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19 Dicembre 2014
La Pinacoteca Brera celebra l'artista con una mostra che ricostruisce il suo soggiorno in Lombardia

Bramante a Milano

di Redazione | 4 min

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BRAMANTEA cinquecento anni dalla morte di Donato Bramante (1443/44-1514), una delle personalità artistiche più importanti e innovative del Quattrocento umanistico e rinascimentale insieme con Piero della Francesca – mutatis mutandis – la Pinacoteca di Brera celebra l’artista con una mostra che, nel tratteggiarne la poliedrica personalità,“cosmografo, poeta volgare, et pittore valente… et gran prospettivo “ – lo dice fra’ Sabba da Castiglione), ricostruisce il suo lungo soggiorno in Lombardia e a Milano (presente almeno dal 1477 fino al 1499) e l’impatto che la sua opera ha avuto sugli artisti lombardi.

La mostra è curata da Sandrina Bandera, Matteo Ceriana, Emanuela Daffra, Mauro Natale e Cristina Quattrini, con Maria Cristina Passoni e Francesca Rossi. La mostra ha ricevuto l’importante sostegno dello stilista Giorgio Armani, che ha risposto con entusiasmo al Bando per la ricerca di finanziamenti lanciato dalla Pinacoteca di Brera nel maggio scorso, un aiuto concreto all’ARTE, quella vera.

Spirito inquieto e ingegnoso, Donato Bramante nacque artisticamente alla corte dei Montefeltro a Urbino, dove fu in contatto con gli architetti, gli scultori ed i pittori attivi per il duca Federico.

Piero della Francesca – come detto più sopra – contribuì alla sua formazione ma, rispetto all’impegno speculativo del pittore di Sansepolcro, in Donato prevalse un’ attitudine pragmatica, una predisposizione ad essere “risoluto, presto e bonissimo inventore”, come scrisse il Vasari nelle sue Vite dei maggiori pittori e scultori italiani, da cui sono scaturirono realizzazioni celeberrime, che ben profondamente rinnovarono il linguaggio architettonico in Italia tra Quattro e Cinquecento.

Malgrado la fama, i suoi primi anni di attività sono ancora avvolti nel mistero. Anche la prima testimonianza attendibile della sua presenza come pittore nella decorazione affrescata del Palazzo del Podestà a Bergamo (1477) non aiuta a ricostruirne la cultura, per la qualità disomogenea e la natura irrimediabilmente frammentaria degli elementi superstiti, e quando nel 1481 è attestato per la prima volta a Milano, perché fornisce il disegno con architetture e figure che sarà inciso da Bernardo Prevedari (1481), Bramante è già un artista compiuto, capace di scardinare i parametri figurativi della tradizione locale.

Con straordinaria forza inventiva piega le regole della prospettiva e gli ordini dell’architettura classica in un linguaggio rigoroso, eloquente e coinvolgente, profondamente diverso dal classicismo erudito espresso da Andrea Mantegna nella vicina città di Mantova.

Il rinnovamento innescato da Bramante nel territorio lombardo, in un momento di straordinaria vitalità culturale della corte sforzesca (con la presenza tra gli altri di Leonardo da Vinci e del poeta fiorentino Bernardo Bellincioni) tocca non solo l’architettura, ma anche (e forse in modo più esteso) l’insieme delle arti figurative, ed è su queste che si incentra il percorso dell’esposizione.

Non si sottrarranno al suo fascino i protagonisti indiscussi della pittura rinascimentale in Lombardia: Vincenzo Foppa, Ambrogio Bergognone, Bartolomeo Suardi (che dal 1489 è noto con il soprannome di Bramantino, il suo ‘delfino, in qualche modo) e poi Bernardo Zenale reagiscono, ognuno secondo il proprio registro espressivo, al modo “eroico” di occupare e di rappresentare lo spazio, in cui il riferimento all’antico è la chiave essenziale per rendere attuale la rappresentazione della realtà. Ma anche scultori, orafi e miniatori coglieranno tematiche, motivi, e suggestioni.

A sua volta Bramante è segnato dai materiali, dalle tecniche, dalle esigenze di prestigio di una corte per molti aspetti ancora legata al mondo tardogotico; saprà praticare un’architettura di mattoni e di materiali umili, destinata a occupare spazi ristretti e a soddisfare nello stesso tempo le ambizioni dei committenti. La tribuna di Santa Maria delle Grazie, innestata su di una struttura preesistente, è l’esempio migliore della stupefacente capacità dell’artista di conciliare il linguaggio “moderno” (e perciò all’antica) con quello delle epoche precedenti: una crescita espressiva che probabilmente poteva maturare solo in Lombardia, dove i modelli “classici” che Bramante ha guardato appartengono soprattutto ai secoli alti del Medioevo.

Bramante a Milano. Le arti in Lombardia 1477-1499 celebra in primo luogo le tappe essenziali per la formazione dell’artista, e indaga il seguito che la sua attività ebbe in modo particolare a Milano e in Lombardia tra gli esponenti delle diverse arti figurative.

Il catalogo è edito da Skira.

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