Eventi e cultura
1 Febbraio 2015
Massimo Zamboni, storico chitarrista e fondatore dei Cccp, racconta il progetto in un'intervista a Estense.com

Il ‘Breviario partigiano’ dei nuovi Csi

di Daniele Oppo | 5 min

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breviario partigiano csidi Anja Rossi

Cosa vuol dire oggi Resistenza? Chi la fa, come si fa? A vent’anni dall’album collettivo ‘Materiale resistente’, i Csi, o meglio, i nuovi Csi si ritrovano per dar vita a un progetto multiforme: un cd, un documentario, un libro (dal 30 gennaio è attiva la raccolta a sostegno su www.musicraiser.com). A ‘Breviario partigiano’ partecipa anche il cantautore, musicista e produttore discografico Giorgio Canali, ormai ferrarese d’adozione. Massimo Zamboni, storico chitarrista e fondatore dei Cccp e dei Csi insieme a Giovanni Ferretti, ci racconta il progetto.

In questi 15 anni di interruzione con il progetto Csi, ciascuno di voi ha portato avanti un proprio progetto musicale. Con ‘Breviario partigiano’ vi siete ritrovati. Cosa è cambiato?
Per me la ‘resistenza’ non è una cosa singola, ma collettiva, nel senso di condivisa. Per questo, oltre ad Angela Baraldi, ho deciso di invitare i Csi. Non è un progetto leggero e noi siamo abituati a litigare, spesso anche con asprezza. Ma siamo così e lo sappiamo, e ciò è anche necessario e sicuramente produttivo. Diciamo che è un incontro-scontro. Mi piace coinvolgerli, perché non mi concedo mai troppa tranquillità nella vita.

Come nasce Breviario partigiano? In cosa è un breviario e in cosa è partigiano?
È nato da un percorso molto lungo, perché era da molto che pensavo a un progetto sulla Resistenza. Determinante è stato però l’incontro avvenuto un anno e mezzo fa con l’etnomusicologo Federico Spinetti. Insieme ci siamo interrogati su come far conoscere i temi di un periodo storico e politico così complesso. Ho iniziato a lavorarci su ed è diventato molte cose: un libro, un film, una serie di canzoni. Pian piano si è formato anche il titolo, e ‘Breviario partigiano’ sarà un bel cofanetto con dentro il film documentario, la colonna sonora con tre canzoni inedite dei Csi, o meglio, dei ‘nuovi’ Csi (Massimo Zamboni, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Angela Baraldi) e appunto un breviario, che è quel libretto da chiesa, con la copertina nera, molto severo, in cui ci sono le preghiere. Il nostro è un breviario collettivo che conterrà delle frasi di testimonianza sulla Resistenza scritte da musicisti, registi e scrittori che hanno voluto contribuire al progetto. Sono passati 70 anni da allora e volevamo trovare una collocazione sacra – sì, sacra, questo è il termine più giusto – a una serie di parole il cui senso è: ora tocca a noi. Ora dobbiamo farci carico noi delle istanze, della forza e anche delle paure di allora, sennò non rimarrà più nulla.

Breviario partigiano me lo sono immaginato nelle scuole, tra i ragazzi. Ci avete pensato? Potrebbe funzionare?
Sarebbe il suo destino migliore. Bisogna vivere dentro il mondo per capirlo e offrirsi agli altri, avendo un colpo d’occhio più vasto del nostro ombelico. Credo sia il linguaggio dell’arte a esigerlo. Per quel che riguarda le scuole, ne riusciremo a fare qualcuna, non tutte purtroppo. Non credo molto nelle istituzioni, ancor meno in quella scolastica. Credo invece nell’insegnante e nella sua volontà autonoma di proporre. Spero si attivi una catena condivisa in cui un professore prenda in mano il Breviario partigiano e dica alla sua classe: “oggi c’è questo, magari le canzoni non vi piacciono, ma vorrei che vi facessero discutere”. Possono anche rifiutarle, perché no, ma vorrei fosse qualcosa da cui partire, qualcosa a cui fare riferimento.

Il 25 aprile del 2015 si festeggerà il 70° anniversario della Liberazione. A vent’anni da ‘Materiale resistente’, perché è importante riscoprire il tema partigiano proprio ora?
Le ricorrenze sicuramente aiutano, ma non è solo questo. Siamo passati per un ventennio bruttissimo, devastante. Non tanto nelle vite singole, quanto in quelle collettive. Abbiamo toccato il fondo, dal quale bisogna cominciare a riflettere. C’è moltissimo da scavare e non se ne esce senza averci lavorato tutti e duramente. Chi ha venti, venticinque anni ha vissuto solo l’era Berlusconi. Un mondo falso e appunto falsato in cui non sta reggendo più nulla. Quelli che vedo in giro ora sono solo scheletri, non uomini, che camminano e parlano di morte. Non stanno parlando d’altro. Ci hanno imbrogliato e tolto la terra sotto i piedi. La crisi che stiamo attraversando non è solo economica, riguarda prima di tutto una certa prospettiva mentale. Tanti popoli molto più poveri di noi hanno prospettive ben migliori, perché hanno un’idea di futuro. L’Italia invece ha un’idea ferma, finita, oltre la quale non va.

E in questa Italia, qual è, secondo te, il ruolo del musicista?
Suonare non dovrebbe essere solo un costruire canzoni e fare concerti. È per questo che secondo me la musica oggi non ha più senso. Non c’è più il coraggio. Ora sembra che sia il pubblico a servire al musicista. Nei programmi musicali è la celebrazione ad avere importanza, l’idea che ci sia un vincitore. Ma la musica è cultura, non è atletica! Non è una gara o una partita di calcio. È un sentimento che deve provocare emozioni, legare o, perché no, disunire. Il musicista deve avere il mondo di fronte, mentre io vedo solo tanta paura e tanta conformità.

Nel video di presentazione parli del concetto di nemico. Allora oppresso e oppressore abitavano la stessa terra, avevano lo stesso nome. A cosa bisogna resistere oggi, chi è il nemico?
Oggi il volto del nemico è nello specchio davanti a noi, il nemico siamo noi. Siamo noi che decidiamo come vivere e da che parte stare. È una scelta prima individuale e poi collettiva. A un certo punto bisogna trovare il coraggio di guardarsi allo specchio e chiedersi: “io a cosa sto contribuendo?”. Ciò non vuol dire che tutto vada bene e che tutti devono essere nel bene, esiste anche il male. Semplicemente è giunto il momento di chiedersi con sincerità da che parte siamo e accettarlo.

In Materiale resistente si leggeva: “Alle genti che passeranno, un insegnamento: non temere il tuo tempo”. Oggi cosa pensi di dire a riguardo?
Non temere il tuo tempo, perché non ne hai altri a disposizione. Ognuno di noi deve iniziare a farci i conti. I testimoni diretti della Resistenza stanno tutti scomparendo, e con la loro morte viene meno anche la loro storia. O decidiamo noi di prendere in mano la situazione, o tutto questo andrà perduto.

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