Eventi e cultura
28 Marzo 2015
Le tracce di conoscenze viticole costituiscono una scoperta eccezionale

A Pilastri il vino di tre millenni fa

di Redazione | 4 min

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unnamed (2)di Silvia Franzoni

Pilastri. La Torre dei Modenesi di Finale Emilia, crollata a conseguenza del terremoto del 2012, fa mostra della propria interezza, reintegrata della parte mancante come da tradizione kintsukuroi, nella silhouette che è logo del progetto ‘Memoria & Terremoto’: è questo l’emblema della storia sotto i piedi di Pilastri, ovvero degli scavi archeologici nel bondenese che hanno re-interessato il fondo ‘Verri’ nel 2013 e che una recente convenzione triennale ha permesso il prosieguo fino al 2016. Ne ha relazionato Valentino Nizzo, responsabile scientifico dello scavo, davanti ad una sala piena di studiosi e appassionati che pendeva dall’argomentare affabile dell’archeologo: la conferenza si è così dipanata tra l’accademico e il divulgativo, a rendere nota la straordinarietà del sito in cui riposano i resti di un insediamento risalente all’età del Bronzo medio (1600-1300 a.C.), le cui caratteristiche sono affini ai villaggi della civiltà della Terramare.

“Le Terramare – spiega Valentino Nizzo – sono un fenomeno culturale riconoscibile grazie al vigore con cui gli uomini di 3600 anni fa resero fruibile il paesaggio addomesticando l’ambiente circostante, atteggiamento che si traduce nella creazione di villaggi; queste esperienze terramaricole restarono in essere per tre secoli, per poi scomparire improvvisamente attorno al 1200 a.C., per cause riconducibili forse al cambiamento ambientale, al contrasto tra popolazioni e ai contatti con l’Egeo”: le terre bondenesi ne ospitano un esempio di importanza scientifico-sociale, oggetto di una prima campagna di scavo nel 1989 e di nuovo indagata solo dopo i progetti di ricostruzione della scuola elementare di Pilastri, demolita a causa del terremoto. I primi saggi sull’area preposta alla costruzione della nuova scuola, distante 250 metri dal sito archeologico già esistente, avevano infatti individuato un’estensione dello stesso di molto superiore a quella ipotizzata: la ripresa degli scavi, conciliata con “la costruzione di una scuola –si legge in un articolo dello stesso Nizzo – dal carattere temporaneo”, ha così ampliato a 200 mq l’area indagata, e ha rapidamente acquistato caratteri peculiari. “Ritengo l’aspetto della comunicazione e della compartecipazione – spiega con passione l’archeologo – di fondamentale importanza: per questo, lo scavo della Terramara di Pilastri ha un sito dedicato (www.terramarapilastri.com), trova spazio sui social network e su Youtube, ma soprattutto è uno scavo aperto, accessibile sempre gratuitamente, nel 2014 ad esempio sono venuti a trovarci 500 bambini”. Il coinvolgimento dei bambini, per Nizzo, è stato “il primo passo – spiega – per il ripristino della memoria collettiva”, e anche il pubblico presente si commuove quando la poesia dei piccoli studenti è recitata: Sotto la scuola / è nascosto / un tesoro / non è d’argento / e nemmeno d’oro […].

Valentino Nizzo

Valentino Nizzo

Il tesoro del sito bondenese, infatti, sono i suoi sassi, le sue pietre, e i suoi cocci: è durante la conferenza che per la prima volta il responsabile degli scavi rende noti gli straordinari risultati dell’indagine delle strutture perimetrali e della casa rettangolare rinvenute. “Abbiamo individuato – illustra con orgoglio Nizzo – due massicci fenomeni alluvionali che devono aver costretto ad una riorganizzazione del sito, abbiamo ritrovato dei reperti riconducibili alla cultura di Grotta Nuova, a testimonianza di una comunicazione su ampia scala, e stiamo ancora studiando una struttura pirotecnologica; altri ritrovamenti ci fanno dire certi di una lavorazione d’ambra a Pilastri, e potremmo dire quasi di far così rivivere il mito di Fetonte”. Nei setacci, strumento con cui gli archeologi ascoltano la terra, è emersa poi una scheggia del dorso dello storione, dato che attesta una “economia di sussistenza – sottolinea ancora Nizzo – che comprendeva la pesca del ‘Re del Po’”.

Ma il dialogo tra passato e presente reso possibile dagli scavi di Pilastri non esaurisce in questo la sua eccezionalità: analisi molecolari sui reperti, infatti, hanno rinvenuto tracce di grassi di origine animale e tracce di fermentazione. L’annuncio è di straordinaria rilevanza, perché la presenza di fermentazione attesta l’attività di viticoltura: “è rarissimo, in occidente e in epoche così lontane – illustra l’archeologo – trovare attestazioni di uso e produzione del protagonista della storia del Mediterraneo: il vino. Nella Terramara di Pilastri, dunque, si ha la documentata prova scientifica di conoscenze e capacità vinicole, ad ulteriore testimonianza di una struttura societaria complessa che ha plasmato a propria immagine e somiglianza un ambiente permettendo così la propria sopravvivenza per tre secoli. I cocci di Pilastri non sono belli, ma dopo 3000 anni ci parlano ancora”. E avranno occasione di parola, lo annuncia in conclusione Valentino Nizzo, anche “a Milano, in occasione dell’Expo 2015, in collaborazione con Slow Food”.

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