Terre del Reno
8 Marzo 2015
SI Cobas: "I lavoratori hanno scelto il nostro sindacato e il padrone ha risposto con i licenziamenti"

Mirror, la protesta dei Cobas nel cuore della città

di Redazione | 3 min

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Un furgoncino a noleggio distribuisce ai manifestanti le bandiere dei Si Cobas, su di un lato uno striscione chiede il reintegro dei 14 operai licenziati dalla Mirror nel settembre dello scorso anno. Il corteo, 500 persone arrivate con corriere e treni da Reggio Emilia, Milano, Brescia, Pavia, Piacenza e Modena si organizza così. Davanti due cellulari della polizia segano il passo, nelle retrovie la sicurezza è garantita  dai carabinieri.

I militanti dei Cobas, tra i quali anche qualche militante del Partito Comunista dei Lavoratori, dietro ai 14 lavoratori della Lk – l’impresa che aveva l’appalto alla Mirror di Sant’Agostino – ce l’hanno con tutti: Lega Nord, sindacati confederati, Mirror, Salvini. Nel calderone entrano anche i politici e l’ispettorato del lavoro, reo secondo loro di aver taciuto sulle buste paghe definite “false” consegnate ai lavoratori. E gli slogan, dal piazzale della stazione fino al Castello Estense, rispecchiano il messaggio e risuonano “Giù le mani dal facchino”, “Sciopero” e cori in difesa del diritto al lavoro.

“La Mirror, il cui capo è un noto leghista e infatti la Lega è subito accorsa a dargli manforte, ha licenziato i lavoratori senza dare il preavviso del cambio della cooperativa come previsto dalla legge, ora noi diciamo ai cittadini e ai lavoratori di Ferrara: come è possibile che siamo in democrazia? I lavoratori sono liberi di organizzarsi nel sindacato vogliono o no? I lavoratori hanno scelto i Si Cobas e il padrone risponde licenziando tutti”, spiega Gino, dirigente dei Si Cobas di Milano dal microfono. Affermazione, quella sull’affiliazione alla Lega del capo della Mirror, subito smentita da Alan Fabbri, che nega sia un iscritto.

Davanti alla sede della Lega gli animi si scaldano: un cellulare delle forze dell’ordine è parcheggiato a pochissimi centimetri dall’ingresso, il corteo si ferma e Karim, capo comunicazione dei Si Cobas, arringa la folla: “La Lega Nord ha detto ‘questi lavoratori della Mirror devono tornare nel loro Paese’. Il nostro messaggio per la Lega è far sentire a questa città razzista il nostro grido e la nostra lotta. Noi non ce ne andiamo via, siamo contro il fascismo e contro il razzismo”.

Partono gli slogan di contestazione, epiteti contro il partito e Matteo Salvini, poi prende la parola Eleonora del laboratorio Crash di Bologna: “Quello che la Lega non ha il coraggio di fare è guardare negli occhi chi sfrutta, perché sono al loro fianco, e creano le divisioni nel basso, dove siamo noi, ma l’unica divisione che noi vediamo è tra chi sfrutta e chi viene sfruttato, e con la dignità che abbiamo noi siamo riusciti a fare quello che loro non sono mai riusciti, alzare la testa”.

Il corteo va avanti e si arriva finalmente in piazza. Viene citato l’accordo firmato tra i Cobas e la Mfz ad inizio settembre per il reintegro dei lavoratori, rimasto poi lettera morta. I manifestanti tuonano: “Torneremo”, e a chi non l’aveva viene consegnato il volantino dei Cobas, quattro pagine in cui viene anche riportata una copia del documento col quale il servizio ispezione del lavoro di Ferrara intima alla LK di versare quasi 17mila 500 euro ai dipendenti in contributi previdenziali e premi a seguito di un’errata applicazione del contratto collettivo nazionale.

Per quanto riguarda invece le cause della revoca dell’appalto e in merito all’accordo firmato a parlare è Stefano Guidi, amministratore delegato della Mirror: “Avevamo un contratto di servizio con la LK e il servizio non ci veniva più offerto: i dipendenti non venivano al cambio turno, fermava le macchine e hanno anche rotto un vetro di un carrello. Non sono miei dipendenti e non lo sono mai stati, se hanno qualcosa da dire sulle buste paghe si rivolgano alla LK. L’accordo che abbiamo firmato l’abbiamo fatto invalidare con una denuncia per estorsione, perché per noi se ci dicono ‘o firmate o vi blocchiamo i cancelli’ è un’estorsione”.

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