Politica
18 Febbraio 2015
Dura replica a Vitali: "Interpellanza errata nei presupposti". ma il sindaco non nasconde le perplessità sull'operato di Bankitalia

M5S, Tagliani pronto alla querela: “Non siamo soci di Fondazione Carife”

di Ruggero Veronese | 3 min

tagliani“Il sindaco di Ferrara non ha mai ‘invitato all’acquisto di azioni Carife’ e si riserva personale azione di tutela nei confronti di chi per ignoranza ovvero superficialità intendesse attribuirgli condotta di ‘sollecitazione al pubblico risparmio'”. L’amministrazione comunale di Ferrara sul piede di guerra contro il Movimento 5 Stelle, dopo l’interpellanza in cui il consigliere comunale Alessandro Vitali accusava la “inerzia del Comune di Ferrara, socio della Fondazione Carife” di fronte all’allarmante situazione dell’istituto di credito ferrarese e alle voci di una possibile ‘liquidazione coatta’ nel maggio 2015. Un’inerzia che ha comportato, secondo il consigliere pentastellato, anche una mancanza di precise informazioni alla cittadinanza e agli investitori Carife.

Un’accusa che manda su tutte le furie il sindaco Tiziano Tagliani, che replica punto per punto all’intervento di Vitali e si dichiara pronto ad azioni legali contro lo stesso consigliere, oltre a ricostruire il suo operato degli ultimi mesi riguardo al commissariamento. Il punto chiave è semplice: “Tra i soci della Fondazione non c’è il Comune di Ferrara, sono soci solo persone fisiche”, scrive il sindaco, per poi aggiungere che “il Comune di Ferrara non detiene alcuna azione Carife”. E dove nell’interpellanza pentastellata si parlava anche di “diverse convenzioni con Carife” stipulate dal Comune, Tagliani replica che “tra il Comune di Ferrara e Carife è in essere un contratto di tesoreria, e non una convenzione. Tale contratto è stato sottoscritto ad esito di gara ad evidenza pubblica, come previsto dalla legge”. L’unico legame tra l’amministrazione e la Fondazione starebbe allora nella nomina di due dei 52 membri del suo organo di indirizzo, che tuttavia “non rivestono peraltro alcun ruolo di rappresentanza del Comune”.

L’interpellanza è quindi per Tagliani “errata nei presupposti”, ma anche nelle conclusioni, dal momento che “l’amministrazione comunale e per essa il sindaco non può per legge svolgere alcun ruolo diretto nella gestione della vicenda legata al commissariamento né tanto meno “intermediare” presso imprese private finanziarie soluzioni che impegnino l’ente. Si tratta di una procedura di amministrazione straordinaria governata con decreto della Banca d’Italia”. Il primo cittadino afferma di aver sì avuto incontri con i commissari straordinari sull’evolversi della situazione della banca, ma che questi tuttavia “non hanno mai potuto derogare all’obbligo di riservatezza impostogli”.

Il sindaco insomma smentisce categoricamente l’idea di un’amministrazione “sul ponte di comando dell’istituto” e spiega invece che “risulterebbe assai facile dimostrare come negli ultimi quindici anni almeno, la struttura associativa dello statuto della Fondazione, al di là dei rapporti personali, è stata soprattutto e fondamentalmente rivolta a difendere la Fondazione e la Banca da intromissioni, ingerenze ed influenze delle istituzioni locali che, dopo la positiva esperienza dell’avvocato Carletti, non hanno mai più espresso neppure un consigliere di amministrazione della Banca”. L’unico ruolo possibile durante il commissariamento Carife è stato piuttosto quello di promuovere le varie manifestazione di interesse giunte da potenziali acquirenti, proprio per evitare la liquidazione coatta dell’istituto, compito che va svolto però anche lontano dai riflettori. Ma questo non comporta, afferma il sindaco, un’approvazione per tutte le politiche di Bankitalia: “La vicenda complessiva del commissariamento appare infatti poco comprensibile – afferma il sindaco – alla luce del ruolo avuto dalla Banca d’Italia negli ultimi sei anni pre-commissariamento ed in particolar modo nella autorizzazione all’ultimo aumento di capitale sociale. Così come anche nella gestione di questi mesi non tutto appare completamente convincente. Proprio per questo, per evitare che picchiare i pugni sul tavolo rischi di mandare in frantumi il medesimo (a danno dei dipendenti e dei risparmiatori), preferiamo agitare motivazioni e perplessità ed avanzare proposte su quei tavoli che sono chiamati ad assumere valutazioni responsabili e coerenti”.

Le conclusioni finali di Tagliani suonano quindi quasi come una ‘lezione politica’ verso gli autori dell’interpellanza: “Certo, c’è il rischio di passare per distratti – replica Tagliani -, ma se volevamo avere folle osannanti era meglio fare la rockstar e non il sindaco. Le forze politiche sono chiamate a confrontarsi con l’oggi della situazione; non serve inventarsi un ruolo di vendicatori postumi, che la legge ci nega e che induce a commiserazione più che a responsabilità”.

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