Politica
31 Gennaio 2015
Campagna “in italiano è meglio” per sermoni e prediche religiose

Fratelli d’Italia vuole schedare gli imam

di Redazione | 2 min

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unnameddi Marcello Celeghini

È partita la raccolta firme promossa dal gruppo consiliare di Fratelli d’Italia per trovare l’appoggio dei cittadini ferraresi alla proposta che sarà presentata prossimamente in Consiglio riguardante l’obbligo, per chiunque tenga sermoni, omelie e prediche religiose sul territorio del Comune di Ferrara, dell’uso della lingua italiana o della traduzione in simultanea. La proposta, illustrata nei particolari in una conferenza stampa questa mattina, non intaccherebbe la sacralità dei riti veri e propri, che continuerebbero ad essere officiati nella lingua tradizionale, ma bensì quei momenti ed occasioni, slegati dal rito, che prevedono liberi sermoni o conferenze.

L’idea, abbozzata da Fratelli d’Italia già da alcuni mesi, si è concretizzata in questi giorni anche come conseguenza dei gravi fatti accaduti a Parigi nelle scorse settimane, anche se, tiene a precisare il portavoce Paolo Spath, “abbiamo evitato di iniziare a raccogliere le firme a ridosso degli attentati di Parigi per evitare di essere tacciati di strumentalizzazione”. Lo slogan della campagna di raccolta firme sarà “in italiano è meglio” e l’obiettivo prefissato è quello di trecento firme, numero adeguato per presentare con forza la proposta in Consiglio. Oltre alla questione linguistica, nel disegno di FdI ci sarebbe anche l’obiettivo di “creare un registro degli imam presenti ed attivi sul territorio del Comune di Ferrara per verificare la presenza di eventuali predicatori con condanne penali definitive o procedimenti in corso”. Schedrali in poche parole.

“Non crediamo affatto che la religione, qualunque essa sia, possa essere complice del terrorismo e del fondamentalismo – chiarisce Paolo Spath-. È vero però che attualmente il terrorismo internazionale trova le radici proprio nell’estremismo islamico, in una cattiva interpretazione di un libro sacro religioso. La nostra proposta, dunque, non vuole assolutamente andare ad intaccare la sacralità del rito religioso. Non ci muoviamo solo verso l’islam e i suoi centri di cultura, ma verso tutte le confessioni religiose che prevedono momenti di aggregazione pubblici, quindi anche verso chiese e sinagoghe. È un fatto di trasparenza e legalità che permetterebbe alle nostre forze dell’ordine di fare il loro lavoro in modo più agevole”.

Nei fatti però le azioni smentiscono le parole. “Le nostre richieste al Comune sono anche quelle di mandare ogni sei mesi dei propri rappresentanti eletti a controllare quello che avviene in questi luoghi un po’ ambigui (sic) e di farsi portavoce e promotore presso l’assemblea legislativa regionale, il governo e il parlamento della formulazione di un disegno di legge nazionale per regolamentare queste tematiche. Non si tratta di una battaglia di bandiera, ma di cultura – conclude l’esponente di Fdi -, quindi siamo aperti a collaborare con chiunque condivida questa idea all’interno del Consiglio”.

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