Politica
21 Dicembre 2014
Associazioni, M5S e Cgil all'incontro sul trattato di libero scambio tra Usa e Ue: "Una minaccia alla sovranità nazionale"

Ttip, uno spettro si aggira per l’Europa

di Ruggero Veronese | 5 min

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da sx: MIchele Fabbri, Monica Dell'Olio, Marzia Marchi, Vittorio Ferraresi

da sx: MIchele Fabbri, Monica Dell’Olio, Marzia Marchi, Vittorio Ferraresi

Uno spettro si aggira per l’Europa, ma di certo non ha più molto a che fare con il Capitale di Marx. È il Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership, ovvero l’accordo di libero scambio in corso di contrattazione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti che mira ad abbattere le barriere (“tariffarie e non”) nel commercio di merci e servizi tra le due potenze ‘dirimpettaie’ dell’Oceano Atlantico. Un argomento ancora poco noto a buona parte dell’opinione pubblica ma che negli ultimi mesi ha attirato l’attenzione di studiosi, movimenti e comitati, che hanno cominciato a porre inquietanti quesiti sulle implicazioni dell’accordo. Sostenendo che la sua entrata in vigore non solo potrebbe mettere a rischio gli standard di qualità e salubrità dei prodotti sugli scaffali europei, ma addirittura la sovranità stessa dei Paesi dell’Unione.

Un tema spinoso ma che venerdì sera è riuscito letteralmente a riempire la Sala della Musica di via Boccaleone, forse anche grazie ai ‘grandi nomi’ invitati all’evento organizzato dal Comitato Stop-Ttip Ferrara: i parlamentari Pd Alessandro Bratti e Maria Teresa Bertuzzi e il deputato del Movimento 5 Stelle Vittorio Ferraresi. Rappresentanti di forze politiche schierate – anche in questo caso – su fronti opposti, con il Pd e il premier Renzi a sostegno dell’accordo e il Movimento 5 Stelle che nelle ultime settimane ha presentato una mozione parlamentare – approvata ma non nella sua totalità – per opporsi alla trattativa internazionale attualmente in corso. Una serata in cui è stata presente anche la giornalista Monica Di Sisto ma in cui è mancata la voce dei sostenitori dell’accordo, visto il forfait dei parlamentari Pd che hanno comunicato di essere impegnati in lavori parlamentari.

A introdurre l’argomento è stata la Di Sisto, molto critica verso il Ttip a causa delle sue implicazioni per i paesi europei: “Dicono che tra noi e gli Usa ci siano ostacoli commerciali da superare – afferma la giornalista –, ma in realtà i tassi sono solo del 4%, un’inezia rispetto a quelli con altri paesi. Il problema è la competizione globale, perché paesi come India e Cina sono diventati molto più forti e le multinazionali europee e americane non possono più fare ciò che vogliono”.

Il riferimento alle multinazionali è d’obbligo, visto che secondo la giornalista sono proprio queste i soggetti avvantaggiati dall’accordo, dato che abbattendo i prezzi dell’export potrebbero fare cartello e imporre prezzi più vantaggiosi rispetto ad altre nazioni. Ma il problema vero sta nel proposito di abbattere le barriere “tariffarie e non”, includendo quindi anche tutti gli ostacoli di tipo qualitativo, ambientale e sanitario. La Dell’Olio parla di come le stringenti normative europee potrebbero essere scavalcate senza impedimenti dopo l’entrata in vigore dell’accordo, rendendo possibile l’importazione e la vendita di prodotti provenienti dal mercato Usa come la carne allevata con trattamenti ormonali, i prodotti biologici non soggetti ai controlli Ce o – in campo energetico – il gas naturale ottenuto tramite fracking, vietato nell’Unione Europea.

Altro punto chiave riguarda la risoluzione delle diatribe: tra i punti più controversi del Ttip vi è infatti anche la creazione di un tribunale commerciale (Isds, Investor-State Dispute Settlement) che dovrebbe giudicare le dispute tra aziende e Stati, sul modello delle corti già esistenti in casi di dispute tra aziende e governi. Proprio questa eperienza viene vista con preoccupazione dalla Dell’Olio, dal momento che “queste corti sono formate da unb numero ristrettissimo di professionisti, una quindicina di compagnie in tutto il mondo, che si alternano di volta in volta nel ruolo di accusa, difesa e corte. Queste società sovranazionali non rispondono a nessuno: una volta che sono istituiti i tribunali agiscono solo su richiesta dei loro membri e stakeholders”. L’esempio classico è quello della azienda svedese Vattenfall, che ha chiesto danni per 1,4 miliardi di euro alla Germania quando questa ha deciso di fermare la produzione di energia nucleare. Segno che, secondo la giornalista, le grandi aziende sarebbero in grado di ‘ricattare’ le nazioni influenzandone le politiche, come quelle relative a scelte ambientali e di modello di sviluppo.

A parlare di un ulteriore genere di ripercussioni è Vittorio Ferraresi, che ricorda come il trattato non liberalizzi solo lo scambio di merci,ma anche quello di servizi e appalti. Con tutte le conseguenze del caso per quanto riguarda il diritto al lavoro, che avrebbe un livellamento al ribasso verso il modello americano. “Le aziende americane non riescono ad accedere a questi mercati protetti, perchè nonostante anche in Italia la privatizzazione dei servizi sia ormai diffusa, rimane una regolamentazione più rigida in materia di diritti. Ma per un sistema dal genre, non accedere ad appalti vuol dire perdere ricchezza. Queste persone non agiscono come rappresentanti di Stati sovrani, ma come compagnie che si mettono d’accordo per un contratto. Se noi permettiamo l’entrata in vigore di questo contratto perdiamo la sovranità non solo monetaria, ma della nostra vita”. Non stupisce quindi che nella mozione presentata dal Movimento 5 Stelle particolare attenzione fosse rivolta al tema degli appalti pubblici e all’Isds, argomenti ‘amputati’ nel testo approvato dal Parlamento, dove ci si limita a far assumere un impegno al governo sul tema della qualità dei prodotti importati.Durante la serata spazio anche all’intervento del segretario provinciale della Cgil, Raffaele Atti, il cui sindacato si è unito alla battaglia contro l’approvazione del Ttip. “Uno dei rischi è che anche la materia del lavoro venga sottratta agli standard minimi. Non e un normale trattato commerciale in cui si discute di un abbassamento dei livelli reciproci di dazio, che ne abbiamo già fatti e subiti in gran numero, ma alla eliminazione delle barriere non tariffarie. Ci si concentra quindi sulla regolamentazione, ed entrano in gioco temi ambientali, sociali e del lavoro. E questo, per il sindacato, è molto preoccupante”.

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