di Francesco Altavilla
Di norma, quando si parla di libertà religiosa, si apre sempre la discussione citando l’articolo 3 della nostra Costituzione. Mercoledì sera, presso la sede Cisl di Ferrara, Paolo Baiamonte, segretario provinciale Cisl e presidente di Anolf Ferrara (Associazione nazionale oltre le frontiere), ha voluto invece citare l’articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Un punto di partenza che sarebbe già esaustivo di per sé, secondo il parere di Baiamonte: “se consideriamo la religione come una specifica di tutto quello che l’uomo può fare”.
All’incontro dal titolo “Libertà religiosa in Italia tra costituzione e discriminazione. I casi dell’Islam e delle Chiese Ortodosse”, promosso da Anolf, hanno partecipato Alessandro Vanoli, docente presso l’Università di Bologna di storia del Mediterraneo, padre Vasile Jora della Chiesa Ortodossa rumena di Ferrara e Samid Hassan presidente dell’associazione Giovani Mussulmani di Ferrara e collaboratore di Anolf.
L’iniziativa trova spiegazione nella mobilitazione intorno alla giornata mondiale contro il razzismo del 21 marzo, cui Anolf ha aderito e in occasione della quale sono stati organizzati eventi e dibattiti su temi diversi aventi come denominatore comune il tema della discriminazione.
La presa d’atto che tra ortodossi e mussulmani vi sia, o vi sia stata nei decenni precedenti la condivisione di una comune sorte migratoria è stato il punto di partenza da cui la riflessione degli ospiti ha preso il via. E proprio la conoscenza reciproca è la base da cui partire secondo Samid Hassan. A proposito di islamofobia, il presidente dei Giovani Mussulmani di Ferrara ha riflettuto su “quanto il termine sia in voga ultimamente, e quanto poco sia costruttivo il suo uso”. Un termine del quale “è persino difficile dare una definizione”. Hassan Samid ha ragionato perciò sulla costruzione artificiale delle identità, proprie ed altrui, alla luce del fatto che “si ha paura di ciò che non si conosce o si conosce poco e si costruisce come minaccioso e tremendo senza sfumature”.
Il professor Vanoli ha voluto precisare che dai tardi anni ’90 ad oggi, il punto della convivenza religiosa, non esclusivamente da un punto di vista giuridico, resta inevaso. “Il punto di svolta è stato il passaggio, se così si può definire, dalla condizione di stranieri (migranti di prima generazione, ndr) a cittadini, individui nati in Italia, titolari e fruitori dei diritti sanciti dalla Costituzione”. Alla questione si sovrappone quello di avere un riconoscimento istituzionale della propria identità religiosa. Dal punto di vista delle istituzioni, dare risposta a quesiti di questo tipo significherebbe per Vanoli “il riconoscimento di diritti ed espressività piena, dal punto di vista delle comunità religiose un pieno riconoscimento della propria identità” all’interno di quello che Vanoli ha chiamato “patto sociale”.
“Viviamo in un paese ormai effettivamente multi confessionale – aggiunge il docente -, in cui le diverse identità religiose convivono, quelle di più recente stanziamento accanto a quelle presenti da molto più tempo” ha aggiunto lo storico bolognese. La sua “ricetta” per giungere ad una buona sintesi di queste diverse identità è un recupero della vecchia “educazione civica”, “un buon banco di prova per verificare quali siano i minimi comuni denominatori tra noi, per giungere ad una nuova idea di cittadinanza”.
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