l’immaginario collettivo

di Redazione | 4 min

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DSC08420di Anja Rossi

I campi rom, quel grande centro di interessi e soldi. Questo il punto più caldo dell’incontro “Brutti, sporchi e cattivi. Immaginari, razzismi e popolazioni Rom”, che si è tenuto presso il Dipartimento di Studi Umanistici di via Paradiso e ha visto intervenire Dijana Pavlovic, attivista rom e vicepresidente della Federazione rom sinti insieme e Paolo Cagna Ninchi, presidente dell’associazione culturale Upre Roma.

L’incontro, organizzato dal professor Alfredo Alietti del Laboratorio di studi urbani dell’Università di Ferrara, intendeva far luce sulla situazione sociale delle popolazioni rom nei campi nomadi e sul processo di integrazione in Italia, ma ha voluto anche dare un punto di vista nuovo sulla faccenda, al di là dei luoghi comuni ancora poco sviscerato dalla maggioranza della popolazione italiana.

Dijana Pavlovic prova a ribaltare il punto di partenza del problema. “I campi sono luoghi gestiti male inventati dalle istituzioni italiane per i rom – spiega l’attivista -. Ci sono generazioni nate e vissute nei campi, è una comunità segregata”. Vivere in un campo nomadi di conseguenza comporta che sia “difficilissimo trovare lavoro quando dai il numero civico di un campo nomade, se non impossibile. Molti hanno smesso di cercarlo da tempo per questo motivo” e inoltre “vivendo in un campo per assurdo non si ha il requisito di emergenza abitativa per entrare in graduatoria per le case popolari”.

Da chi vengono gestiti questi campi? “Non è una autogestione affidata ai rom – spiega Dijana Pavlovic -, ma da trent’anni è data a enti del terzo settore”. Per lei questo è un gran fallimento perché “comporta sia una deresponsabilizzazione dei rom, che non gestiscono in autonomia il luogo in cui vivono, sia un business enorme intorno ai campi, vera miniera di soldi per chi li gestisce. A Roma sono stati stanziati nell’anno 2013 24 milioni di euro per la gestione di 5000 persone, ci sono 500 persone che lavorano per associazioni o per il Comune, e nessuno di questi è rom”.

Questa situazione comporta disagi non solo alla popolazione dei campi, ma anche al resto della cittadinanza. “Si tiene l’immondizia accatastata per molto tempo, così ci sono poi appalti straordinari per lo smaltimento dei rifiuti; nelle trasmissioni in tv viene raccontato come i rom truffano e rubano, ma siamo riusciti a provare che in realtà vengono pagati due-trecento euro per raccontare queste storie. Questo non fa che aumentare la rabbia della gente verso i rom, che vengono strumentalizzati da persone come Salvini. Le campagne elettorali passano, l’odio che si crea rimane”.

P1110730Secondo la vicepresidente Pavlovic la colpa dei rom è quella di non essere organizzati. “Siamo sopravvissuti a secoli di persecuzione, allo sterminio razziale di Hitler, ma non ci sappiamo difendere, non siamo istruiti, non sappiamo fare politica. Ora per l’Italia siamo o un problema sociale o una fascia vulnerabile, nel frattempo in questa situazione la nostra cultura millenaria sta scomparendo, perché nel contesto dei campi è difficile svilupparla”.

È infatti degli ultimi tempi la proposta di legge di iniziativa popolare ‘Norme per la tutela e le pari opportunità della minoranza storico-linguistica dei Rom e dei Sinti’, un tassello per riconoscere come minoranza linguistica quella parlata dai rom, la lingua romanes. Secondo Paolo Cagna Ninchi, il problema dell’identità è cruciale. “Il grande problema vissuto dai rom – spiega – è che anche a scuola vengono considerati come elementi estranei della società, si dà per scontato che siano spacciati fin dall’inizio. Già da bambini hanno una forte identità, che non viene però riconosciuta dalla società con cui si relazionano, già a scuola. Si crea in loro un mondo nebuloso dove o non esisti, o sei una patologia sociale”.

Tornando a parlare di soldi, vengono infine considerati i costi legati agli sgomberi. “Con la legge Emergenze del 2013 sono stati stanziati 60 milioni di euro per l’inserimento dei rom, che in Italia sono stati usati per chiudere i campi. Solo a Milano sono stati usati 5,6 milioni di euro per gli sgomberi – spiega Ninchi – forse perché era meglio che con l’Expo non si vedessero zingari per la città. Dopo gli sgomberi ora i rom sono ospitati in centri di accoglienza, con una dispersione enorme di soldi, anche europei, che dovrebbe andare all’inclusione dei rom in società e invece vanno alla gestione dei campi. Le risorse spese in due anni non hanno stabilizzato nessuno, se non 9 persone. Sono 40 mila le persone interessate nelle grandi città e 60 milioni di euro stanziati: basta poco per fare i conti su quanto è stato disperso. Le barriere sono prima di tutto istituzionali”.

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