“Oggi a pranzo, mio marito, tra una chiacchiera e l’altra, mi dice che stamattina l’hanno minacciato di tagliargli la gola. Solo qualche mese fa, probabilmente avrei sorriso, attendendo un racconto presumibilmente scherzoso. Invece l’ho guardato allibita, immediatamente in allarme. E il racconto in effetti non era particolarmente scherzoso”.
Inizia così la lettera inviata a Estense.com da Nicoletta Bertazza (pubblicata anche sul suo profilo Facebook) in cui parla di quanto accaduto al marito, tassista a Ferrara, nella mattina di martedì.
“Alla guida del suo taxi, con un cliente a bordo, si trova in una stretta via del centro – racconta la donna -. Quattro giovani dall’accento straniero camminano allineati in mezzo alla strada, impedendo il passaggio. Per un po’ mio marito attende pazientemente che, avvertendo la presenza dell’auto, i ragazzi si spostino di lato”.
Secondo il racconto i quattro non si spostano, tanto che il cliente chiede al tassista come mai non suoni il clacson ricevendo una risposta che chi vive a Ferrara può comprendere a pieno: “Lui risponde che di solito in questi casi non lo fa immediatamente – scrive la signora Bertazza -, comprendendo che i pedoni in zona pedonale si sentono liberi di camminare ovunque fuorché sui marciapiedi”.
Ma poi il clacson viene comunque usato, “un colpo discreto”.
“I giovani si girano con facce arrabbiate, si scansano a malavoglia e uno di loro mima ironicamente un gesto come a stendere un tappeto, mentre un altro si porta due dita alla gola, facendole scorrere in maniera scattante. Insomma, l’inequivocabile segno che sta a significare: ti taglio la gola”, riporta la donna che subito che non esclude si sia trattato di un gesto “probabilmente sarcastico” anche se “di questi tempi … oltretutto accompagnato da un’espressione per nulla scherzosa. Anche il cliente a bordo resta allibito – continua il racconto – e non evita commenti scandalizzati riguardo al comportamento di questi giovani stranieri”.
Il racconto, piuttosto forte, finisce qui. Il resto della lettera è costituito da constatazioni e opinioni sul una “degenerazione della società”, sul ruolo dell’immigrazione “incontrollata” che “si trasforma in invasione” con la complicità delle istituzioni “i cui componenti speculano sullo sfruttamento degli immigrati” con la complicità dei media che “instillano il pensiero unico dominante che esorta all’accettazione indiscriminata di qualsiasi sopruso”.
Parole dure, forse di ribellione verso una società che non si riconosce più, ma che la donna rifiuta di etichettare come razziste: “Io i giovani li voglio difendere, poiché il mondo di oggi lo devono alle generazioni che li hanno preceduti, e solo loro hanno l’opportunità di cambiarlo in meglio – scrive la signora Bertazza -. Io voglio difendere anche gli stranieri che vivono onestamente nel nostro Paese, riuscendo ad integrarvisi, e che credo dovrebbero essere i primi a schierarsi contro i delinquenti che ci assediano ormai da ogni parte. Perché il razzismo nasce anche dove prima non esisteva, quando c’è atteggiamento di prevaricazione verso chi sarebbe disponibile ad accogliere”.