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4 Maggio 2015
A Palazzo Pitti sculture in zucchero e tovaglioli per le nozze fiorentine di Maria de’ Medici

Dolci trionfi e finissime piegature

di Redazione | 4 min

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La mostra “Dolci trionfi e finissime piegature. Sculture in zucchero e tovaglioli per le nozze fiorentine di Maria de’Medici”, aperta alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze fino al 7 giugno 2015, a cura di Giovanna Giusti e Riccardo Spinelli (catalogo Sillabe), viene proposta nella circostanza dell’Expo 2015 di Milano. L’esposizione prende avvio, appunto, dal banchetto tenutosi in Palazzo Vecchio la sera del 5 ottobre 1600 per le nozze fiorentine di Maria de’Medici.

Di questo storico evento – fondamentale anche per gli esiti della musica e della drammaturgia moderna – gli storici ne hanno conoscenza dettagliata e documentata e, grazie alla puntuale Descrizione che ne dette Michelangelo Buonarotti il Giovane, ci sono noti tutti gli allestimenti progettati dall’architetto (oltre scultore, scenografo, ingegnere) Bernardo Buontalenti per la tavola regia e per quella degli ospiti e da

Jacopo Ligozzi circa il fantasmagorico mobile, una ‘credenza’ a forma di giglio di Francia, realizzato per presentare ai convenuti al banchetto ben duemila pezzi del tesoro mediceo.

Inoltre, la documentazione archivistica relativa a questa cerimonia, conservata presso l’archivio di stato di Firenze, ha messo in evidenza il ruolo cardine avuto sia dalle sculture realizzate per l’occasione in zucchero, ‘alimenti decorativi’ concepiti alla stregua di veri e proprie opere d’arte – non a caso esemplificate su illustri prototipi contemporanei dovuti agli scultori fiorentini di fine Cinquecento quali Giambologna, Pietro Tacca, Gasparo Mola – sia quello delle virtuosistiche piegature di tovaglioli di lino, ugualmente proposte nel corso del banchetto alla meraviglia dei partecipanti.

Nel riprodurre in zucchero alcuni dei capolavori della bronzistica del tempo concorsero i maestri sopradetti – che sovrintesero il lavoro – così come artigiani – artisti specializzati dei quali i documenti riportano i nomi e le relative professionalità, mentre dei maestri ‘piegatori’ impegnati in quella circostanza, rimane ancora sconosciuta l’identità.

Le sculture in zucchero prodotte per il banchetto del 5 ottobre e ricordate dal Buonarotti, alcune di dimensioni considerevoli (quella che raffigura Enrico IV a cavallo era alta due braccia, cioè 115 centimetri e “Divinità”, alle ‘Cacce’ e a temi venatori e pastorali suscitarono l’ammirazione della regina e degli ospiti, qualificandosi come espressione raffinata della genialità degli artefici fiorentini in un’occasione come questa, d’importanza politico-diplomatica senza precedenti per Casa Medici.

Prendendo dunque le mosse da queste nozze e da queste feste, l’esposizione cerca di rievocare il banchetto con una suggestiva ricostruzione sia della ‘mensa regia’, sia della ‘credenza del giglio’ e del suo arredo. Fulcro della rievocazione storica è la riproduzione d’alcune di quelle figure in zucchero, oggi dovute alla sapiente manualità della Fonderia a Strada in Chianti che hanno seguito rigorosamente le tecniche di fusione tradizionali, parimente, le fantastiche ‘piegature’ di tovaglioli realizzate dal maestro Joan Sullas si offrono come documento e trasmissione di un’arte che vide a Firenze, con questo celebre banchetto, il suo apogeo.

Sono pure presenti in mostra le effigi dei principali protagonisti – la neo-regina Maria ed Enrico IV – così come quelle dei tanti ‘comprimari’ che dettero vita alla cerimonia e ai loro apparati. Tra questi, Michelangelo Buonarotti il Giovane che ne redasse la puntuale cronaca; gli artisti che prestarono la loro opera nel produrre oggetti o nel dirigerne la realizzazione (Gianbologna, Ligozzi, Cigoli, Buontalenti); i musicisti e i letterati – presenti con i libretti e gli spartiti degli spettacoli – che allietarono sia il banchetto della sera del 5 ottobre, sia la recita dell’Euridice rappresentata il giorno successivo a Pitti. Il 7 ottobre, si corse un palio sulla piazza del Prato (del quale resta memoria in una stupenda incisione della serie dei Capricci di Callot), mentre l’8 ottobre Maria e il suo seguito, dopo un opulento banchetto nella ‘Sala delle Statue’ a Pitti, furono omaggiati di uno spettacolo organizzato nel suo ‘casino’ in Valfonda da Riccardo Riccardi, del quale siamo a conoscenza da alcuni affreschi posti nelle lunette di una sala al piano terreno dell’edificio.

La sera del 9 ottobre fu poi la volta della rappresentazione, nel Teatro Mediceo, del Rapimento di Cefalo su testo di Gabbriello Chiabrera, musiche di Giulio Caccini e altri, scene e apparati di Bernardo Buontalenti coadiuvato da Alessandro Pieroni. – che segnò la fine degli eventi legati al matrimonio regale, conclusosi “con tanto universal diletto e contentamento”.

Il 13 ottobre Maria, “non senza tenerezza comune di questa patria svisceratissima in verso di lei”, lasciò Firenze alla volta di Livorno accompagnata dal granduca e dai principi Medici, salutata dal popolo al suo passare. Arrivata a Pisa, vi rimase per tutta la giornata del 14 recandosi nella chiesetta di Santo Stefano dei Cavalieri e raggiungendo nel pomeriggio il porto labronico. Il giorno successivo, la neo-regina si recò al santuario di Montenero a chieder la grazia d’un tranquillo viaggio per mare e il 16 salpò alla volta di Marsiglia, con numerosissimo seguito (circa milletrecento persone), salutata dai famigliari, prendendo posto su una galera dell’ordine stefaniano

“per tanta vaghezza per meraviglioso, e ricchissimo lavoro composta” – secondo Buonarotti, non inferiore, in ricchezza e comodità, a quella che solcando il fiume Cidno trasportava la Regina d’Egitto – messale a disposizione da Ferdinando I, estremo omaggio della terra toscana a questa principessa medicea salita al trono di Francia.

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