Cronaca
28 Febbraio 2015
“Tutti hanno capito cosa è successo, tranne lo Stato”

Donata Bergamini scrive a Mattarella

di Marco Zavagli | 4 min

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denis“Caro Presidente, mi permetto di scriverle un po’ per disperazione ma anche con tanta fiducia sulla sua comprensione per quanto le sto per raccontare”. E’ l’incipit della lettera che Donata Bergamini scrive a Sergio Mattarella.

Al presidente della Repubblica la sorella del calciatore di Boccaleone di Argenta morto nel 1989 racconta la sua storia e soprattutto quella di Denis, il calciatore ‘suicidato’. “Avevo un fratello bellissimo – continua Donata – che era un astro nascente del calcio e giocava nel Cosenza quando questa squadra conosceva il momento più fastoso della sua storia sportiva. Lui veniva da lontano ma ben presto, per la sua grande umanità di ragazzo semplice e pulito, conquistava i cuori della tifoseria cosentina rimanendoci per sempre”.

“Era bravo Denis. Era bravissimo. Lo volevano tutte le più grandi squadre della serie A ma lui volle rimanere a Cosenza perché amava quella società ma amava soprattutto quella gente che lo aveva adottato. Denis era parte di me, signor Presidente, ma ho potuto viverlo solo fino a quando aveva compiuto 27 anni”.

La sua vita infatti “è stata fermata lì, il 18/11/1989”, quando il suo corpo venne violentato dalla ruota anteriore di un autoarticolato. Allora Donata aveva 28 anni. “Incidente? Suicidio? Suicidio. Questa fu la versione dei fatti che venne fornita dalla sua ex fidanzata che era con lui e dal conducente del camion che lo avrebbe investito a seguito di un “tuffo” che quel ragazzo pieno di vita e con il successo in mano, avrebbe fatto per motivi inspiegabili ed inspiegati. Fu fatto un rapido e frettoloso processo ed il camionista venne assolto”.

Da allora la storia – interrottasi per oltre 20 anni – è nota. La famiglia non ha mai creduto a quella verità preconfezionata e “abbiamo impegnato tutte le nostre energie e dilapidato tutto il nostro patrimonio famigliare per arrivare alla verità, fino a quando, il 15/7/2011, il gip di Castrovillari non decise che quella mistificazione urlava vendetta e che occorreva assolutamente riaprire le indagini per fare luce su questa immane tragedia”.

L’inchiesta venne riaperta per omicidio volontario. Vennero sentiti testimoni vecchi e nuovi, vennero eseguiti accertamenti tecnici di ogni tipo, dai rilievi del Ris di Messina alle fatte autoptiche di tre medici legali della procura. L’ex fidanzata di Denis venne indagata per concorso in omicidio volontario mentre il camionista per falsa testimonianza e favoreggiamento.

“Ebbene signor Presidente – prosegue la lettera – tutti hanno concordato sul fatto che mio fratello non è morto investito da quel maledetto camion. Mio fratello era già morto o comunque moribondo. Asfissiato. Accoltellato? Comunque già morto. Tutti hanno concordato sul fatto che quel camion non ha investito Denis ma lo ha “sormontato” parzialmente a bassissima velocità partendo da fermo girando la ruota sul suo povero corpo e facendo poi una breve retromarcia”.

Ciononostante lo scorso 23 febbraio la procura ha chiesto al gip l’archiviazione. “Sono venuti due magistrati ed hanno entrambi parlato per due ore. Il più anziano, il capo, ha dichiarato che sarebbe andato in pensione a fine marzo e si è lamentato del fatto che la morte di Denis aveva avuto grande rilievo mediatico. La più giovane ci ha rimproverato di non aver portato i colpevoli né il modo con cui è stato ucciso. Il fascicolo quindi doveva essere archiviato ancora per suicidio”.

“Ma era compito nostro assicurare alla Giustizia gli assassini di Denis?” si chiede la sorella. “Ma se mio fratello era già morto quando è stato “sormontato parzialmente” da quel camion come poteva essersi suicidato? Se la versione fornita dai due indagati è risultata essere incompatibile con gli accertamenti eseguiti e quindi falsa, come possiamo credere loro quando dicono che Denis si sarebbe suicidato? Ma soprattutto se il suicidio di mio fratello non solo non è stato provato ma addirittura smentito, come si può archiviare questo processo?”.

“Sono sfinita, signor Presidente” è la conclusione dell’accorata missiva. “Ma io voglio soltanto chiederle: lei pensa che la mia legittima aspettativa di giustizia possa essere stata soddisfatta dallo Stato riguardo alla morte di mio fratello? Noi abbiamo capito cosa è successo. Lo hanno capito tutti. Tutti tranne coloro che avrebbero dovuto rendergli giustizia”.

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