E’ una vera e propria bufera giudiziaria quella che si è abbattuta sul Partito Democratico dell’Emilia Romagna per le “spese pazze”. La Procura di Bologna ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per 16 consiglieri regionali in forza al Pd nella scorsa legislatura, fra cui il ferrarese Roberto Montanari.
Spicca fra i nomi quello del renziano doc Matteo Richetti, ex presidente dell’assemblea legislativa e ora deputato, che lo scoppio del caso giudiziario constrinse a ritirarsi dalle primarie per la candidatura a governatore della Regione (il suo avversario, l’attuale presidente della Regione, Stefano bonaccini, anche lui indagato, era invece uscito subito dall’inchiesta essendo stata stralciata e poi archiviata la sua posizione). Fra i rinviati a giudizio illustri figurano anche il parlamentare europeo Damiano Zoffolo e l’ex capogruppo Marco Monari. Tra gli atti firmati dai pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari figurano anche due richieste di archiviazione per Antonio Mumolo (riconfermato in consiglio) e per Paola Marani, che hanno presentato documentazione ritenuta sufficiente a giustificare le spese effettuate.
Gli ex consiglieri democratici sono chiamati a rispondere di una cifra complessiva di 940mila euro, la più alta fra quelle dei gruppi coinvolti nell’inchiesta, che aveva fatto partire 41 avvisi di garanzia per i rimborsi tra giugno 2010 e dicembre 2011. Tutti i gruppi consiliari e le forze politiche dell’assembea legislativa risultavano coinvolti. Confermati gli importi di spesa contestati negli avvisi di fine indagine, oltre 2milioni complessivi.
A breve sono attese le decisioni della Procura per quanto riguarda gli undici indagati del Pdl, mentre le posizioni dei consiglieri degli altri partiti erano già state definite con richieste di rinvio a giudizio.
Matteo Richetti sul suo profilo Facebook si dice tranquillo: “Apprendo che oggi i pm della Procura di Bologna chiedono il mio rinvio a giudizio per la vicenda riguardante i gruppi consiliari della Regione. Per casi assolutamente identici è stata chiesta l’archiviazione. La mia situazione, dove non esistono spese “anomale” o riguardanti tipologie non consentite, ma anzi, tutte regolarmente autorizzate e rendicontate, viene messa nel calderone generale. Parafrasando maestri autorevoli mi viene da dire che non è giusto “prendere provvedimenti uguali per disuguali”. Ho spiegato con minuzia di particolari che i 5 mila euro spesi in circa due anni per attività riguardanti il mio mandato (trasporto, iniziative, incontri) sono dovuti alla rinuncia e al risparmio legato alle scelte fatte da presidente dell’assemblea. Poco male, adesso finalmente si esce dal confronto accusa/difesa e si va davanti ad un giudice, che stabilirà dove sta la verità. E io sono molto, molto tranquillo”.