Lettere al Direttore
18 Aprile 2015

Un Comune non è un’azienda

di Redazione | 3 min

Un Comune non è un’azienda perché non persegue fini personali, non deve aumentare i suoi guadagni, il suo scopo è amministrare i beni dei cittadini e far sì che questi ultimi possano avere servizi efficienti (scuole, assistenza, trasporti, ecc.). E non è una famiglia perché una famiglia ha un introito che deriva da un lavoro (si spera), da un’entrata che premia l’operosità del singolo e che serve a soddisfare i suoi bisogni quotidiani e, perché no, qualche extra tipo vacanze o scarpe nuove per i figli.

Quindi se sbagliamo il punto di partenza si crea confusione e si potrebbe dar ragione a chi tecnicamente è capace di dare delle spiegazioni che si esauriscono all’interno dei regolamenti ma che incidono invece in maniera diversa o disastrosa sulle persone. Faccio un esempio: se io sono assessore al bilancio di una qualsiasi cittadina e dico che quest’anno i contribuenti pagheranno in media 4 euro in meno sull’IMU rispetto alla tassa degli anni precedenti e lo dimostro chiaramente anche con l’ausilio di slide, come faccio io a dimostrare il contrario? Non si può perché magari è la verità. Però se io ho uno o due figli (in questo magari accomunato a tantissimi altri cittadini) ed è stata tolta la detrazione di 50 euro a figlio, pagherò 50 o 100 euro in più degli altri anni (in questo magari accomunato a tantissimi altri cittadini).

Quindi a me cittadino cosa interessa che il Comune è stato bravo contabilmente se poi alla fine comunque pago più tasse? E cosa mi importa se a farmi pagare di più è il Comune, la Regione o lo Stato? Il risultato non cambia. Io, cittadino, pago 100 euro in più.

Ritornando all’affermazione iniziale, lo Stato, la Regione, il Comune non possono definirsi efficienti se non soddisfano il legittimo bisogno dei cittadini – cioè avere servizi che funzionano (scuole, assistenza, trasporti, ecc.), anche se hanno tenuto i conti in ordine, non essendo appunto né equiparabili a una azienda né tantomeno a una famiglia.

Nella scala gerarchica dell’organizzazione dell’operosità dei cittadini e della soddisfazione dei loro bisogni e delle loro legittime aspettative c’è prima lo Stato e poi i Comuni per cui le responsabilità di sicuro sono maggiori per chi ha più poteri. E lo Stato non sta facendo altro che far girare la stessa quantità di moneta senza crearne di nuova semplicemente perché non può, avendo ceduto la capacità di disporre di un’autonoma politica economica. Per cui dire che i Comuni non sarebbero oggi in sofferenza è come dire a un naufrago alla deriva da settimane su un canotto ‘bucato’, che in fondo soffiando nella valvola potrebbe vagare per l’oceano ancora per un po’.

Quindi basta lamentarsi da una parte e bacchettare dall’altra: tutti usino un diverso metodo di misura altrimenti per il cittadino non cambia nulla. Le scuole funzionano se i soffitti smettono di cadere in testa ai bambini NON se il ministro dice di aver dato soldi all’edilizia scolastica, le tasse diminuiscono quando il cittadino paga di meno NON se lo Stato dice di averlo fatto, la qualità della vita della vecchietta che prende 400 euro di pensione migliora se lo Stato le paga l’affitto o le manda la spesa a casa o semplicemente le assicura un posto letto in ospedale al bisogno NON se dice di avere aumentato le pensioni o reso la spesa sanitaria più efficiente.

Sono cose talmente semplici e alla portata di tutti, compreso il giovane barista con il quale discuto mentre mi serve cappuccino e cornetto la mattina. Forse viviamo un altro film rispetto ai consulenti economici governativi e agli amministratori che attualmente decidono per noi.

Claudio Pisapia, Gruppo Cittadini Economia Ferrara

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