Attualità
25 Aprile 2015

Parola d’ordine: pianificare

di Redazione | 5 min

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unnamed (8)Ho fatto una piccola eccezione. No, non sono andata in Scozia, ho usato Skype. Il blog si chiama Oltremanica, no? E tecnicamente siamo sempre lì, oltremanica. Solo che questa volta siamo a Glasgow o meglio, Jacopo è a Glasgow. Figuriamoci se Londra ciucciasoldi ti lascia qualche cosa per comprare un biglietto aereo. Ma torniamo a lui. Questo ragazzo che mi chiama con le cuffiette dall’atrio dell’università. Questo ragazzo che ha appena iniziato a parlare in tono normale, dopo essere sfuggito al silenzio della biblioteca. Non è la prima volta che ci parliamo. A Ferrara, a qualche aperitivo, ci siamo incrociati. Ho appena detto una cosa italianissima e ferraresissima. Lo so.

Jacopo Grazzi è andato in Scozia, subito dopo le superiori, a studiare. Perché la Scozia? Perché lì l’università non si paga. Non un soldo. Sono seria. Serissima. In più Jacopo mi dice che Glasgow è la città più economica del Regno Unito. Dopo solo due minuti di conversazione, mi stanno venendo seri dubbi di aver commesso in passato errori di valutazione. Ora, una volta superato il muro dell’accento, tutto dovrebbe filare liscio. Perché non vorrei dire, ma l’avete mai sentito parlare uno scozzese?

“Io il primo impatto con il Glaswigiano (abbiamo stabilito insieme che questa potrebbe essere la traduzione di Glaswegian) l’ho avuto ad Ibiza. Sono andato per la vacanza di maturità e ho incontrato questa coppia. La prima cosa che ho chiesto ad uno dei due è stata se fosse britannico o russo. Lui mi fa, no no sono britannico. Non capivo una parola di quel che mi diceva. Poi è diventato il mio parrucchiere!” Per la serie ‘il mondo è piccolo’.

Jacopo ha studiato lingue al Marco Polo poi è partito. Recentemente ci è ritornato, come ambasciatore. Ha tenuto una conferenza per gli studenti che vorrebbero studiare all’estero. “Per venire a studiare qui devi fare richiesta a gennaio dell’anno in cui vuoi iniziare i corsi all’università”; la cosa dimostra chiaramente che i piani di questo ragazzo hanno radici parecchio solide. “In quarta superiore il mio conversatore di lingue mi ha detto che in Scozia potevo frequentare l’università gratuitamente. Io l’idea di venire nel Regno Unito già l’avevo, ma i corsi avevano un costo medio di 9000 sterline e la cosa non era troppo invitante. Mi sono informato un po’ e ho scelto International Fashion Branding a Glasgow.”

Io che a 18/19 anni il coraggio di partire non l’avevo,  gli chiedo perché, che mai gli frullasse in testa. “Ferrara mi stava stretta. Mi sta stretta pure Glasgow ora. Non riesco ad essere felice se non me ne vado ogni tot. E’ una specie di bisogno, quello di cambiare città”.

“L’estate scorsa, per esempio, ho fatto un corso di moda a Madrid (oh si, Jacopo parla anche spagnolo), grazie alla borsa di studio messa a disposizione dalla mia Università . Quest’anno avrei voluto provare con Parigi. Ma mi hanno appena detto che hanno fermato il progetto.” Jacopo ha un piano B in ogni caso. Niente lo prende troppo alla sprovvista. “Mi potrei sempre far trasferire da Gap dove voglio io”; sì perché ha pure un lavoro part time come visual merchandiser da Gap, affiancato al corso. Mi spiega che la sua posizione è trasferibile e pure Roma o Milano rientrerebbero nelle opzioni.

Jacopo ha le idee così chiare da far spavento. Mi dice, “ti spiego, il mio sogno è arrivare alla posizione di buyer. In breve, quella persona che va in giro per il mondo per una determinata compagnia a comprare stoffe e materiali vari. Ogni brand di moda ha i suoi buyer. Più o

meno funziona così: il direttore creativo disegna il tutto e poi dà le direttive ai buyer che partono con un determinato budget alla ricerca dei materiali giusti. Si va fino in Asia per arrivare dai suppliers.” Da come lo descrive pare un viaggio contro il tempo pagato. Bellissimo.

Poi mi fa, “ma io ho un piano!”. E io a questo punto di dubbi non ne ho più nemmeno uno. “Vorrei iniziare a lavorare per una compagnia, come buyer o assistente buyer. Poi, dopo tre o quattro anni, vorrei trasferirmi in Australia, a Melbourne. E’ il sogno della mia vita. Una volta in Australia, lavorerei per la compagnia per due o tre anni, tanto per farmi le ossa e poi aprirei una compagnia di brand manager freelance.” Mi sta venendo voglia di affidargli le redini della mia vita. Si sa mai riesca a pianificarmela. Glielo dico e se la ride.

Gli chiedo se gli manca l’Italia e la risposta è ancora più rapida, sincera e immediata delle precedenti. “Quando dico che sono italiano, tutti mi chiedono perché sono venuto qui. Mi fanno, ‘cosa ci fai qui? Vai in Italia che c’è il sole.’ La risposta? Non la so nemmeno io.” Mi sa che l’ho preso in un momento di malinconia. Perché da “partita” quale sono, ve lo garantisco, la malinconia è parte del viaggio. Non significa che devi tornare, è solo una parte della scelta.

“Qui è tutto molto freddo. In Italia c’è un’energia diversa. E’ vero anche che l’Italia, la mia città e tutto il resto ora le vedo con gli occhi del turista. Quando torno a Ferrara sono la persona più felice del mondo, perché agli occhi del turista non c’è niente che non vada bene. Probabilmente passandoci più tempo, tornerebbe a stringermi un po’…”.

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